Commissione tributaria regionale del Lazio. Parametri: per la prova contraria vale la regola del verba volant. Nessun valore per le circostanze eccepite dal contribuente ma non documentate


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Commissione tributaria regionale del Lazio. Parametri: per la prova contraria vale la regola del verba volant. Nessun valore per le circostanze eccepite dal contribuente ma non documentate
Autore: Fisco oggi - Luca Cogliandro - aggiornato il 25/10/2006
N° doc. 1854
 
25 10 2006 - Edizione delle 13:00  
 
Commissione tributaria regionale del Lazio

Parametri: per la prova contraria vale la regola del verba volant

Nessun valore per le circostanze eccepite dal contribuente ma non documentate
 
Nell'ipotesi di accertamento eseguito sulla base dell'applicazione dei coefficienti presuntivi di reddito, ex legge n. 549/95, incombe in capo al contribuente l'onere di provare che il reddito effettivamente realizzato si discosta da quello accertato; tale prova può ben essere fornita anche nel corso del processo, ma deve avere carattere documentale, non essendo altrimenti apprezzabili le dichiarazioni del ricorrente di non aver realizzato il reddito previsto dai parametri, sulla base di circostanze oggettive e soggettive eccepite ma non documentate.
La sentenza n. 3/28/2006 della Commissione tributaria regionale del Lazio ha, così, ritenuto valido l'accertamento effettuato dall'ufficio, con il quale era stato determinato induttivamente il maggior reddito del contribuente, sulla base dei predetti coefficienti parametrici.

Il fatto
La contestazione è nata da un avviso di accertamento emesso sulla scorta dell'articolo 3, commi da 181 a 189, della legge n. 549/95 e del Dpcm del 29/1/1996; per effetto delle predette norme, l'Agenzia delle entrate ha proceduto all'accertamento di una maggiore base imponibile rispetto a quella dichiarata.

Il ricorrente impugnava il predetto accertamento, eccependo l'inapplicabilità del metodo presuntivo per circostanze soggettive e oggettive. Sotto il primo profilo, il titolare dell'attività evidenziava che, a causa di grave malattia, aveva subito una forte riduzione della propria capacità lavorativa. Dal punto di vista oggettivo, le condizioni dell'attività (dimensioni dei locali, forte concorrenza nella zona, tipologia di clientela servita) non consentivano di realizzare i ricavi previsti dai parametri. Le argomentazioni del ricorrente venivano apprezzate dai giudici di prime cure, i quali accoglievano il ricorso. In particolare, i giudici della Commissione tributaria provinciale, con la sentenza n. 660/29/03, rilevavano che i parametri, per espressa previsione normativa, non erano utilizzabili nelle ipotesi in cui si fossero verificate situazioni particolari e anomalie, e la malattia del titolare dell'attività rappresentava proprio una delle predette circostanze.

Avverso la sentenza con cui i giudici di primo grado accoglievano il ricorso, proponeva appello l'Amministrazione, facendo rilevare che la sentenza di primo grado aveva accolto il ricorso sulla base di semplici e generiche affermazioni non supportate da prova documentale. La motivazione della sentenza era, dunque, in palese contrasto con il fondamentale principio processuale sancito dall'articolo 2697 cc, norma cardine in tema di tutela processuale dei diritti, secondo la quale "chi vuol far valere un diritto in giudizio, deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento".

Nel caso di specie, sebbene lo strumento accertativo parametrico prevedesse la prova contraria, tale controprova doveva essere fornita dal contribuente che voleva contestare l'utilizzabilità dello strumento parametrico, il quale aveva "l'onere di dimostrare la non applicabilità dei coefficienti stessi in relazione alle specifiche condizioni di esercizio della propria attività"(1).
In effetti, tale prova poteva ben essere fornita ancora prima della fase processuale, e segnatamente nel contraddittorio con l'ufficio finanziario, il quale aveva ritualmente invitato il contribuente a giustificare lo scostamento dei ricavi accertati; quest'ultimo rinunciava però a presentarsi al contraddittorio.

La sentenza
La Commissione tributaria regionale di Roma, con la sentenza n. 3/28/2006, depositata il 20/02/2006, ha accolto l'appello dall'Amministrazione, ritenendo dunque non provate le contestazioni del contribuente. In particolare, i giudici hanno rilevato che la Ctp aveva accolto il ricorso sulla base della dichiarazione del ricorrente, ma non risultava, nel fascicolo processuale, la documentazione medica attestante la non efficienza fisica del titolare. La Commissione considerava, ancora a sfavore del contribuente, la circostanza che lo stesso non aveva accolto il formale invito dell'Amministrazione a giustificare lo scostamento dei ricavi non accertati, omettendo di presentarsi al contraddittorio.

Brevi riflessioni sull'accertamento presuntivo e sulla controprova nel processo tributario
Il problema emerso nel corso del processo, che può sicuramente essere generalizzato, in quanto comune a una vasta pluralità di fattispecie, si pone sostanzialmente da una duplice angolazione: da un lato, la prova, in capo all'Amministrazione, dell'esistenza di un maggior reddito non dichiarato, e dall'altro, la controprova, a carico del contribuente, dell'inesistenza, o della minor consistenza, di quel maggior reddito accertato.

Il problema affrontato dal giudice, in questa sede, è stato forse anche di agevole soluzione, laddove si abbia riguardo al fatto che a fronte della prova fornita dall'Amministrazione (a mezzo di presunzione semplice, sulla base dello strumento parametrico) non è stata offerta alcuna controprova dal contribuente, e dunque la sentenza non poteva che essere a favore dell'Amministrazione.

Più frequentemente, invero, accade che a fronte della prova dell'Amministrazione venga fornita una prova contraria dal contribuente: in tal caso, il giudice si trova ad affrontare validi strumenti probatori offerti da ambo le parti e sarà, dunque, necessario, sulla base di una complessa valutazione di merito, individuare quale dei contrapposti assetti probatori forniti dalle parti processuali sia preferibile rispetto all'altro.

In merito alla prova dei maggiori ricavi accertati dall'Amministrazione, rispetto a quelli dichiarati, per effetto dell'applicazione dei parametri, trattandosi di un accertamento ex articolo 39, comma 1, lettera d), la prova è fornita sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti. I parametri, in particolare, sono dati relativi a costi e ricavi dell'azienda o del professionista che risultano dalla dichiarazione e che consentono di determinare la congruità del reddito. Sono sostanzialmente indicatori desumibili dai dati contabili (ad esempio, consumo di energia, acquisti, spese per il personale, valore dei beni strumentali, costo del venduto, rimanenze di merci); gli stessi possono essere applicati anche ai contribuenti in contabilità semplificata.

Il contribuente sarà tenuto a produrre una prova contraria idonea a contestare la presunzione legale opposta dall'Amministrazione, in applicazione del fondamentale principio emerso, anche se non esplicitamente citato in sentenza, dettato dall'articolo 2697 del Codice civile in materia di tutela giurisdizionale dei diritti, pienamente valido e vivo nelle aule delle Commissioni tributarie di merito. Per effetto del predetto principio, qualunque atto, fatto, o circostanza, idonea a confutare la pretesa tributaria opposta dall'Amministrazione, dovrà essere adeguatamente sostenuto, e dunque documentato. In realtà, la giurisprudenza di legittimità si è spinta ancora oltre, ritenendo possibile fornire la controprova, da parte del contribuente, anche attraverso "presunzioni che il giudice nel suo prudente apprezzamento va a configurare e valutare"(2).

Nel giudizio tributario, in effetti, vivono importanti limitazioni in ordine alle prove utilizzabili (non è ammesso il giuramento, né la prova testimoniale, per esplicita previsione normativa - articolo 7, comma 4, Dlgs n. 546/92). Trattandosi, dunque, di un processo documentale, assumerà fondamentale importanza la produzione nel corso del processo, dei documenti idonei a supportare le argomentazioni difensive idonee a dimostrare l'eventuale infondatezza della pretesa tributaria.

NOTE:
1) Così, Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione prima, sentenza n. 2 del 28/1/2003

2) La Corte di cassazione, con la sentenza n. 19163 del 15/12/2003, ha ritenuto apprezzabile la valutazione, sufficientemente motivata, del non felice esito di una iniziativa economica, osservando che tale valutazione, tipicamente di merito, sfuggiva al sindacato di legittimità.


 
Luca Cogliandro

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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