Accertamenti bancari, contraddittorio facoltativo.


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Accertamenti bancari, contraddittorio facoltativo.
Autore: Salvatore Servidio - aggiornato il 27/02/2008
N° doc. 8003
27 02 2008 - Edizione delle 15:00  
 
Sentenza n. 2821 del 7 febbraio 2008

Accertamenti bancari, contraddittorio facoltativo

La sua mancata preventiva instaurazione non è causa di illegittimità della verifica
 
Con sentenza n. 2821 del 7 febbraio 2008, la Corte di cassazione ha stabilito, tra l'altro, in tema di indagini finanziarie, che la legittimità dell'utilizzazione dei movimenti dei conti correnti bancari non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell'accertamento, in quanto l'articolo 32 del Dpr 600/1973 prevede il contraddittorio come oggetto di una mera facoltà dell'Amministrazione finanziaria e non già di un obbligo per la stessa.

In particolare, nella vertenza in rassegna, sulla scorta di un processo verbale di constatazione della Guardia di finanza che aveva esperite indagini relative alle movimentazioni dei c/c bancari, il competente ufficio Iva notificava a suo tempo a una società a responsabilità limitata avvisi di rettifica parziale per determinati periodi d'imposta, contestando l'"effettuazione di acquisti e vendite senza emissione di fattura" desunti dal detto verbale. L'opposizione della contribuente veniva parzialmente accolta dall'adita Commissione tributaria provinciale, determinando l'imponibile nella "differenza tra le operazioni bancarie attive e passive effettuate".
La Commissione tributaria regionale respingeva sia il gravame proposto dalla contribuente, in parte qua, sia l'appello dell'ufficio avverso la decisione di prime cure, che pertanto veniva confermata.

Per quanto di interesse, la Commissione del riesame, "relativamente al difetto di contraddittorio (...) ed al mancato rispetto degli adempimenti previsti dall'art. 51 secondo comma, punto 2)" del Dpr 633/1972, aveva condiviso le conclusioni dei primi giudici, atteso che "il n. 7), secondo comma, dell'art. 51 consente agli Uffici, adottando precise misure procedurale, di acquisire copia dei conti intrattenuti con gli istituti bancari (…) nel rispetto della normativa disciplinata nell'art. 52 Dpr 633/1972 e 33 Dpr 600/1973".
Nei confronti del secondo giudicato ricorreva in Cassazione, in via principale, l'Amministrazione finanziaria in forza di un solo motivo di doglianza, mentre la società intimata produceva controricorso e impugnazione incidentale che fondava su due motivi.

Il giudizio della Corte
La Suprema corte, previa riunione delle impugnazioni in quanto proposte nei confronti della medesima decisione, ha inteso scrutinare pregiudizialmente il primo motivo del ricorso incidentale della contribuente, attesa la sua idoneità - in via logica - a definire altrimenti la controversia.
Con tale motivo la società, ricordando che nel caso di specie "il contraddittorio è stato instaurato da parte della Guardia di Finanza e non da parte dell'Ufficio Iva", ha denunziato violazione degli articoli 51, secondo comma, e 54 del Dpr 633/1972, degli articoli 2727 e 2729 del Codice civile, e dell'articolo 39 del Dpr 600/1973, adducendo che:
  • "la possibilità" enunciata nell'articolo 51 (secondo cui "gli Uffici possono...", facendo seguire sette modalità procedurali distinte, tra di loro alternative e coordinabili) "non può avere letterale riferimento all'alternativa tra le modalità successivamente indicate che l'Ufficio può scegliere per la più adeguata esplicazione dell'attività di indagine, essendo peraltro ciascuna modalità procedurale regolata dalla specifica disciplina sua propria indicata sotto ogni singolo numero"
  • "la legge prevede espressamente che l'Ufficio può porre a base degli accertamenti i dati risultanti dai conti correnti bancari solo quando il contribuente non dia dimostrazione contraria" ("con ciò sancendo" il "principio preciso" che "le modalità procedurali previste espressamente con la convocazione personale del contribuente, e volte a consentire a lui la dimostrazione necessaria, costituiscono un presupposto dell'accertamento che voglia fondarsi sui dati bancari"), per cui, "secondo il sistema della legge", "il contraddittorio personale del contribuente con l'Ufficio costituisce un presupposto dell'accertamento che intenda fondarsi sui dati risultanti dai conti bancari"
  • poiché la legge "radica una presunzione di ricavo particolarmente gravosa" (…) "sia sui versamenti che sui prelevamenti sui conti bancari", "l'instaurazione del contraddittorio tra Ufficio e contribuente è (...) l'unica modalità (...) perché l'Ufficio possa avvalersi delle presunzioni legali che emergono dai dati dei conti bancari" e le "relative modalità non sono disponibili da parte dell'Amministrazione finanziaria" perché poste "a tutela dei diritti di una delle parti del rapporto di imposta"
  • "la necessità di sentire previamente il contribuente, consentendogli di fornire la prova contraria, è un contrappeso della presunzione legale relativa di imponibilità dei movimenti bancari".

Secondo la contribuente, inoltre, "una volta emesso, in difetto di instaurazione del contraddittorio, l'atto impositivo soggiacerà alle regole ordinarie e sarà l'Ufficio a dover fornire, sia pure utilizzando le norme sul valore probatorio di versamenti e prelevamenti, la prova della gravità, precisione e concordanza degli elementi ricavati dall'esame dei conti".
La società ricorrente incidentale sostiene infine, sul punto, che la norma dettata dall'articolo 52, secondo comma, n. 2), del Dpr 633/1972 "trova fondamento su una presunzione semplice" per cui l'amministrazione "resta comunque tenuta a provare (…) che le movimentazioni bancarie per le quali il contribuente non è stato in grado di fornire giustificazioni individuano realmente delle operazioni non contabilizzate", e che la presunzione contenuta nella norma fiscale configge "con vari principi costituzionali, primi fra tutti quello di capacità contributiva di cui all'articolo 53 Cost. nonché con le regole riguardanti l'istituto giuridico delle presunzioni (articoli 2121 e 2129 del codice civile) "in quanto dal fatto noto dei prelevamenti bancari, non si può certo far discendere il fatto ignoto della omessa contabilizzazione di ricavi per l'ammontare corrispondente, in quanto tale presunzione non risponderebbe al criterio di probabilità, secondo il principio dell'id quod plerumque accidit".

La Corte di cassazione considera l'articolata doglianza "priva di pregio" in quanto, in ordine alla questione posta, la stessa ha già avuto modo di affermare ripetutamente il principio - "che va confermato in quanto nelle esposte argomentazioni della contribuente non si ravvisano convincenti argomentazioni per discostarsi dallo stesso" - per il quale la legittimità dell'utilizzazione, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dei movimenti dei conti correnti bancari "non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell'accertamento, atteso che l'art. 32 Dpr 29 settembre 1973, n. 600, invocato dalla contribuente, prevede il contraddittorio come oggetto di una mera facoltà dell'Amministrazione tributaria e non già di un obbligo per la stessa" (ex pluribus, sentenze nn. 518/2002, 2814/2002, 4601/2002, 7267/2002, 26293/2005, 13808/2005, 14675/2006, 7171/2007, 16720/2007). Peraltro, l'attività istruttoria della Guardia di finanza non deve essere ripetuta dall'ufficio tributario (Cassazione, sentenza n. 8253/2006).

Si ricorda al riguardo che, con la "concomitante" sentenza n. 1405/2008, la Suprema corte, a conferma del consolidato principio detto, argomenta che "l'art. 32 del Dpr n. 600/1973, nella parte in cui prevede l'invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, non impone all'Ufficio l'obbligo di uno specifico e previo invito, ma gli attribuisce una mera facoltà, della quale può avvalersi in piena discrezionalità; il mancato esercizio di tale facoltà non può quindi determinare l'illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in esame in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza, e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro".

Osservazioni
Il giudice di legittimità, con la sentenza in commento, affronta ancora una volta il tema dell'utilizzabilità degli accertamenti finanziari, investigando compiutamente - mediante il richiamo al consolidato principio formatosi nella subiecta materia - le ricorrenti tematiche concernenti la tipologia del contraddittorio esperito nella fase istruttoria nonché le caratteristiche della prova liberatoria richiesta al contribuente ai fini del superamento del regime presuntivo di imponibilità dei dati bancari acquisiti.

Al riguardo, è da osservare che il regime presuntivo su cui si fonda l'inversione legale dell'onere della prova, posta a carico del contribuente, ai fini dell'utilizzazione della documentazione bancaria legittimamente acquisita (attraverso la procedura regolamentata dall'articolo 32, comma 1, n. 7), del Dpr 600/1973 e dall'articolo 51, comma 2, n. 7), del Dpr 633/1972 ovvero rilevata nell'ambito di indagini penali e sia stato concesso dall'Autorità giudiziaria il prescritto nulla osta alla trasposizione delle relative risultanze in sede penale), presuppone l'effettuazione di un contraddittorio preliminare tra Amministrazione finanziaria e contribuente, la cui natura e tipologia è stata, appunto, oggetto di svariati interventi giurisprudenziali.

A tal fine si osserva che, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, n. 2), Dpr 600/1973 e dell'articolo 51, comma 2, n. 2), Dpr 633/1972, gli uffici e i reparti operativi dell'Amministrazione finanziaria possono richiedere al contribuente di comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti e alle operazioni i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti nell'ambito di indagini bancarie e finanziarie.

L'articolo 32, comma 1, nn. 2) e 7), del Dpr 600/1973, attribuendo all'ufficio delle Imposte (recte, agenzia delle Entrate) il potere di procedere ad accertamenti bancari, prevede espressamente una presunzione legale a carico del contribuente, ciò che comporta una vera e propria inversione dell'onere della prova, in forza della quale egli è tenuto a giustificare i vari movimenti bancari e dimostrare che gli stessi sono estranei al suo reddito, non essendo a lui di fatto riferibili. In caso di mancata giustificazione, l'Amministrazione può evidentemente utilizzare i dati e gli elementi che risultano dall'esame dei conti bancari in questione (Cassazione, sentenza n. 14675/2006).

Anche in tema di Iva, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall'articolo 51, comma 2, numero 2), del Dpr 633/1972 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro risultanti dai dati acquisiti dall'ufficio si presumono costituire conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente al contribuente stesso dimostrare genericamente di avere fatto affluire su un proprio conto corrente bancario, nell'esercizio della propria professione, somme affidategli da terzi in amministrazione, ma è necessario che egli fornisca la prova analitica della riferibilità all'attività di maneggio di denaro altrui di ogni singola movimentazione del conto (Cassazione, sentenze nn. 13818/2007 e 2843/2008).

La circolare 32/2006
Sulla stessa linea argomentativa tratteggiata dalla ricordata giurisprudenza di legittimità si colloca il conforme orientamento dell'Amministrazione finanziaria, la quale si è compiutamente espressa al riguardo, da ultimo, con la circolare 32/2006 (nella quale, peraltro, richiama le sentenze nn. 11094/1999, 7329/2003, 7267/2003, 8253/2006 e 5365/2006), ove chiarisce che il "contraddittorio preventivo" con il contribuente, in relazione ai rapporti e alle operazioni acquisibili mediante indagini bancarie e finanziarie, costituisce una fase della procedura di accertamento meramente facoltativa e dunque non obbligatoria ai fini della legittimità della medesima. Di conseguenza, "il mancato invito dell'Ufficio medesimo non inficia la legittimità della rettifica", e "la mancata instaurazione del contraddittorio non degrada la prevista presunzione legale a presunzione semplice, fermo restando quindi l'onere probatorio in capo al contribuente".

Nello steso documento di prassi, l'agenzia delle Entrate sottolinea, inoltre, come il contraddittorio preventivo in sede di verifica bancaria sia comunque da considerare "come un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzata a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede precontenziosa la prova contraria e rispondente a esigenze di economia processuale al fine di evitare l'emissione di avvisi di accertamento che potrebbero risultare immediatamente infondati alla luce delle prove di cui il contribuente potesse disporre".

 
Salvatore Servidio
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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