Accertamenti fondati sugli studi di settore: prime pronunce sulla prova contraria.


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Accertamenti fondati sugli studi di settore: prime pronunce sulla prova contraria.
Autore: Manuela Norcia - aggiornato il 11/11/2005
N° doc. 929
10 11 2005 - Edizione delle 15:30  
 
Accertamenti fondati sugli studi di settore

Prime pronunce sulla prova contraria

Se il contribuente si limita a una sterile critica del metodo, senza suffragare con dati di fatto l’esistenza di una realtà reddituale diversa da quella determinata con Gerico, l’impugnativa non può essere accolta
 
La giurisprudenza esistente in materia di studi di settore si è di recente arricchita di talune pronunce di commissioni tributarie di merito, che si sono espresse in ordine alla prova contraria fornita dal contribuente al fine di contestare il volume di ricavi e compensi determinati presuntivamente dal software Gerico.
Nelle diverse fattispecie sottoposte all'attenzione dei giudici tributari, il contribuente aveva impugnato l'avviso di accertamento fondato sugli studi di settore, eccependo le ragioni in forza delle quali riteneva di poter giustificare lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli a lui attribuibili sulla base dello studio approvato per la specifica attività svolta; ragioni che, fondate essenzialmente sulle caratteristiche del settore economico di appartenenza o sulla particolare situazione del contribuente nel corso dell'annualità accertata, hanno spesso incontrato il favore del collegio giudicante.

Nella sentenza n. 60 del 2 febbraio scorso, ad esempio, la Commissione tributaria provinciale di Gorizia si è espressa nel senso di ritenere meritevole di accoglimento il ricorso proposto da un'imprenditrice che, nell'impugnare l'avviso di accertamento basato sugli studi di settore, aveva eccepito come il minor volume di ricavi dichiarati rispetto a quello stimato sulla base degli studi trovasse la propria giustificazione nella cessazione dell'attività prevalente, avvenuta al termine dell'annualità oggetto di accertamento a seguito della cessione del ramo d'azienda più redditizio; il tutto nell'anno in cui l'attività aveva già subito un notevole rallentamento a causa della propria gravidanza.

Lo stesso collegio, nella sentenza n. 106 del 29 agosto 2005, ha ritenuto condivisibili le argomentazioni esposte da un contribuente che aveva contestato il maggior volume di ricavi determinato per il 1999 sulla base degli studi di settore, richiamandosi ai diversi eventi economici che avevano interessato il mercato di riferimento, limitando fortemente la propria capacità produttiva.
Appartenente al settore del commercio di motocicli, il contribuente in parola aveva individuato i motivi del conseguimento di ricavi inferiori rispetto a quelli stimati, nell'apertura di una ditta concorrente più moderna e più grande che aveva notevolmente eroso la propria quota di mercato, nelle ridotte dimensioni della propria impresa che non consentivano politiche commerciali di acquisto paragonabili a quelle tipiche della grande distribuzione, sempre più presente sul mercato, negli effetti sulla politica dei prezzi originatasi a seguito del fabbisogno di liquidità necessaria al pagamento di un mutuo gravante su un immobile acquistato nell'anno precedente e, infine, nella campagna di rottamazione dei motocicli che aveva interessato l'annualità accertata. Tutti eventi e circostanze, questi, ritenuti dalla Ctp di Gorizia sufficientemente idonei a rappresentare la peculiare realtà del soggetto accertato, distinta da quella considerata nello studio di settore applicato ai fini dell'accertamento; accertamento giudicato, pertanto, illegittimo.

Di orientamento analogo è il contenuto della sentenza n. 11 del 4 febbraio 2005, con cui la Commissione tributaria provinciale di Verbania, ha ritenuto lo stato prefallimentare del contribuente nell'anno d'imposta accertato un elemento sufficientemente idoneo a fornire la prova contraria sulla mancata produzione dei ricavi desumibili dallo studio di settore posto a base dell'avviso di accertamento impugnato.

Condivisibili sono state, inoltre, ritenute le argomentazioni addotte da un contribuente che, nell'impugnare l'avviso di accertamento fondato sugli studi di settore, aveva sostenuto come ai fini dell'accertamento in commento non si fosse tenuta in debita considerazione la recente apertura dell'esercizio commerciale sottoposto a verifica, avvenuta al termine del periodo d'imposta precedente a quello oggetto di accertamento (Ctp di Brescia, sentenza 18/07/05 del 28 aprile 2005).

L'importanza delle sentenze in commento è di tutta evidenza, anche in considerazione del fatto che contribuiscono ad arricchire un filone giurisprudenziale in materia di studi di settore a oggi ancora scarno, per effetto della recente introduzione dello strumento accertativo in esame e della stagione dei condoni, concause della ridotta produzione di pronunce giurisprudenziali in materia.
Il quadro che ne deriva è quello in base al quale, pur nella riconosciuta validità e legittimità degli studi di settore come strumento di accertamento, è necessario tener presente che si tratta pur sempre di un meccanismo presuntivo di determinazione del reddito, in quanto tale soggetto a contestazione da parte del contribuente accertato, il quale può esprimere il proprio disappunto già nel corso della fase del contraddittorio con l'ufficio. Il tutto con la necessaria precisazione che le ragioni su cui basare la contestazione al calcolo statistico degli studi di settore devono essere logiche, pertinenti, ovvero legate alle specifiche caratteristiche dell'attività svolta e del settore di appartenenza, nonché opportunamente documentate.

Laddove, infatti, il soggetto accertato si limiti a contestare la legittimità e l'efficacia degli studi di settore quale strumento di accertamento, l'impugnativa eventualmente promossa non può trovare accoglimento. Ne è prova il contenuto della sentenza n. 45 del 22 giugno 2005, con cui la Ctp di Udine ha rigettato il ricorso proposto da un contribuente che, nell'impugnare l'avviso di accertamento notificatogli, si era limitato alla sterile critica del metodo di accertamento, senza suffragare con dati di fatto l'esistenza di una realtà reddituale diversa da quella accertata dall'ufficio mediante gli studi di settore.
 
Manuela Norcia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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