Adempimenti collegati alle procedure concorsuali (1).


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Adempimenti collegati alle procedure concorsuali (1).
Autore: Elda Papandrea - aggiornato il 08/10/2007
N° doc. 4060
08 10 2007 - Edizione delle 15:00  
 
Fisco e fallimento

Adempimenti collegati alle procedure concorsuali (1)

Per le imposte dirette, un unico periodo d'imposta dalla dichiarazione del fallimento alla sua chiusura
 
Ai sensi dell'articolo 2221 del Codice civile, qualora un'impresa o una società si trovino in stato di insolvenza sono soggette alle procedure del fallimento e del concordato preventivo, salvo le disposizioni di leggi speciali.
Collegata alla procedura fallimentare è la liquidazione coatta, che interessa solo alcuni soggetti particolari (imprese bancarie e assicurative, società cooperative ecc.) e ha lo scopo di escludere tali soggetti dal mercato al fine di evitare danni economici alla collettività.
Il fallimento è disciplinato dal regio decreto 267/1942, modificato dal decreto legislativo 5/2006, mentre la liquidazione coatta è disciplinata da particolari leggi speciali.

Qualora la legge ammetta la procedura di liquidazione coatta amministrativa, questa segue le stesse norme previste per il fallimento, così come disposto dall'articolo 2 del Rd 267/42. Le due procedure sono concorrenti tra di loro, quindi "la dichiarazione di fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la dichiarazione di fallimento".
Le procedure concorsuali hanno lo scopo di subentrare nell'attività non più in grado di gestirsi autonomamente e liquidare l'attivo al fine di soddisfare i creditori, che, a seconda della propria posizione all'interno di una graduatoria, potranno partecipare a questa liquidazione con diversi gradi di "privilegio", fino alla liquidazione dei crediti rientranti nel cosiddetto "chirografo".

La prima vera riforma organica delle procedure concorsuali si è avuta con il Dlgs 5/2006, che ha modificato, integrato o sostituito parte dei previgenti articoli, in relazione ai poteri dati ai curatori e al giudice delegato, alla possibilità da parte del comitato dei creditori di revocare il curatore, e ha inserito l'istituto dell'esdebitazione che consente al fallito "virtuoso" di chiudere la procedure con minori danni economici. A tale riforma non è seguita una modifica sostanziale della disciplina fiscale.

Il fallimento viene dichiarato - a seguito di ricorso del debitore, dei creditori o del pubblico ministero - dal tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa. Il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere presentato entro un anno dalla cancellazione dal Registro delle imprese nel caso in cui lo stato d'insolvenza si sia manifestato precedentemente alla cancellazione o entro lo stesso anno.
In sede di sentenza dichiarativa di fallimento, il tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e il curatore; ordina al fallito il deposito delle scritture contabili e fiscali.
Inoltre il tribunale, investito dell'intera procedura, ha il potere di revoca degli organi nominati, può ascoltare in ogni momento il debitore, il curatore e i creditori e decide delle controversie che non rientrano nei compiti del giudice delegato.
Il giudice delegato ha soprattutto funzioni di vigilanza affinché la procedura si svolga nella massima regolarità, convocando curatore e comitato dei creditori ogni qualvolta lo ritenga opportuno.
E' prevista la possibilità di proporre reclamo contro i provvedimenti del tribunale e del giudice delegato da parte del curatore, del fallito, del comitato dei creditori o da chiunque ne abbia interesse.

Il curatore, pubblico ufficiale nell'espletamento delle sue funzioni, viene nominato in sede di sentenza dichiarativa di fallimento e deve far pervenire al giudice delegato la propria accettazione entro i due giorni successivi. Cura il patrimonio fallimentare e ogni altra operazione connessa alla procedura.
Ai sensi dell'articolo 33 del Rd 267/1942, il curatore deve inoltre redigere una relazione circostanziata sulle cause che hanno portato al fallimento dell'impresa e deve ogni sei mesi redigere un rapporto sulle attività svolte e sulle ulteriori informazioni di cui è venuto in possesso. Copia delle relazioni semestrali deve essere trasmessa al comitato dei creditori.
Dalla sentenza dichiarativa di fallimento, il fallito è privato dell'amministrazione e della disponibilità dei beni, perdono efficacia tutti gli atti compiuti e i pagamenti effettuati ai creditori da tale data.
L'imprenditore fallito, nonché gli amministratori o i liquidatori delle società o enti soggetti alla procedura concorsuale, devono comunicare al curatore ogni variazione del proprio domicilio.

Dopo aver esaminato le scritture contabili, il curatore è tenuto a informare i creditori della possibilità di partecipare al passivo del fallimento redigendo un ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno 30 giorni prima della data fissata per l'esame dello stato passivo. Tali domande , se presentate oltre il termine dei 30 giorni prima dell'udienza e non oltre i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività, sono considerate tardive, ma concorrono comunque alla ripartizione dell'attivo fallimentare.
La procedura fallimentare si chiude:
  • quando nel termine stabilito non sono state proposte domande di ammissione al passivo
  • quando vi è stata soddisfazione di tutti i creditori anche prima della ripartizione finale
  • quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo
  • quando è accertato lo stato di insolvenza della procedura per cui si è sicuri di non poter soddisfare, neanche in parte, i creditori.

Una delle novità apportate dal Dlgs 5/2006 è l'istituto dell'esdebitazione, regolamentato dagli articoli da 142 a 145 del regio decreto. Con tale istituto, il fallito è liberato dai debiti residui che non sono stati soddisfatti in sede di riparto finale se ha dimostrato cooperazione nel corso della procedura, abbia consegnato tutta la corrispondenza al curatore, non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti, non abbia in alcun modo modificato a proprio vantaggio gli atti e i documenti per la procedura concorsuale.
Non si può accedere a tale istituto in caso di totale insoddisfazione dei creditori.
In presenza di questi requisiti, il tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara l'inesigibilità dei debiti residui non soddisfatti in sede di riparto.
Contro il decreto può opporre ricorso chiunque ne abbia interesse.

Adempimenti fiscali
Ai fini fiscali, soggetto passivo d'imposta è il fallito (persona fisica o società) in quanto titolare esclusivo del patrimonio gestito dal curatore fallimentare, sul quale incombe l'onere di gestione liquidatoria del fallito.
Gli adempimenti fiscali variano a seconda del tipo di imposta e possono, in linea di massima, delinearsi in:

  • unico periodo d'imposta dalla data di dichiarazione del fallimento alla sua chiusura ai fini delle imposte dirette
  • liquidazioni periodiche ai fini Iva, con presentazione della dichiarazione annuale fino alla fine degli adempimenti Iva, che possono non coincidere con la data di chiusura del fallimento.

Imposte dirette
Ai fini delle imposte dirette, occorre far riferimento all'articolo 183 del Tuir, che disciplina gli adempimenti previsti per la determinazione del reddito del soggetto fallito.
Il comma 1 individua il periodo d'imposta antecedente la data di dichiarazione di fallimento, che decorre dall'inizio dell'esercizio fino all'inizio della procedura concorsuale. Per le imprese individuali e le società di persone, il reddito ante fallimento, determinato da bilancio redatto dal curatore, non fa parte di un periodo autonomo, come per le società di capitali, bensì concorre alla formazione del reddito dell'imprenditore individuale e dei suoi familiari e al reddito dei soci delle società di persone.
Nel reddito complessivo dell'imprenditore e dei soci di società di persone confluiscono, oltre al reddito d'impresa, anche i redditi non compresi nel fallimento, quali i beni di natura strettamente personale, gli assegni avente carattere alimentare e tutto ciò che occorre al mantenimento del fallito e della sua famiglia, i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi e i redditi derivanti dalle cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Ai sensi del comma 2, per il calcolo del reddito d'impresa durante la procedura concorsuale, occorre fare riferimento all'unico periodo d'imposta che va dalla data d'inizio della procedura fino alla chiusura della stessa. Per la determinazione del reddito o della perdita, occorre dunque determinare il patrimonio netto dell'impresa all'inizio della procedura, da sottrarre al residuo attivo risultante alla fine della procedura.
Per la valutazione del patrimonio netto all'inizio della procedura il curatore deve innanzitutto far riferimento alle scritture contabili, da cui estrapolare gli elementi patrimoniali attivi e passivi. In caso di scritture contabili parzialmente o totalmente non reperibili, perché smarrite, distrutte o occultate, il curatore dovrà ricostruire il patrimonio netto sulla base dei dati disponibili all'apertura della procedura, cui andranno aggiunti tutti gli elementi riscontrati nel corso della procedura, avvalendosi anche della collaborazione del fallito. In caso di procedura concorsuale, infatti, hanno valore anche le attività e le passività comunque accertate dal curatore, anche se le stesse non risultano registrate nelle scritture contabili (circolare 26/2002).
Il residuo attivo è determinato dagli elementi attivi che permangono dopo aver soddisfatto tutti i creditori, oltre alle spese e i compensi in capo alla procedura stessa.

Dopo aver valutato il patrimonio al momento della dichiarazione di fallimento, il curatore presenta la dichiarazione dei redditi che andranno a determinare il reddito eventualmente prodotto nella frazione di anno precedente al periodo concorsuale.
Il curatore dovrà presentare la dichiarazione iniziale, in via telematica, entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello della nomina del curatore o del commissario liquidatore.

Ai fini Irpef, la dichiarazione iniziale ha il solo scopo di determinare il reddito complessivo a inizio procedura, per cui il curatore deve inviarne copia all'imprenditore o ai soci di società di persone che includeranno il reddito o la perdita risultante nelle proprie dichiarazioni relative al periodo d'imposta in cui ha avuto inizio la procedura, nelle quali vanno inseriti anche i redditi esclusi dal fallimento così come quelli attratti ma di cui il fallito mantiene la titolarità.
Ai fini Ires, la frazione d'anno che precede la dichiarazione di fallimento costituisce un autonomo periodo d'imposta anche ai fini dei versamenti d'imposta.
A fine procedura, il curatore e il commissario liquidatore hanno l'obbligo di presentare la dichiarazione finale negli stessi tempi e con le stesse modalità della dichiarazione iniziale.
Infine, l'articolo 37, comma 1, del Dl 223/2006, modificando l'articolo 23, comma 1, del Dpr 600/1973, ha aggiunto tra i soggetti tenuti a operare, all'atto del pagamento, una ritenuta a titolo di acconto dell'Irpef o dell'Ires anche il curatore fallimentare e il commissario liquidatore, che da questo momento assumono la qualifica di sostituti d'imposta e perciò tenuti (circolare 28/2006):

  • agli obblighi di ritenuta stabiliti sia per i redditi di lavoro dipendente che per le altre tipologie di reddito
  • all'effettuazione delle ritenute anche sulle somme corrisposte in sede di riparto, sia parziale che finale
  • al versamento delle ritenute operate, entro il 16 del mese successivo all'effettuazione delle stesse
  • al rilascio della certificazione unica modello Cud ai soggetti interessati e alla presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d'imposta modello 770.

Inoltre, come chiarito dalla risoluzione 18/2007, la dichiarazione dei sostituti d'imposta, non presentata dal fallito, relativa a periodi antecedenti l'apertura della procedura concorsuale, deve essere compilata dal curatore in quanto, dopo la dichiarazione di fallimento, il fallito perde ogni potere di amministrazione del patrimonio, principio già applicato alla presentazione delle dichiarazioni relative alle altre imposte, come confermato dal Dpr 322/1998.
Pertanto, in qualità di "rappresentante firmatario", il curatore è tenuto alla presentazione della dichiarazione modello 770 per l'eventuale periodo ante fallimento, con l'indicazione delle operazioni effettuate dal fallito e con l'indicazione dei redditi erogati e delle ritenute operate in corso di procedura concorsuale a partire dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore della norma.
Nella stessa risoluzione, viene chiarito che anche nei confronti dell'Istituto vendite giudiziarie, visto che lo stesso agisce in base a un rapporto di commissione, i compensi a esso erogati - limitatamente alle operazioni di vendita - sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del curatore, pertanto rientranti nelle fattispecie previste dall'articolo 25-bis del Dpr 600/1973.

Iva
Ai fini Iva, il curatore deve assolvere alcuni adempimenti particolari che si differenziano da quanto detto per le imposte dirette:

  • deve presentare all'agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dalla dichiarazione di fallimento, la denuncia di variazione dati
  • deve adempiere agli obblighi di fatturazione e registrazione delle operazioni effettuate ante procedura, qualora i termini non siano ancora scaduti, entro quattro mesi dalla dichiarazione di fallimento
  • in corso di procedura, deve assolvere gli adempimenti previsti per le operazioni effettuate (registrazione, versamenti): le fatture devono essere emesse entro 30 giorni dall'effettuazione dell'operazione e gli obblighi relativi alle liquidazioni periodiche vanno assolti solo se vengono effettuate operazioni imponibili
  • le eventuali operazioni svolte in corso di procedura possono essere registrate sui registri del fallito (con l'indicazione del momento in cui subentra il curatore) o con l'utilizzo di nuovi registri
  • in caso di termini ancora vigenti, il curatore deve presentare la dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente entro quattro mesi dalla dichiarazione di fallimento
  • deve presentare dichiarazione sul modello Iva 74 bis (telematicamente, direttamente o con plico raccomandato, all'ufficio locale dell'agenzia delle Entrate territorialmente competente). In questa dichiarazione vanno indicati tutti i dati contabili relativi alle operazioni effettuate nel periodo dell'anno solare antecedente la dichiarazione di fallimento. Tale dichiarazione può terminare con un debito d'imposta. In tal caso, il curatore non è tenuto al versamento dell'imposta dovuta, ma sarà l'ufficio delle Entrate competente a procedere all'iscrizione a ruolo dell'importo, da cui deriverà l'insinuazione nella procedura concorsuale del corrispondente credito da parte del concessionario della riscossione ai sensi dell'articolo 33 del Dlgs 112/1999. Qualora la liquidazione evidenziasse un credito, lo stesso potrà essere riportato nella dichiarazione annuale
  • deve presentare, entro i termini ordinari, la dichiarazione relativa alle operazioni registrate nell'anno di dichiarazione del fallimento. Questa dichiarazione si compone di due moduli: uno per il periodo ante dichiarazione di fallimento, uno per il periodo di gestione della curatela.

1 - continua

 
Elda Papandrea
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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