Al giudice ordinario la competenza sui rimborsi di imposta: il rapporto di natura tributaria viene meno quando l'amministrazione riconosce il diritto del contribuente


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Al giudice ordinario la competenza sui rimborsi di imposta: il rapporto di natura tributaria viene meno quando l'amministrazione riconosce il diritto del contribuente
Autore: Marco Denaro - aggiornato il 11/10/2005
N° doc. 763
11 10 2005 - Edizione delle 13:45  
 
Cassazione, SS.UU., sentenza n. 18120 del 13 settembre 2005

Al giudice ordinario la competenza sui rimborsi di imposta

Il rapporto di natura tributaria viene meno quando l'amministrazione riconosce il diritto del contribuente
 
Alla giurisdizione tributaria competono, in base all'articolo 2 del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, le controversie in cui si discute circa l'esistenza dell'obbligazione tributaria, il quantum del rimborso o la procedura con la quale lo stesso deve essere effettuato.
Pertanto, quando l'Amministrazione finanziaria ha formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso delle imposte e la quantificazione della somma dovuta, il contribuente dispone dell'ordinaria azione di ripetizione d'indebito oggettivo ex articolo 2033 del codice civile, devoluta alla cognizione del giudice ordinario.
Questo il principio giuridico affermato dalle Sezioni unite della Cassazione - sentenza n. 18120 depositata lo scorso 13 settembre - con la quale la Suprema corte conferma l'orientamento già espresso in altre pronunce.

Un contribuente, per ottenere dall'Amministrazione finanziaria un rimborso di imposta, chiede al giudice ordinario di emettere decreto ingiuntivo - di importo pari al rimborso spettante - nei confronti della stessa Amministrazione debitrice.
Il giudice dell'appello rigetta l'impugnazione proposta dall'Agenzia delle Entrate nella considerazione che, la controversia in esame, non riguardando questioni circa l'esistenza e l'entità del credito d'imposta (per la Corte d'Appello credito già confermato dall'ufficio finanziario), deve ritenersi devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (in particolare alla competenza del Tribunale, avuto riguardo alla materia dibattuta).

L'Amministrazione finanziaria chiede la cassazione della sentenza d'appello eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto alle Commissioni tributarie per palese violazione dell'articolo 2 del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546.
In particolare, la difesa erariale sostiene che la nota dell'ufficio finanziario (alla quale il giudice di prime cure e di appello hanno dato valore di riconoscimento del diritto al rimborso spettante al contribuente) conteneva solo una proposta di rimborso e non integrava, quindi, alcun riconoscimento del debito da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Per i giudici di piazza Cavour, riuniti a Sezioni unite, il ricorso deve essere rigettato in conformità all'orientamento già espresso, sempre dalle Sezioni unite, nella sentenza n.10725 del 22 luglio 2002(1).
In particolare, precisano i giudici di legittimità, "la sentenza n. 10725 ha affermato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario ove l'Amministrazione abbia comunque riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sì che non residuino questioni circa l'esistenza dell'obbligazione tributaria, il quantum del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato".
Anche nella vicenda esaminata nella citata sentenza n. 10725, l'ufficio finanziario (il Centro di servizio) aveva comunicato alla società istante che il rimborso spettava e che lo stesso sarebbe stato erogato non appena possibile.

Per la Cassazione, pertanto, è necessario distinguere tra:
  1. controversie che vertono sull'esistenza o meno dell'obbligazione tributaria (an e quantum)
  2. controversie in cui l'Amministrazione ha formalmente riconosciuto il diritto al rimborso.

Nella prima ipotesi troverà attuazione il principio della riserva della giurisdizione tributaria prevista dagli articoli 2 e 19 del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, con relativa applicazione dei termini di decadenza previsti dalle singole leggi d'imposta, trattandosi di questione relativa all'esistenza e/o al quantum dell'obbligazione tributaria e/o alle procedure di rimborso.
Nella seconda fattispecie, invece, l'Amministrazione finanziaria sarà considerata alla stregua di un privato cittadino e, per l'effetto, soggetta, per il pagamento dell'indebito (rectius rimborso), alla disciplina civilistica dell'articolo 2033 c.c., in virtù del quale chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato.
E ciò è avvenuto, spiega la Corte suprema, nel caso di specie in cui l'Amministrazione non ha contestato la sussistenza del debito.

La sentenza in commento offre lo spunto per alcune riflessioni.
Infatti, dal punto di vista prettamente processuale, appare condivisibile l'orientamento, oramai consolidato, espresso dalle Sezioni unite in materia di diritto al rimborso e organo giurisdizionale competente a decidere sullo stesso.
In ambito sostanziale, però, a parere di chi scrive, non si può trarre - dalle esaminate pronunce di legittimità - un principio di carattere generale, ma si dovrà valutare, caso per caso, l'effettiva dichiarazione debitoria resa dell'Amministrazione finanziaria.
In altre parole, quali requisiti dovrà contenere l'affermazione dell'Amministrazione finanziaria affinché la stessa possa essere considerata al pari di una dichiarazione di riconoscimento di debito? Perché ciò avvenga, il riconoscimento del diritto al rimborso non soltanto dovrà pervenire dall'ufficio finanziario competente (requisito soggettivo) ma dovrà essere portato a conoscenza dell'interessato in maniera inequivocabile con l'esatta indicazione del quantum e delle motivazioni sottese al provvedimento stesso (requisito oggettivo).
Fatte queste precisazioni e ritornando alla vicenda oggetto della sentenza in commento, qualche dubbio rimane sulla natura di riconoscimento del rimborso attribuita (in tutti i gradi del giudizio) alla proposta formulata da un ufficio finanziario alla propria struttura di vertice (l'Intendenza di finanza), senza che quest'ultima (l'unica legittimata a decidere sul rimborso) avesse emesso un ordinativo di pagamento o confermato la proposta.


NOTE:
1) cfr. anche, in senso conforme, Cass., SS.UU., 26 gennaio 2001, n. 8, e 4 settembre 2001, n. 11403.

 
Marco Denaro

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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