Ambito di applicazione dell'esenzione Ici.


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Ambito di applicazione dell'esenzione Ici.
Autore: Marcello Maiorino - aggiornato il 15/03/2006
N° doc. 1323
 
15 03 2006 - Edizione delle 13:00  
 
Evoluzione della disciplina dopo gli ultimi interventi normativi

Ambito di applicazione dell'esenzione Ici

Conseguenze dei decreti legge n. 163/2005 e n. 203/2005
 
L'articolo 6 del Dl n. 163/2005 ha introdotto un fondamentale tassello nell'ambito della disciplina normativa in materia di Ici, segnatamente di quella relativa alle sue previsioni esentative, pur risultando foriero di non pochi spunti problematici quanto alla sua raccordabilità con i principi fin a oggi scolpiti in un recente e rivoluzionario orientamento giurisprudenziale.

Il testo del citato provvedimento normativo recita testualmente: "l'esenzione prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, si intende applicabile anche nei casi di immobili utilizzati per l'attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura di cui all'articolo 16, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1985, n. 222, pur svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione o di culto".

Si può cogliere il primo spunto critico già dal raffronto tra la norma che rappresenta il risultato finale del procedimento di decretazione d'urgenza, nel rispetto dei crismi scanditi dall'articolo 77 della Costituzione, e il testo originariamente previsto nel disegno di legge n. 5736 che invece risultava così formulato: "L'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nel medesimo articolo, a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse".

La previsione iniziale era più ampia, non subordinando l'operatività dell'esenzione alla connessione delle attività elencate nella norma, svolte in forma commerciale, alle finalità di religione o di culto, rischiando di avere in tal modo un impatto dirompente rispetto al quadro normativo vigente.

Il paventato rischio derivava dal confronto con il tenore letterale dell'articolo 7 del Dlgs n. 504/92, che sembrava non lasciare spazio per le esenzioni in favore di soggetti che svolgevano attività commerciale; infatti l'esenzione dall'imposta è prevista testualmente per "gli immobili ... destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222".

Risulta, inoltre, ictu oculi il contrasto tra il mutato quadro normativo e la giurisprudenza della Cassazione; nella sentenza n. 4645 dell'8 marzo 2004, come già precisato in FISCOoggi del 22 giugno 2005, in
Ambito applicativo delle esenzioni tra orientamento giurisprudenziale e prospettive de iure condendo, si afferma la necessità, ai fini della fruibilità dell'esenzione Ici, della contemporanea presenza sia della condizione soggettiva dell'appartenenza dell'immobile a uno dei soggetti di cui all'articolo 87 del Tuir (nella formulazione in vigore fino al 31/12/2003), cioè gli "enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali", che di quella oggettiva della destinazione esclusiva dell'immobile allo svolgimento di una delle attività ritenute dal legislatore meritevoli di un trattamento fiscale di favore - elencate nella lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del Dlgs n. 504/92 - e , tra esse, di una di quelle previste nella lettera a) dell'articolo 16 della legge n. 222 del 1985.

Nel citato dictum giurisprudenziale, l'esenzione non è stata accordata, non risultando altresì determinante, a tal fine, la natura prevalente o esclusiva della attività commerciale svolta.

Gli spunti problematici che sorgono dalla nuova norma come formulata, sono i seguenti.
In primis, si manifesta non agevole l'individuazione dei contorni dell'ambito applicativo dell'esenzione, non venendo in soccorso, in tal senso, la formulazione generica della norma, attesa la difficoltà pratica di cogliere la connessione che la norma richiede tra le attività elencate nella stessa, se svolte in forma commerciale, e le finalità di religione o di culto.
Viceversa, pregio della disposizione normativa in questione è costituito dall'imprescindibilità di suddetto legame, pur non disconoscendosene le difficoltà legate alla sua individuazione, laddove invece, la previsione contenuta nel precedente disegno di legge (il citato n. 5736) contemplava l'esenzione incondizionata quanto all'an della sua genesi, intendendosi applicabile alle attività indicate nel medesimo articolo, a prescindere dalla natura eventualmente commerciale della stessa.

Inoltre, la norma sembra arrecare un vulnus alla logica "solidaristica" che giustificava il regime di favore contenuto nella originaria previsione normativa del 1992, oltre che all'intero quadro sistematico di agevolazioni fiscali previste per quanti operano nel settore delle attività "non profit", nel dilatare la portata agevolativa a quelle attività, che, in quanto svolte in forma commerciale, sembrano prima facie confliggere con la ratio agevolativa primigenia.

Altresì foriero di dubbi esegetici si presenta l'inciso "si intende applicabile", da taluno interpretato come segno tangibile della volontà del legislatore di dare alla luce una norma di interpretazione autentica, con conseguente efficacia retroattiva; ciò comporterebbe una sequela di istanze di rimborso del tributo corrisposto, che graverebbe sui comuni interessati, oltre che la risoluzione dell'eventuale contenzioso pendente, in senso sfavorevole agli stessi.

Un'ulteriore anomalia del sistema, si evidenzia riguardo alla potenziale discrasia esistente tra i soggetti che risultano effettivamente beneficiari dell'esenzione, e quelli che il legislatore intende beneficiare.
Infatti, non è chiaro se l'esenzione Ici spetti al solo proprietario dell'immobile, che utilizza anche lo stesso per svolgere le attività contemplate dalla legge, o anche a chi utilizzi ad altro titolo un immobile di cui risulti proprietario un soggetto diverso (ad esempio, una società di capitali) che beneficerebbe, così, dell'esenzione per un'attività svolta dagli enti che rientrino tra i soggetti richiamati dall' articolo 7, lettera i) del decreto legislativo n. 504 del 1992.

Con l'intento di dissipare tali dubbi, risolutivo sarebbe l'utilizzo dello strumento predisposto dall'articolo 59, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 446 del 1997, che da facoltà ai comuni di adottare un regolamento, tramite il quale "stabilire che l'esenzione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali, si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti dall'ente non commerciale utilizzatore".

Tuttavia, il citato decreto legge n. 163 non è stato convertito, e la formulazione del provvedimento normativo, successivamente emanato, vale a dire il Dl n. 203 del 2005, ricalca quella originariamente prevista nel disegno di legge n. 5736, precedentemente citato.
Infatti, l'articolo 7 del decreto legge n. 203 del 2005, convertito in legge n. 248 del 2005, prevede testualmente: "L'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nel medesimo articolo, a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse".

Dalla formulazione più stringata della norma, si evince agevolmente l'espunzione rispetto al citato articolo 6 del Dl n. 163/2005, della previsione riguardante la necessaria connessione tra attività svolte in forma commerciale e finalità di religione o di culto, rendendosi più agevole in tal modo l'applicabilità dell'esenzione, che risulta così scevra dalle difficoltà interpretative palesate dalla precedente norma non convertita.
 
Marcello Maiorino

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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