Beni a vincolo culturale. L'esenzione si blocca all'imposta di successione.


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Beni a vincolo culturale. L'esenzione si blocca all'imposta di successione.
Autore: Mauro Di Biasi - aggiornato il 11/06/2007
N° doc. 3472
11 06 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Sentenza n. 8977 del 16 aprile 2007

Beni a vincolo culturale
L’esenzione si blocca all’imposta di successione

Ipotecaria, catastale e sostitutiva dell’Invim non “ereditano” il beneficio
 
La Cassazione (sentenza n. 8977 del 16 aprile 2007), dando ragione all’Amministrazione Finanziaria, ha sconfessato la tesi secondo la quale i beni sottoposti a vincolo culturale, non concorrendo a formare l’attivo ereditario ai sensi degli articoli 12 e 13 del Dlgs n. 346/1990, ed essendo quindi esenti dall’imposta di successione, sarebbero altresì esenti, per il disposto degli articoli 2 e 10 del Dlgs n. 347 del 1990, anche dalle altre imposte cosiddette “sussidiarie”, quali l’imposta catastale, quella ipotecaria e quella sostitutiva dell’Invim.

Il fatto
Quattro contribuenti ereditavano, ciascuno per la propria quota, un immobile vincolato dalla Soprintendenza dei beni culturali.
L’ufficio del Registro notificava ai contribuenti coeredi, in relazione alla morte del de cuius, distinti avvisi di liquidazione per il pagamento delle imposte ipotecaria e catastale e di quella sostitutiva dell’Invim.
Avverso tali avvisi di liquidazione i contribuenti ricorrevano innanzi alla competente commissione tributaria provinciale, asserendo l’illegittimità degli stessi.

A sostegno della loro tesi, la considerazione che la norma regolante la determinazione delle imposte ipotecaria e catastale, nonché dell’imposta sostitutiva dell’Invim, fa riferimento alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di successione, tributo da cui sono esentati i beni sottoposti a vincolo culturale.

L’articolo 13 del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni afferma, appunto, al suo primo comma, che i beni culturali sono esclusi dall’attivo ereditario qualora siano stati sottoposti al vincolo anteriormente all’apertura della successione e qualora siano stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione. L’articolo 2 del Dpr n. 347/1990 (e stessa cosa fa l’articolo 10, rinviando proprio all’articolo 2 ora citato), dopo avere statuito, al primo comma, che l’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è parametrata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni, statuisce, al suo successivo secondo comma, che "se l’atto o la successione è esente dall’imposta di registro o dall’imposta sulle successioni e donazioni o vi è soggetto in misura fissa, la base imponibile è determinata secondo le disposizioni relative a tali imposte".

I giudici tributari di primo grado non avallavano, però, la prospettazione dei coeredi che, conseguentemente, invocavano giustizia dinanzi alla Ctr. Ma anche i giudici della Commissione regionale continuavano a dare ragione all’ufficio del Registro, sulla scorta della considerazione che nessun collegamento strutturale vi sarebbe tra l’imposta di successione e le imposte ipotecaria e catastale, con la chiara conseguenza che l’essere esentati dalla prima non comporta nessuna esenzione dalla pagamento delle altre due.

Nei confronti di tale statuizione, i quattro contribuenti proponevano, quindi, ricorso di ultima istanza innanzi alla Corte di cassazione, riaffermando la loro prospettazione, in base alla quale i beni sottoposti a vincolo culturale, non concorrendo a formare l’attivo ereditario ed essendo, quindi, esenti dall’imposta di successione, sarebbero altresì esenti, per il combinato disposto degli articoli 2 e 10 del Dlgs n. 347/1990, e 12 e 13 del Dlgs n. 346/1990, anche dalle altre imposte “sussidiarie”, quali l’imposta catastale, quella ipotecaria e quella sostitutiva dell’Invim.

La decisione della Corte
Con la sentenza in commento, i giudici di piazza Cavour, disattendendo le richieste dei coeredi, hanno confermato la decisione dei giudici tributari di secondo grado.
Sconfessando la prospettazione avanzata dai contribuenti, la Corte ha rilevato come, nella questione portata alla sua attenzione, si possano rinvenire, nella recente giurisprudenza di merito, due orientamenti contrapposti.

Il primo, quello fatto proprio dai coeredi, ritiene che i beni sottoposti a vincolo culturale, non entrando a far parte, per chiaro disposto normativo, dell’asse ereditario del de cuius, non scontano l’imposta di successione e consequenzialmente, in base al rinvio effettuato dagli articoli 2 e 10 del Dlgs n. 347/1990, risultano essere esenti anche da quelle altre imposte “sussidiarie”, quali l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale e quella sostitutiva dell’ormai abrogata Invim.

Di contrario avviso è invece il secondo degli indirizzi ricordati dalla Corte, ovvero quello sposato dall’Amministrazione finanziaria, a mente del quale l’autonomia propria, che è da riconoscere all’imposta catastale, a quella ipotecaria e a quella sostitutiva dell’Invim, fa sì che un’eventuale esenzione prevista in riferimento all’imposta di successione non si comunica a queste ultime, nonostante la disciplina delle prime faccia riferimento, per la determinazione del quantum debeatur, alla base imponibile della seconda.

I giudici hanno propeso per l’ultimo degli orientamenti richiamati.
Infatti, hanno osservato, il comma 2 dell’articolo 2 del Dlgs n. 347/1990 espressamente stabilisce che "se l’atto o la successione è esente dall’imposta di registro o dall’imposta sulle successioni e donazioni o vi è soggetto in misura fissa, la base imponibile è determinata secondo le disposizioni relative a tali imposte", rinviando così a più di un’imposta-parametro e alla diversa possibilità che l’imposta si presenti in misura fissa o meno.
Questo, ha proseguito la Corte, è un chiaro indice di come la volontà del legislatore sia proprio nel senso di assoggettare sempre e comunque a tassazione il trasferimento dei beni, indipendentemente dal fatto che questo avvenga inter vivos o mortis causa, facendo sì, con la disposizione in commento, che una tassazione vi sia anche in ipotesi di esenzione dall’imposta-parametro o di determinazione di quest’ultima in misura non proporzionale, non tenendo conto proprio di detta esenzione (o di detta determinazione in misura fissa) e rifacendosi, per la determinazione della base imponibile, alle disposizioni pure e semplici dettate per tali imposte–parametro, indipendentemente, dunque, come detto, da un’eventuale esenzione o da un’eventuale determinazione in misura fissa delle stesse.

Dunque, in ipotesi di esenzione da un’imposta parametro, o in ipotesi di una sua determinazione in misura fissa, tale esenzione (o tale determinazione in misura fissa) non si comunica alle imposte accessorie o sussidiarie, in quanto diverso è il fondamento giuridico-tributario tra le stesse; il rinvio normativamente effettuato per le imposte “parametrate” all’imposta “parametro” altro non è che un mero rinvio formale (e non sostanziale), dettato al solo fine di "semplificare ed unificare le liquidazioni monetarie".

 
Mauro Di Biasi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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