Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive: lecita la fusione che non produce risparmi fiscali. Pareri n. 31 e n. 32 deliberati il 14 ottobre 2005.


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Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive: lecita la fusione che non produce risparmi fiscali. Pareri n. 31 e n. 32 deliberati il 14 ottobre 2005.
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 03/01/2006
N° doc. 1118
03 01 2006 - Edizione delle 15:30  
 
Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive

Lecita la fusione che non produce risparmi fiscali

Pareri n. 31 e n. 32 deliberati il 14 ottobre 2005
 
Un'operazione di fusione non presenta caratteri di elusività se è sorretta da valide ragioni economiche e non è rivolta all'aggiramento di norme tributarie qualora le perdite fiscali pregresse non vengano riportate nella società derivante dall'operazione e la società controllante non ceda le partecipazioni della prima.
Quanto appena affermato costituisce la sintesi del dispositivi dei pareri n. 31/2005 e n. 32/2005 resi dal Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive in risposta a due istanze di interpello, separatamente avanzate da due società a responsabilità limitata che verranno identificate con l'acronimo rispettivamente di X Srl e Y Srl.
Il contenuto speculare delle due istanze ha suggerito l'opportunità che venissero esaminate congiuntamente e, allo stesso modo in questa sede, si ritiene di effettuare una sola analisi della fattispecie e di riportare uno solo dei pareri, che sono siamesi per forma e contenuto.

L'articolazione dei fatti è la seguente.
La X Srl svolge attività di locazione di immobili propri nonché attività agricola ed è controllata al 100 per cento da una S.A., avente sede in Guatemala.
Tale unico socio controlla anche la società X Srl in liquidazione attraverso una partecipazione pari al 68 per cento del suo capitale sociale, mentre il residuo 32 per cento è detenuto dalla stessa società istante.
Le dette società X Srl in liquidazione e Y Srl, entrambe controllate dalla S.A., intendono procedere a un'operazione di fusione per unione, previa revoca dello stato di liquidazione.
In conseguenza della citata operazione di fusione per unione, la società risultante dalla fusione recepirà in regime di neutralità fiscale tutti gli elementi attivi e passivi facenti capo alle società fuse e proseguirà l'attività immobiliare e agricola, attualmente svolta dalla Y Srl.
Affermano le interpellanti che le perdite fiscali pregresse delle società fuse non saranno utilizzate in compensazione del reddito imponibile della società risultante dalla fusione per unione, non essendo presenti i requisiti richiesti dall'articolo 172, comma 7, del Tuir, e che il socio unico della società risultante dalla fusione non intende cedere, neppure in parte, le quote detenute nella stessa.

Nella prospettiva di beneficiare di un parere favorevole, le istanti sostengono che la prospettata operazione sia sorretta da valide ragioni economiche, che si sostanziano nella riduzione dei costi di struttura delle società interessate dalla fusione e nella possibilità di ottenere più agevolmente i finanziamenti dagli istituti di credito, in virtù di una più cospicua capacità di credito.
Le dichiarazioni formulate dalle società istanti e la documentazione addotta a sostegno della plausibilità (e veridicità) di quanto assunto motivano la pronuncia di non elusività del disegno da parte dell'Organo consultivo, nel presupposto che le operazioni descritte e la continuazione dell'attività imprenditoriale da parte della società risultante dalla fusione non comporteranno né la sottrazione al regime d'impresa dei beni oggi posseduti da due società esistenti, né sottrazione all'imposizione delle plusvalenze derivanti da una eventuale cessione dei beni che confluiranno nella società costituenda.

Alla fusione sommariamente descritta trova applicazione l'articolo 37-bis del Dpr n. 600/73, il cui contenuto è stato più volte evocato nei commenti relativi a tali tipologie di operazioni e destrutturato, a fini didascalici, dall'Agenzia delle Entrate nelle proprie risoluzioni nella necessità di chiarire quali siano i parametri di riferimento nei quali si articola la norma.
Eleggiamo a modello guida, perché afferente una operazione di fusione, la risoluzione n. 62/E del 28 febbraio 2002, per sostenere che:
Affinché un'operazione possa configurarsi come elusiva occorre che si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:
  1. deve trattarsi di comportamenti (intesi come serie di atti, fatti e negozi posti in essere anche successivamente nel tempo) che, nel loro ambito, comportano l'utilizzo di una o più delle operazioni indicate al terzo comma dello stesso articolo 37-bis
  2. deve trattarsi di comportamenti privi di valide ragioni economiche
  3. deve trattarsi di comportamenti diretti ad aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento
  4. deve trattarsi di comportamenti tesi a perseguire un risparmio d'imposta disapprovato dal sistema.

La citata risoluzione qualifica, dunque, il contenuto dei due elementi (risparmio d'imposta e valide ragioni economiche) indefettibili che interagiscono nella elusività delle fattispecie elusive.
A proposito della corretta valutazione del confine tra lecito risparmio d'imposta ed elusione nel ribadire che "nulla vieta al contribuente di fare attività di pianificazione fiscale, ossia di scegliere, tra più comportamenti consentiti dall'ordinamento, quello fiscalmente meno oneroso", l'Agenzia delle Entrate afferma che "la differenza tra elusione e lecito risparmio d'imposta sta proprio nella patologia o meno del risultato conseguito", precisando che per risparmio "patologico" deve intendersi quello che "discende da un abuso che il contribuente faccia della legislazione vigente al fine di sfruttarne lacune o difetti e così ottenere risultati che (anche se formalmente legittimi) contrastano con il sistema nel suo complesso".

La necessaria presenza delle valide ragioni economiche per l'assoluzione dell'operato del contribuente da parte dell'Amministrazione viene, sempre nella stessa risoluzione n. 62/E, contestualizzata alle operazioni di fusione, in considerazione del fatto che tale fattispecie rappresenta uno dei mezzi per giungere alla crescita delle dimensioni dell'impresa e alle conseguenti economie di scala.
Le valide ragioni economiche risiederebbero, dunque, nell'obiettivo di rafforzare la posizione dell'impresa sul mercato e il miglioramento della propria capacità competitiva, nell'intento di aumentare la produttività o, in vista di un allargamento del mercato, di acquisire nuovi vantaggi concorrenziali o, semplicemente, di acquisire particolari conoscenze tecnologiche o professionalità, che appaiono necessarie in vista dei cambiamenti in atto (sebbene non possa essere esclusa la sussistenza di "motivi pienamente finanziari", come quando l'integrazione risponde all'esigenza di creare complessi in grado di reperire maggiori risorse finanziarie e di aumentare le capacità di credito).
Conclusivamente, l'Amministrazione ritiene che la fusione possa definirsi come economicamente motivata allorquando possa ritenersi finalizzata a determinare delle sinergie produttive, commerciali, finanziarie tra le realtà aziendali che si fondono.

I parametri di riferimento (valide ragioni economiche e assenza di un indebito risparmio d'imposta), sommariamente affastellati, vengono ritenuti come sussistenti dal Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive.
L'apprezzabilità economico gestionale del disegno, infatti, riposa nella circostanza che la fusione per unione delle due società (previa revoca dello stato di liquidazione della X Srl) verrebbe posta in essere al fine di ridurre sensibilmente i costi di strutture attualmente sostenuti dalle due società, aumentando, così, la competitività della società risultante dalla fusione.

Sotto tale ultimo profilo, la creazione di una struttura societaria unica si ritiene che possa consentire, in caso di necessità finanziarie indotte dall'attività agricola, di proporsi agli istituti di credito e strutturare i relativi rapporti di finanziamento con una veste maggiormente consolidata e potenzialmente più efficiente nel gestire le capacità di credito.
Il fatto, poi, che l'operazione di fusione venga decisa e attuata al fine di ridurre i costi e aumentare in tal modo la competitività aziendale pone la fattispecie in sintonia con le indicazioni contenute nella citata risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 62/2002 (nella quale, peraltro, le ragioni della fusione erano state ritenute non fondate).

Nel caso di cui ci si occupa la sussistenza delle valide ragioni economiche risiede, dunque, nella prospettiva di una futura maggiore competitività aziendale, essendo finalizzata - in linea con le disposizioni di prassi - allo scopo di agire sulla linea dei costi che vengono ridotti a seguito della eliminazione della duplice struttura societaria, ad aumentare in tal modo la competitività e la potenziale capacità di credito dell'unico soggetto risultante dalla fusione medesima (non mancando di considerare - alla stessa stregua degli altri fattori deponenti per un definito giudizio di liceità - anche la circostanza che l'unico socio delle società derivanti dalla fusione non intende, nel breve termine, effettuare alcuna cessione delle proprie quote della detta società).

Per quanto riguarda, poi, l'eventuale aggiramento di obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e il connesso, altrettanto eventuale, risparmio d'imposta disapprovato dal sistema, il Comitato consultivo non individua, nella rappresentazione dei fatti, alcun obbligo o divieto che verrebbe capziosamente vulnerato né alcun risparmio d'imposta da disapprovare, riservando particolare considerazione "esimente" al fatto - sopra evidenziato in inciso - che il socio della società risultante dalla fusione non manifesta alcuna volontà di procedere alla cessione della propria partecipazione in oggetto.
La fusione, infatti, non produce alcun risparmio fiscale dal momento che le due società hanno perdite pregresse che verrebbero comunque perdute ex articolo 172, comma 7, del Tuir, non essendo presenti tutti i requisiti indicati da tale disposizione ai fini della riportabilità post-fusione.
In tal senso, l'operazione produce - come peraltro sostenuto dagli interpellanti - piuttosto che un risparmio, la perdita di un beneficio fiscale lasciando immanente il livello di tassazione (la tassazione delle due società non differisce dalla tassazione complessiva della società risultante dalla fusione).

 
Antonina Giordano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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