Commissione tributaria regionale del Lazio. Ruolo da minimum tax: non serve l'avviso di accertamento.


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Commissione tributaria regionale del Lazio. Ruolo da minimum tax: non serve l'avviso di accertamento.
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 21/11/2005
N° doc. 967
21 11 2005 - Edizione delle 15:15  
 
Commissione tributaria regionale del Lazio

Ruolo da minimum tax: non serve l’avviso di accertamento

La differenza tra reddito corrispondente al contributo diretto lavorativo e quello minore dichiarato poteva essere recuperata a tassazione direttamente mediante cartella esattoriale
 
La Commissione tributaria regionale di Roma, sezione 12, con sentenza n. 80 dell’11 ottobre 2005, ha statuito che la differenza tra reddito corrispondente al contributo diretto lavorativo (minimum tax(1)) e quello minore dichiarato poteva essere recuperata a tassazione direttamente mediante iscrizione a ruolo, senza essere preceduta dall’emissione di avviso di accertamento.
In definitiva, è legittimo l’operato del fisco che aveva rettificato, tramite notifica di cartella esattoriale, il reddito di impresa ordinario dichiarato dal contribuente senza l’adeguamento al contributo diretto lavorativo.
Secondo opposto orientamento (sentenza n. 109 del 7/4/2005 della Ctr per il Lazio), la cartella esattoriale, emessa a seguito del controllo della dichiarazione, riportante una diretta iscrizione a ruolo della differenza d'imposta risultante dai parametri della minimum tax, nella quale i criteri del ricalcolo sono esposti in forma riassuntiva e sintetica, deve essere annullata perché non preceduta da un rituale avviso di accertamento.

Con la legge 438 del 14 novembre 1992, è stato configurato un nuovo sistema d’accertamento che ha permesso, per i periodi d'imposta che vanno dal 1992 al 1994 compreso e sia pur con qualche variante d’anno in anno, una situazione più articolata e complessa rispetto a quella precedente. Il nuovo meccanismo, che si basava sul contributo diretto lavorativo, era finalizzato, in sostanza, a determinare un reddito minimo al di sotto del quale il contribuente non poteva scendere; ove si fosse verificata tale eventualità, infatti, l'ufficio aveva il potere di iscrivere automaticamente a ruolo l’importo risultante dalla differenza fra le imposte autoliquidate e quelle determinate in base alla minimum tax, comprensivo anche dei relativi interessi e sanzioni.
Giova sottolineare, peraltro, che erano previste una serie di fattispecie che determinavano automaticamente l’inapplicabilità dalla minimum tax, ovvero che, mettendo in evidenza una situazione di "marginalità", costituivano il presupposto per la richiesta d’esonero dall’applicazione della stessa.

La disciplina normativa che regolava il contributo diretto lavorativo si fondava sul principio secondo cui il reddito dichiarato da artigiani, commercianti e professionisti a tempo pieno avrebbe dovuto essere in linea con quello di colui che svolge analoghe mansioni come lavoratore dipendente. L’eventuale differenza tra il reddito corrispondente al contributo diretto lavorativo e quello minore dichiarato, veniva tassata mediante diretta iscrizione a ruolo della relativa imposta. Il contribuente cui era stata notificata la cartella di pagamento poteva, in primo luogo, presentare all’ufficio istanza di sgravio delle somme iscritte a ruolo e, qualora l’istanza non veniva accolta, aveva la facoltà di instaurare il contenzioso seguendo la procedura delineata dall’articolo 10 del Dpr 28/11/1980, n. 787.

La procedura di liquidazione delle imposte sulla base del reddito minimo tabellare determinava sostanzialmente una inversione dell’onere della prova.
Come precisato dal comma 2 dell’articolo 11-bis del decreto legge 19/9/1992, n. 384, convertito in legge 14/11/1992, n. 438, avverso la presunzione di reddito minimo, il contribuente poteva dimostrare che i dati presi a base per la determinazione del contributo diretto lavorativo erano infondati in tutto o in parte, ovvero che sussistevano componenti negativi deducibili non compresi tra quelli ordinariamente imputabili al settore o all’attività. Le circostanze deducibili dal contribuente in sede di opposizione, potevano riguardare non soltanto eventi anomali che incidevano sull’attività produttiva ma anche un qualsiasi fatto indiziario che consentiva di presumere fondatamente un reddito inferiore rispetto al contributo diretto lavorativo.
Naturalmente, era compito dei singoli uffici valutare la fondatezza e la rilevanza degli eventi denunciati dal contribuente.

NOTE
1. I requisiti per l'esonero della minimum tax previsti dall'articolo 11-bis del decreto legge 11/7/92, n. 333, devono essere tutti sussistenti all'atto della domanda presentata alla Commissione provinciale con possibilità di provare in giudizio l'esistenza anche di quelli non indicati nella domanda stessa. Anche la mancanza di un solo requisito legittima la riscossione della maggiore imposta con interessi e soprattasse (in tal senso, Ctr Campania sentenza n. 7 del 26/2/2004).
La natura di atto amministrativo del decreto della Commissione prefettizia di cui all'articolo 11-bis, 3 comma, del decreto legge 19/9/1992, n. 384, convertito in legge 14/11/1992, n. 438, che regola l'esonero dal contributo diretto lavorativo, comporta la giurisdizione del giudice tributario. L'atto predetto, infatti, è un provvedimento in materia fiscale, anche se reso da un organo esterno all'Amministrazione finanziaria, per cui le controversie che ne derivano non possono che essere proposte al giudice tributario, che ha giurisdizione esclusiva in tema di imposte (Ctr Campania sentenza n. 3 dell’11/2/2004).
Il contribuente cui non è stato riconosciuto l'esonero dal contributo diretto lavorativo da parte della Commissione tributaria provinciale adita allo scopo, può riproporre tale questione tramite il ricorso avverso l'iscrizione a ruolo ai sensi del combinato disposto degli articoli 19 del Dlgs 546/92 e 11-bis, comma 5, legge 438/92 (Ctr per il Lazio sentenza n. 20 del 22/3/2001).
 
Angelo Buscema
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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