Consulenti del lavoro, serve la laurea.


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Consulenti del lavoro, serve la laurea.
Autore: Federica Rachele Badano - aggiornato il 23/04/2007
N° doc. 3225
23 04 2007 - Edizione delle 14:15  
 
Nella G.U. dell'11 aprile, la legge di conversione del Dl 10/2007

Consulenti del lavoro, serve la laurea

L'intervento del legislatore per innalzare il titolo di studio dà attuazione a obblighi comunitari
 
Con la conversione del Dl 15 febbraio 2007, n. 10 (legge n. 46 del 6 aprile 2007), recante disposizioni volte a dare attuazione a obblighi comunitari e internazionali, sono state, tra l'altro, sostanzialmente modificate le disposizioni della legge 11 gennaio 1979 n. 12, in tema di riforma del titolo di studio valido per l'accesso alla professione di consulente del lavoro.
In particolare, la lettera d) dell'articolo 3, secondo comma, è divenuta "...abbiano conseguito la laurea triennale o quinquennale riconducibile agli insegnamenti delle facoltà di giurisprudenza, economia, scienze politiche, ovvero il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro, o la laurea quadriennale in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche" (la modifica risulta armonizzata con l'evoluzione normativa che ha interessato il settore universitario, sulla base della necessità di disporre di figure professionali adeguate nel mondo del lavoro). L'intervento del legislatore per l'innalzamento del titolo di studio, tra l'altro, era divenuto improcrastinabile al fine di dare attuazione agli obblighi comunitari.

Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro ha accolto la notizia con favore: l'innalzamento del titolo di studio da molti anni era considerato un obiettivo primario per lo stesso Ordine. Dal 1994, infatti, l'Unione europea aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per l'assenza, protrattasi poi sino a ora, della previsione del requisito della laurea per accedere alla professione. L'adeguamento giunge, tra l'altro, in un momento piuttosto delicato, poiché, con l'avvio della riforma delle professioni, si rende ancor più necessaria un'omogeneizzazione dello scenario di riferimento.

Il cambiamento, tanto importante da un punto di vista formale, non apporterà mutamenti sostanziali da un punto di vista professionale: già allo stato attuale, la maggioranza degli iscritti e dei praticanti consulenti è in possesso di laurea; recentemente, inoltre, la categoria si è vista assegnare una serie di importanti attribuzioni, affermando progressivamente la propria formazione tecnico professionale nel campo della contabilità e della consulenza fiscale (si veda "
Competenze e funzioni professionali dei consulenti del lavoro", su FISCOoggi del 18/5/2006). Come già rilevato nel precedente contributo, i consulenti del lavoro hanno il compito di agevolare e assistere lo sviluppo dei processi economici-aziendali e la gestione delle risorse umane; le svariate funzioni di competenza del consulente vanno dalla caratterizzazione del rapporto di lavoro (aspetti contabili, economici, giuridici, assicurativi, previdenziali e sociali), all'assistenza e rappresentanza dell'azienda, alle vertenze extragiudiziali (conciliazioni e arbitrati) conseguenti ai rapporti di lavoro, e altro ancora. Non va poi dimenticato che lo spettro di attività dei consulenti comprende la selezione e formazione del personale, la consulenza tecnica d'ufficio e di parte, l'igiene e prevenzione negli ambienti di lavoro, la gestione aziendale e l'assistenza nel contenzioso tributario.

Resta il fatto che il titolo agevolerà l'adempimento di alcune funzioni che con ogni probabilità verranno a breve assegnate alla figura del consulente: sono già allo studio, infatti, due disegni di legge per la riforma del processo del lavoro che offriranno, tra l'altro, lo spazio per ricoprire il ruolo di soggetti attivi nei procedimenti.
La novità relativa al titolo di studio non sarà introdotta da subito senza offrire meccanismi che regolino il passaggio da un regime all'altro per l'accesso alla professione: chi ha già conseguito l'abilitazione potrà disporre di un periodo di transizione di tre anni entro i quali iscriversi all'Ordine, mentre la scadenza per sostenere l'esame scatterà alla fine del 2013 per chi, non in possesso di laurea, sta al momento svolgendo la pratica (articolo 8 bis).

Cambia anche qualcosa in tema di condizioni per l'iscrizione nell'albo. L'iscrizione si ottiene a seguito di istanza, redatta in carta legale e rivolta al consiglio provinciale, corredata da una serie di documenti. Il certificato di residenza, in precedenza richiesto, è ora sostituito dalla documentazione attestante l'elezione di domicilio professionale. E' da ritenersi che questa semplificazione risulti armonica con la "libertà di stabilimento" di cui alla direttiva "Bolkestein", che mira a semplificare le procedure amministrative, eliminare l'eccesso di burocrazia e evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità per coloro che intendono stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi (è nota come direttiva Bolkestein la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea sui servizi nel mercato interno, presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2004; la direttiva è stata definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, profondamente emendata rispetto alla proposta originaria, il 12 dicembre 2006, divenendo formalmente la direttiva 2006/123/CE).

Il provvedimento contiene poi ulteriori novità, una delle quali riguarda il rapporto che intercorre tra consulenti del lavoro e centri di elaborazione dati. Infatti, all'articolo 1, comma quinto, della legge, ove era previsto che "Per lo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa relative agli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti nonché per l'esecuzione delle attività strumentali ed accessorie, le imprese di cui al quarto comma possono avvalersi anche di centri di elaborazione dati costituiti e composti esclusivamente da soggetti iscritti agli albi di cui alla presente legge", le parole in grassetto sono state sostituite dalla locuzione "che devono essere in ogni caso assistiti da uno o più". Il legislatore riconosce quindi la delicatezza dell'attività del consulente del lavoro e la differenzia da quella dei centri di elaborazione dati, la cui competenza di fatto appare limitata ad attività meramente esecutive, quali il calcolo e la stampa dei cedolini, in carenza di quelle competenze specialistiche proprie della categoria dei consulenti.

 
Federica Rachele Badano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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