Corte Ue, no all imposizione delle plusvalenze da conferimento.


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Corte Ue, no all imposizione delle plusvalenze da conferimento.
Autore: Fisco Oggi - Mauro Di Biasi - aggiornato il 17/12/2008
N° doc. 10328

Corte Ue, no all'imposizione delle plusvalenze da conferimento

È la conclusione a cui sono pervenuti gli eurogiudici con la sentenza dell'11 dicembre nel procedimento C-285/07

Con la sentenza dell'11 dicembre 2008, resa nel procedimento C-285/07, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha stabilito che l'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio del 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi, osta a una normativa di uno Stato membro secondo cui uno scambio di azioni dà luogo a imposizione, nei confronti dei soci della società acquisita, delle plusvalenze da conferimento corrispondenti alla differenza tra i costi iniziali di acquisto delle quote conferite e il loro valore corrente, a meno che la società acquirente non iscriva nel proprio bilancio fiscale il valore contabile storico delle quote conferite.
L'origine della controversia
La controversia che ha portato all'odierna decisione dei giudici comunitari è insorta tra una società tedesca e l'amministrazione tributaria di Stoccarda, a causa di un  assoggettamento ad imposizione di una plusvalenza da conferimento. La problematica involge l'interpretazione dell'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi.
La normativa comunitaria
Per ciò che concerne la normativa comunitaria in materia, rileviamo come la direttiva 90/434 ha come suo scopo quello di garantire che le operazioni di ristrutturazione di società di vari Stati membri, come fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni, non siano intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri e tal fine, istituisce un regime in base al quale tali operazioni non possono, di per sé, dar luogo ad imposizione. Eventuali plusvalenze relative a tali operazioni possono, in linea di principio, essere assoggettate ad imposizione, ma solo al momento in cui esse vengono effettivamente realizzate.
In particolare, l'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva 90/434, dispone che l'assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest'ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio. Lo stesso art. 8 prosegue statuendo che gli Stati membri subordinano l'applicazione di quanto ora visto alla condizione che il socio non assegni ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale superiore a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima della fusione, della scissione o dello scambio di azioni, con la possibilità di tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell'acquisto.
La normativa tributaria germanica
Passando ad analizzare la normativa tedesca in materia, sottolineiamo come la legge sull'imposta sulle trasformazioni societarie, al suo articolo 23, dispone che, anche se si può dimostrare che, nel caso di un conferimento di quote di una società di capitali dell'Unione europea, la società di capitali beneficiaria, grazie alla propria partecipazione calcolata contando anche le quote conferite, dispone direttamente della maggioranza dei diritti di voto nella società di cui ha ricevuto le quote, l'iscrizione a bilancio delle quote ricevute dalla società di capitali beneficiaria del conferimento è soggetta all'articolo 20, n. 2, della stessa legge, mentre all'iscrizione a bilancio delle nuove quote della società beneficiaria del conferimento ricevute dalla società conferente si applica l'articolo 20, n. 4. L'articolo 20, n. 2, della legge tedesca sulle trasformazioni societarie, la società di capitali può iscrivere a bilancio il patrimonio conferito con il valore contabile dello stesso o con un valore superiore ad esso e ciò è ammissibile anche quando il patrimonio conferito, sulla base delle norme del diritto commerciale, deve essere iscritto nel bilancio commerciale con un valore più elevato. L'articolo 20, n. 4, dispone invece che il valore con cui una società di capitali iscrive a bilancio il patrimonio conferito si considera, per la società conferente, quale prezzo della cessione e il costo di acquisto delle quote della società. Con tale disposizione, la normativa tedesca impone la corrispondenza contabile biunivoca, regola per cui la società conferente non può mantenere il valore contabile delle quote oggetto del conferimento salvo che la società di capitali che beneficia di tale conferimento iscriva essa stessa dette quote al loro valore contabile.
La posizione del giudice tributario tedesco
La Corte tributaria federale tedesca davanti alla quale pendeva la controversia,  avendo dubbi in merito alla compatibilità con il diritto comunitario del requisito della corrispondenza contabile biunivoca nel caso di conferimenti internazionali, ha deciso di sospendere il giudizio e di domandare alla Corte UE proprio se l'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva 90/434 osti alla normativa fiscale di uno Stato membro in base alla quale, in caso di conferimento delle quote di una società di capitali comunitaria ad un'altra società di capitali comunitaria la società conferente può conservare il valore contabile delle quote conferite soltanto nel caso in cui la società di capitali beneficiaria abbia a sua volta contabilizzato le quote conferite al valore nominale secondo la c.d. corrispondenza contabile biunivoca.
La posizione della Corte di Giustizia
In merito, i magistrati sovranazionali, hanno inizialmente ricordato che, ai sensi dell'articolo 8, n. 1, della direttiva 90/434, l'assegnazione, in occasione di uno scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società acquirente ad un socio della società acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest'ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, sugli utili o sulle plusvalenze di questo socio, precisando, però, che tale obbligo di neutralità fiscale non è incondizionato. Infatti, ai sensi dell'articolo 8, n. 2, della direttiva 90/434, gli Stati membri subordinano l'applicazione del n. 1 di detto articolo alla condizione che il socio non assegni ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale superiore a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima dello scambio di azioni.
Inoltre, hanno proseguito, i giudici della Corte, si deve rilevare che dal tenore dell'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva 90/434 non risulta assolutamente la volontà del legislatore comunitario di lasciare agli Stati membri un margine nella trasposizione che consenta loro di subordinare a presupposti supplementari la neutralità fiscale prevista a vantaggio dei soci della società acquistata. Se così fosse, infatti, ciò sarebbe contrario all'oggetto stesso di tale direttiva, che, come già inequivocabilmente risulta dal titolo e, in maniera più specifica, dal suo terzo 'considerando', è di stabilire un regime fiscale comune invece di estendere al piano comunitario i regimi interni in vigore negli Stati membri, in quanto le differenze esistenti fra questi regimi potrebbero provocare distorsioni.
Le conclusioni
Dunque, subordinare la neutralità fiscale di uno scambio di azioni che interessa società di diversi Stati membri, come previsto all'articolo 8, nn. 1 e 2, della direttiva 90/434, al presupposto supplementare che la società acquirente iscriva il valore contabile storico delle quote conferite nel suo bilancio fiscale sarebbe contrario all'obiettivo di tale direttiva, che consiste tra l'altro nell'eliminare ostacoli fiscali alle ristrutturazioni internazionali di imprese, garantendo che eventuali aumenti di valore di quote sociali non vengano assoggettati ad imposta prima della loro realizzazione effettiva.

Mauro Di Biasi - pubblicato il 17/12/2008
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