Costi inesistenti capitalizzati realizzano una plusvalenza tassabile


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Costi inesistenti capitalizzati realizzano una plusvalenza tassabile
Autore: Nicola Fasano - aggiornato il 03/04/2006
N° doc. 1389
03 04 2006 - Edizione delle 13:15  
 
Corte di cassazione, sentenza n. 1132 del 20 gennaio 2006

Costi inesistenti capitalizzati realizzano una plusvalenza tassabile

L'iscrizione di un "maggior valore" nello stato patrimoniale è presupposto impositivo
 
"L'iscrizione in bilancio di un bene privo di valore costituisce comunque iscrizione in bilancio di un bene per un valore superiore al suo e realizza, pertanto, una plusvalenza tassabile nel momento stesso della sua patrimonializzazione (cioè al momento della sua iscrizione in bilancio) per effetto ed in conseguenza della scelta imprenditoriale di iscrivere in bilancio quel bene".
E' questa la determinazione cui è giunta la Suprema corte, sezione tributaria, con la recente sentenza n. 1132 del 20 gennaio 2006, mediante la quale è stata cassata la decisone di secondo grado pronunciata dalla Commissione tributaria regionale della Basilicata - impugnata dal ministero delle Finanze - che, pervenendo a conclusioni opposte, dava ragione al contribuente.

La Commissione regionale opinava che l'ufficio, nel dichiarare - con avviso di accertamento - inesistenti le fatture ritenute fittizie (che documentavano ingenti costi, capitalizzati, dalla società accertata, nell'attivo dello stato patrimoniale, nel conto "stabilimento in corso di esecuzione"), aveva direttamente dichiarato inesistenti i relativi beni; non poteva, pertanto, concretizzarsi la plusvalenza - recuperata a tassazione dall'ufficio in forza del combinato disposto degli articoli, all'epoca vigenti, 95 e 54, primo comma, lettera c), del Tuir - che, a parere del giudice di secondo grado, si realizzava solo ed esclusivamente in presenza di un bene esistente, che avesse in sé un plusvalore che nel tempo avesse generato una rivalutazione fiscalmente apprezzabile.

La Cassazione, però, è di avviso contrario, e ha accolto il ricorso del ministero delle Finanze.
La Suprema corte, nella sentenza de qua, dapprima si sofferma sull'esegesi della norma di riferimento, vigente e applicabile all'epoca dei fatti oggetto del contenzioso in esame (l'accertamento impugnato - notificato nel novembre 1995 - riguardava l'Irpeg e l'Ilor per l'esercizio 1991), poi detta principi di carattere generale che trovano applicazione, riferendosi alla natura intrinseca delle plusvalenze e alla loro generazione "latente" in caso di patrimonializzazione di costi inesistenti, anche nell'attuale disciplina tributaria delle plusvalenze, completamente ridisegnata alla luce degli articoli 58 e 86 del "nuovo" Tuir.

I giudici richiamano in primis l'ex articolo 54, primo comma, lettera c), del Testo unico delle imposte sui redditi, ai sensi del quale "le plusvalenze di beni relativi all'impresa, concorrono a formare il reddito ... se sono iscritte in bilancio", confermando (cfr., fra le altre, Sezioni unite n. 5290 del 12/6/1997; Cassazione, sezione tributaria, n. 8292 del 26/5/2003, n. 11240 del 20/7/2002) che tale norma "configura un'accezione ulteriore del termine "plusvalenza", da intendersi come incremento del patrimonio del contribuente acquisito non a seguito di cessione del bene, ma per effetto della iscrizione di un suo maggiore valore in bilancio in quanto, essendo la plusvalenza costituita dalla differenza tra il costo del bene ed il prezzo della sua successiva rivendita, l'aumento fittizio del costo riduce o elimina la differenza rispetto al prezzo ricavato al momento del trasferimento e, quindi, sottrae alla tassazione la plusvalenza (o parte di essa) così realizzata...Un tale fenomeno, come chiarito dalle Sezioni Unite (ndr: sentenza n. 5290 del 12/6/1997) va rilevato e tassato nei termini di legge e non al momento della eventuale rivendita del bene sopravvalutato non essendo previsto un tipo di accertamento a futura memoria".

Dopo tale premessa, la Corte sancisce la tassabilità della plusvalenza derivante dalla patrimonializzazione di costi inesistenti, sulla base di motivazioni convincenti che risultano del tutto compatibili e coerenti anche con l'attuale disciplina. In particolare, nella sentenza si argomenta che l'eventuale "fittizietà" dell'operazione è priva di rilevanza nei confronti dell'erario, atteso che, da un lato, "l'iscrizione in bilancio di un bene per un valore superiore a quello effettivo costituisce la premessa per il conseguimento di un più favorevole valore di riferimento in ipotesi di cessione, con conseguente sottrazione della plusvalenza a qualsiasi imposizione" e, dall'altro, "l'eliminazione dal passivo della parte di posta corrispondente alla entità della supervalutazione del (maggior costo) del bene patrimonializzato determina un maggiore attivo del bilancio".

In conformità a questi principi, pertanto, si può affermare che, ogni volta che i costi si rivelino inesistenti, la loro patrimonializzazione, tramite iscrizione in bilancio, determina comunque una plusvalenza tassabile.
 
Nicola Fasano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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