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Ditta sbagliata. Accertamento valido.
Autore:
Mauro Di Biasi
- aggiornato il
13/02/2007
N° doc. 2093
13 02 2007 - Edizione delle 13:30
Sentenza n. 713 del 15 gennaio 2007
Ditta sbagliata. Accertamento valido
Atto nullo solo se dall’erronea indicazione del segno distintivo derivi incertezza assoluta circa la individuazione del destinatario
Con la sentenza n. 713 del 15/1/2007, la Cassazione ha stabilito che l’obbligazione tributaria non fa capo, nel caso di impresa individuale, alla ditta, che è solo un elemento distintivo dell’impresa, bensì alla persona fisica dell’imprenditore, facendone derivare la conseguenza che la erroneità della indicazione della ditta può comportare nullità dell’accertamento tributario solo se da essa possa derivare incertezza assoluta circa la individuazione dell’imprenditore destinatario della pretesa tributaria, avuto riguardo a ogni altro dato identificativo risultante dall’accertamento, quale, in primo luogo, il codice fiscale o il numero di partita Iva.
Nella specie, alla stregua del suddetto principio, la Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria nei confronti della sentenza di una Commissione tributaria regionale che aveva dichiarato nulli gli avvisi di accertamento Iva notificati a un imprenditore, nei quali figurava erroneamente come ditta il nome dello stesso, anziché il nome effettivo della ditta medesima, nonostante non sussistesse alcun dubbio in punto di fatto riguardo alla circostanza che detti accertamenti si riferissero al predetto contribuente.
Più nello specifico, il ministero dell'Economia e delle Finanze proponeva ricorso innanzi ai giudici di piazza Cavour contro la sentenza della Ctr del Veneto che, rigettando l’appello dell’ufficio locale delle Entrate, dichiarava nulli gli avvisi di accertamento emessi per gli anni 1989, 1990, 1991 e 1993, notificati al contribuente, per l’incertezza assoluta che sarebbe sussistita, a giudizio dei giudici tributari veneti, con riferimento all’individuazione della ditta destinataria degli accertamenti.
Nel suo ricorso, l’Amministrazione finanziaria, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha asserito che nel caso di specie non sussistesse alcuna incertezza riguardo all’individuazione del contribuente destinatario degli accertamenti, tale da comportare la nullità degli atti, tenuto conto delle molteplici e univoche indicazioni contenute negli avvisi in questione medesimi, quali, ad esempio, la sede della ditta, il riferimento a fatture emesse dalla ditta “CS” (cioè, la corretta indicazione), il codice fiscale del contribuente, il numero di partita Iva e numerosi altri elementi soggettivi e oggettivi risultanti dal pvc, cui gli avvisi stessi facevano richiamo e che non consentivano, dunque, nessun dubbio circa l’identità del contribuente in debito con il Fisco.
La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo del ricorso da parte del ministero.
L’obbligazione tributaria, ha sostenuto la Corte, diversamente da quanto ha mostrato di ritenere il giudice di merito, non fa capo, nel caso di imprese individuali, alla ditta, che è soltanto elemento distintivo dell’impresa, bensì alla persona fisica dell’imprenditore.
L’eventuale erroneità nell’indicazione della ditta può comportare nullità dell’accertamento tributario solamente quando da essa possa derivare assoluta incertezza con riferimento all’individuazione della persona fisica dell’imprenditore, destinataria della pretesa tributaria, tenuto conto di ogni eventuale altro dato identificativo risultante dall’accertamento, quale,
in primis
, il codice fiscale o il numero di partita Iva dello stesso, e dalla sentenza impugnata, palese risulta che nessun dubbio sussisteva riguardo alla circostanza che gli accertamenti in parola si riferissero a quel determinato contribuente.
Mauro Di Biasi
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