Divieto d accesso per l auto-rimborso.


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Divieto d accesso per l auto-rimborso.
Autore: Marcello Chiorazzi - aggiornato il 30/01/2008
N° doc. 7592
30 01 2008 - Edizione delle 15:30  
 
Sentenza n. 26839 del 20 dicembre 2007

Divieto d'accesso per l'auto-rimborso

Obbligatoria la rettifica della dichiarazione per recuperare l'imposta indebitamente assolta
 
Il contribuente che ritenga non dovuta l'imposta indicata in dichiarazione non può riportarla a credito in un periodo successivo. Con la recente sentenza 20 dicembre 2007, n. 26839, la sezione tributaria della Corte di cassazione si è pronunciata a proposito degli strumenti che il contribuente può utilizzare per recuperare la maggior imposta indebitamente assolta a seguito di errori.

La controversia esaminata dalla Suprema corte era relativa a una cartella di pagamento emessa per la liquidazione della dichiarazione (articolo 36-bis, Dpr 600/1973).
In particolare, la cartella era stata emessa poiché il contribuente aveva indicato, tra le detrazioni, la maggiore imposta dichiarata nell'anno precedente e che riteneva non dovuta a seguito di un errore che aveva commesso in sede di compilazione del modello di dichiarazione.
Pertanto, il contribuente, anziché rettificare la dichiarazione relativa al periodo per il quale riteneva di aver commesso l'errore, considerava l'imposta indebitamente assolta come "riportata a nuovo", scomputandola da quella risultante dalla dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo.

La Cassazione, riformando la sentenza di secondo grado favorevole al contribuente, ha affermato che non è possibile rettificare a favore una dichiarazione riportando l'imposta ritenuta non dovuta in un periodo d'imposta successivo.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno ribadito, conformemente al proprio precedente orientamento, che la dichiarazione presentata dal contribuente può essere rettificata per correggere errori di diritto e di fatto (cfr, in particolare, le Sezioni unite con la sentenza 25 ottobre 2002, n. 15063, secondo cui è "in linea di principio, emendabile e ritrattabile ogni dichiarazione dei redditi che risulti, comunque, frutto di un errore del dichiarante nella relativa redazione, sia tale errore testuale o extratestuale, di fatto o di diritto, quando da essa possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico").

D'altro canto, non sarebbe possibile sfruttare il sistema delle detrazioni relative a un determinato periodo d'imposta per rettificare la dichiarazione del periodo precedente.
In particolare, per la Corte la dichiarazione può essere emendata solo ed esclusivamente presentando un'istanza di rimborso ex articolo 38 del Dpr 602/1973.

Sul punto, la sentenza ha evidenziato che "l'emendabilità e la retrattabilità della dichiarazione ammessa nel termine di cui all'ultimo comma dell'art. 9 del D.P.R. 600/1973 - prima della modifica operata dal D.P.R. 435/01 - era riferibile alle sole omissioni od errori suscettibili di importare un pregiudizio per l'erario e non anche per quelle suscettibili di pregiudicare il dichiarante, la rimovibilità degli effetti dannosi transitando in tal caso dal combinato disposto degli artt. 38 comma primo D.P.R. 602/1973 - 16, commi primo e settimo D.P.R. 636/1972 e (nel nuovo contenzioso) 19 comma primo lett. g) D.Lgs.vo 546/1992 (Cass. 8153/03 e Cass. 4238/04). Solo la istanza di rimborso era infatti idonea a rettificare in senso favorevole al contribuente l'originaria dichiarazione non essendogli consentito di operare il ricalcalo con una dichiarazione integrativa tardivamente presentata a credito riportato come eccedenza in compensazione nella successiva dichiarazione".

I giudici hanno, quindi, precisato che all'epoca dei fatti non c'era una disposizione ad hoc, quale quella contemplata dal comma 8-bis dell'articolo 2 del Dpr 322/1998 (applicabile alle dichiarazioni validamente presentate dopo il 1° gennaio 2002), concernente la dichiarazione integrativa con esiti favorevoli per il contribuente.

Altre brevi considerazioni possono effettuarsi sulla base della pronuncia in argomento.
La Suprema corte ha affermato che l'unico strumento adottabile ratione temporis dal contribuente per la rettifica della dichiarazione era quello dell'istanza di rimborso, ai sensi dell'articolo 38 del Dpr 602/1973.
La stessa Cassazione ha ricordato che solo nel 2001 è stato previsto uno strumento ad hoc per rettificare la dichiarazione a favore del contribuente.
Tale strumento andrebbe individuato nel comma 8-bis dell'articolo 2 del Dpr 322/1998, che prevede, come ricordato dalla circolare 6/2002 (punto 3.2), che il contribuente può integrare a suo favore le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato un maggior reddito o, comunque, un maggior debito o un minor credito d'imposta. Tale integrazione deve effettuarsi mediante una successiva dichiarazione che va prodotta entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d'imposta successivo.

In altri termini, sembrerebbe che la Suprema corte abbia implicitamente affermato che l'unico strumento utilizzabile dal contribuente per rettificare la dichiarazione sia quello previsto dal citato comma 8-bis dell'articolo 2 del Dpr 322/1998, e non quello di cui al precedente comma 8, secondo il quale la rettifica può essere effettuata nel più ampio termine di cui all'articolo 43 del Dpr 600/1973, ossia entro il termine di decadenza dell'azione accertatrice dell'Amministrazione finanziaria (in tal senso, cfr Cassazione, sentenza 2 marzo 2004, n. 4238, secondo cui la richiesta di rimborso, in riferimento alla normativa vigente antecedentemente all'entrata in vigore del comma 8-bis "è idonea a rettificare in senso favorevole al contribuente la dichiarazione dei redditi della quale questo dimostri l'erroneità, dato che non vi sono, prima del 2001, termini di decadenza (diversi da quelli previsti per il rimborso) per tale rettifica favorevole").

 
Marcello Chiorazzi
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