Elementi mancanti, atto inammissibile.


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Elementi mancanti, atto inammissibile.
Autore: Gabriella Petrone - aggiornato il 21/05/2008
N° doc. 9012
20 05 2008 - Edizione delle 17:00  
 
Commissione tributaria di I grado di Trento, sentenza n. 128/1/07

Elementi mancanti, atto inammissibile

In assenza delle prescritte indicazioni - oggetto della domanda e motivi - non c'è ricorso e non c'è giudizio
 
L'eccezione di inammissibilità dell'ufficio è fondata e sancita nell'articolo 18 del Dlgs 546/1992.
Così hanno deciso i giudici tributari riguardo al contenzioso instaurato da un contribuente avverso una cartella di pagamento con la quale gli si intimava il pagamento di maggiori imposte.
Secondo la Ct di primo grado atesina, mancando qualsiasi indicazione sia dell'oggetto della domanda che dei motivi del ricorso, l'atto introduttivo del giudizio non poteva che essere dichiarato inammissibile. Anzi, a ben guardare, afferma ancora la Commissione, manca addirittura un ricorso, perché il contribuente non impugna la cartella, non indica alcun elemento di illegittimità della stessa o ragione del suo annullamento, ma si limita a domandarne la sospensione. Dunque l'iter processuale non può dirsi validamente instaurato, anzi non può proprio dirsi incominciato.

La vicenda ha origine quando il concessionario notifica una cartella ai fini Irpef e Iva, avverso la quale il contribuente presenta presso la Ct istanza per ottenere la sospensione dell'esecuzione dell'atto di riscossione. In particolare, l'interessato sostiene di non disporre in quel momento della documentazione necessaria per impugnare la cartella di pagamento, in quanto inserita nel fascicolo di una causa pendente avanti al tribunale di Busto Arsizio e perché, essendo in corso controlli fiscali da parte dell'Agenzia per lo stesso periodo di imposta oggetto della cartella, ritiene sia necessario attenderne l'esito.
Argomenti che non convincono il giudice, il quale approva la tesi dell'Agenzia che si era limitata a eccepire l'inammissibilità del ricorso, previo rigetto dell'istanza di sospensione, perché privo degli elementi prescritti dall'articolo 18 del Dlgs 546/1992.

Il processo tributario, come noto, si instaura con ricorso alla Ct che deve contenere l'indicazione di tutti gli elementi espressamente elencati dalla norma. Fra questi, i più importanti sono da ritenersi sicuramente l'oggetto della domanda e i motivi. Il primo, che si identifica con il petitum, ha sempre come fine l'accertamento negativo della fondatezza della pretesa fiscale come delineata dall'atto impugnato; i motivi comprendono ogni genere di allegazioni difensive volte a contestare la fondatezza della pretesa dell'ufficio impositore e possono risolversi in mere argomentazioni di diritto in ordine all'interpretazione più corretta di una norma ovvero contenere anche allegazioni di fatti costitutivi, modificativi, estintivi o impeditivi di un effetto giuridico. In entrambi i casi, l'esistenza di queste contestazioni della pretesa fanno sì che il ricorso sia "motivato" e, quindi, ammissibile alla stregua della disposizione in esame.
Di tali allegazioni e domande non sussisteva traccia nell'atto sui generis presentato dal contribuente alla Commissione.

I giudici, inoltre, non hanno creduto alla tesi dell'indisponibilità dei documenti per la difesa, in quanto sussiste la possibilità della conservazione di copie, né che non sia stato possibile riprodurne copia a seguito della notifica della cartella. Come non ha convinto la circostanza che, in assenza di detta documentazione, non si potesse formulare alcun motivo di censura della cartella medesima. Conseguentemente, ad avviso dei giudici, il rigetto della sospensiva esauriva il contenzioso (non) instaurato dalla parte attraverso la sola istanza di sospensione, in totale assenza di un ricorso, che, laddove esistente, è da dichiarare inammissibile.

 
Gabriella Petrone
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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