Elusiva la scissione strumentale alla mera assegnazione di beni ai soci - Parere n. 22 deliberato il 9 maggio 2007.


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Elusiva la scissione strumentale alla mera assegnazione di beni ai soci - Parere n. 22 deliberato il 9 maggio 2007.
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 27/08/2007
N° doc. 3854
27 08 2007 - Edizione delle 13:00  
 
Parere n. 22 deliberato il 9 maggio 2007

Elusiva la scissione strumentale
alla mera assegnazione di beni ai soci

Decisivi per la pronuncia l’assenza di valide ragioni economiche e l’aggiramento delle norme tributarie
 
Censura di elusività per un’operazione di scissione parziale non proporzionale in quanto riconosciuta dal Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive "non supportata da valide ragioni economiche e finalizzata a conseguire un indebito vantaggio fiscale, rinvenibile nel rinviare sine die a tassazione della plusvalenza che si genererebbe in caso di assegnazione di beni ai soci, attraverso l’aggiramento dell’obbligo previsto dall’art. 86, comma 1, lett. c) e comma 3 del TUIR".

Il parere che si commenta è stato reso nella seduta del 9 maggio scorso in risposta a un’istanza di interpello avanzata da una società (Y sas) che riferisce di svolgere attività alberghiera e di ristorazione in due complessi immobiliari di proprietà (rappresentati da un albergo, recentemente ristrutturato e ampliato, e una struttura di affitta camere) e di possedere terreni adibiti a parcheggi delle due strutture alberghiere.
A seguito del decesso di uno dei soci, gli altri intenderebbero accrescere le proprie quote sociali quali eredi legittimi del socio defunto e ammettere in società l’erede. Si legge nell’istanza che attualmente alcuni soci collaborano all’attività aziendale, prestando la loro opera, mentre altri non prestano alcuna attività nelle due aziende alberghiere e hanno espresso la volontà di uscire dalla compagine sociale. Pertanto, i soci desidererebbero operare una ristrutturazione aziendale ponendo in essere una scissione parziale non proporzionale della società in continuità di valori contabili, a seguito della quale verrebbe trasferita a una società di nuova costituzione (che rivestirebbe la forma giuridica di società in accomandita semplice) il ramo aziendale svolgente l’attività di affittacamere.
La società di nuova costituzione avrebbe intenzione di sottoscrivere con la società scissa un contratto di affitto aziendale a prezzi di mercato, di durata da determinarsi. Al fine di porre in essere l’operazione di scissione societaria parziale, i soci hanno preso a base la perizia di stima redatta in data 2 novembre 2005, dalla quale emerge un valore dell’azienda di 2 milioni e 380mila euro complessivi, di cui un terzo da attribuire al ramo aziendale di affittacamere.

L’operazione, configurandosi come una scissione non proporzionale, darà luogo a favore dei soci A, D, E a conguagli in danaro a causa del peso minore della partecipazione detenuta nella nuova società rispetto a quella originaria. Detti conguagli in danaro sconteranno la ritenuta d’imposta definitiva del 12,50 per cento trattandosi di partecipazioni “non qualificate”, mentre dall’operazione di scissione non emergerà tassazione alcuna.
In base alle dichiarazioni rese dalla società istante:
  • il trasferimento degli immobili in favore delle società di nuova costituzione non comporta la sottrazione degli stessi al regime di impresa
  • la suddivisione dei complessi patrimoniali attualmente posseduti dalla società istante in due complessi giuridicamente e autonomamente distinti trova valide ragioni economiche nella necessità di “non compromettere la funzionalità delle aziende, che sarebbero fortemente penalizzate sotto il profilo finanziario e fiscale nel caso di liquidazione di quote sociali o di assegnazione di beni ai soci recedenti”.

Osserva il Comitato che l’operazione presenta le caratteristiche di operazione elusiva in quanto sembra mancare un comprovato vantaggio per la società nella riorganizzazione aziendale (la gestione dell’intera attività, compresa quella di affittacamere, continua a essere svolta dalla società scissa), mentre si ravvisa l’intendimento dei soci di perseguire finalità indirette e ulteriori rispetto a quelle di ristrutturazione: ponendo in essere l’operazione di scissione parziale non proporzionale, si ottiene l’effetto di separare un determinato immobile dal patrimonio della società scissa, pervenendo di fatto a un’assegnazione di immobile ai fratelli che hanno espresso la volontà di non occuparsi della società, sterilizzando in tal modo l’emersione di plusvalenze e, ottenendo, attraverso la costituenda società, anche una migliore deducibilità di spese e costi.

Il parere del Comitato consultivo conferma l’orientamento giurisprudenziale consolidato e il parere reso dall’Agenzia delle entrate in prima istanza nel ribadire che le operazioni societarie di scissione, anche non proporzionale, sono operazioni fiscalmente neutrali e si caratterizzano come operazioni di riorganizzazione aziendale, a condizione che non vengano strumentalmente utilizzate per conseguire indebiti vantaggi tributari. La presenza di tale potenziale elusivo impone che si accerti che, ai sensi dell’articolo 37-bis del Dpr 600/73, la riorganizzazione aziendale posta in essere risponda a una valida ragione economica e non rappresenti un aggiramento di obblighi e divieti al fine di ottenere riduzioni indebite d’imposta. La scissione societaria, dunque, per la particolare attitudine a un utilizzo strumentale, motivato dal conseguimento di indebiti risparmi d’imposta, ispira, infatti, il contenuto della norma antielusiva generale, recata dall’articolo 37-bis del Dpr 600/73, la quale, ai primi due commi, prevede testualmente:
1) Sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni d’imposte o rimborsi altrimenti indebiti.
2) L’amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui al comma 1, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento in opponibile all’amministrazione
.

In virtù di tale disposizione, dunque, atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, posti in essere nell’ambito di operazioni di riorganizzazione societaria e di altre specifiche operazioni tassativamente individuate, privi di valide ragioni economiche e diretti ad aggirare obblighi o divieti posti dall’ordinamento tributario al fine di conseguire riduzioni d’imposta o indebiti rimborsi, vengono resi inopponibili all’Amministrazione finanziaria che può disconoscerne i vantaggi tributari conseguiti, pur rimanendo validi tra le parti e nei confronti di altri soggetti terzi.
In relazione al requisito delle valide ragioni economiche, il Comitato consultivo ha più volte chiarito (pareri nn. 17 e 18 del 2003) che il giudizio deve essere condotto principalmente con riferimento ai soggetti che pongono in essere l’operazione - ovvero nella fattispecie in parola la società oggetto di scissione e la beneficiaria - senza avere riguardo ai benefici economici che soggetti diversi, tra i quali i soci, potrebbero trarne. In particolare, il Comitato ha più volte evidenziato (ad esempio, pareri nn. 8/99, 32/2005, 45/2005), come valida ragione economica di una scissione, la necessità di uno snellimento della struttura patrimoniale e di trasparenza delle attività di gestione.

Nella fattispecie in commento non si ravvisa, nell’operazione di scissione, la volontà di perseguire una migliore gestione di due distinte attività sociali, bensì la semplice volontà di alcuni soci di uscire dalla compagine sociale, in quanto nell’istanza viene, infatti, sostenuto che “i soci C e B non prestano attività nelle due aziende alberghiere e hanno espresso la volontà di uscire dalla compagine sociale”. Il loro intento - prosegue l’istanza - è quello di ottenere “beni aziendali che siano consoni ad assicurare ad essi un reddito stabile senza alcun impegno di apporto della loro opera”.

La circostanza, poi, che la scissione parziale vena effettuata in modo non proporzionale e il cambio di partecipazioni originariamente detenute nella scissa non avvenga con una mera sostituzione, bensì con la percezione di un conguaglio in danaro (il quale viene riconosciuto a causa del peso minore attribuito alla nuova partecipazione rispetto a quella originariamente detenuta nella società scissa) legittima la considerazione che la scissione non sia semplicemente preordinata alla separazione delle attività, come rappresentato dall’istante.
Per quanto affermato, non si riesce a ravvisare nell’operazione descritta la volontà di perseguire una migliore gestione di due distinte attività sociali in grado di giustificare la ristrutturazione. Di fatto, l’attività di affittacamere, prima della scissione, è gestita dalla società interpellante e, dopo la scissione, continuerà a essere gestita dalla medesima società, con la sola differenza che, prima di porre in essere l’operazione straordinaria, l’immobile era di proprietà e, a seguito della scissione, l’immobile sarà posseduto in forza di un contratto di affitto.

Da ciò deriva che l’operazione possa presentare le caratteristiche di operazione elusiva in quanto sembra mancare un comprovato vantaggio per la società nella riorganizzazione aziendale (la gestione dell’intera attività compresa quella di affittacamere continua a essere svolta dalla società scissa), mentre il Comitato ravvisa l’intendimento dei soci di perseguire finalità indirette e ulteriori rispetto a quelle di ristrutturazione: ponendo in essere l’operazione di scissione parziale non proporzionale si ottiene l’effetto di separare un determinato immobile dal patrimonio della società scissa, pervenendo di fatto a un’assegnazione di immobile ai fratelli che hanno espresso la volontà di non occuparsi della società, sterilizzando in tal modo l’emersione di plusvalenze e ottenendo, attraverso la costituenda società, anche una migliore deducibilità di spese e costi.

Per analoghe fattispecie, il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive (parere n. 14/2002) ha icasticamente chiarito che: “L’operazione di scissione [...] non proporzionale, di una società volta esclusivamente a consentire la divisione, in regime di neutralità fiscale, di un complesso aziendale in due sistemi economici, ciascuno dei quali proporzionalmente idoneo a svolgere attività imprenditoriale, non presenta profili di elusività, non essendo preordinata né alla successiva rivendita delle quote societarie da parte dei soci persone fisiche, al mero scopo di spostare la tassazione dei beni di primo grado (immobile), normalmente più onerosa, ai beni di secondo grado (quote di partecipazione), soggetta al più mite regime del capital gain, né al compimento di altri fatti, atti o negozi volti ad un più ampio disegno elusivo”.

In un altro dei pareri “didattici” (parere n. 6/2002), per il Comitato “l’operazione di scissione [...] non proporzionale, di una società volta esclusivamente a consentire la divisione in regime di neutralità fiscale (per la società e i relativi soci) di un’azienda in due complessi autonomi funzionanti, non presenta profili di elusività, non essendo preordinata né alla successiva liquidazione della società beneficiaria, né alla dismissione delle relative partecipazioni, né alla vendita dei relativi beni immobili ed in generale all’effettuazione di altri fatti, atti o negozi volti ad un più ampio disegno elusivo”.
In sostanza, l’elusività dell’operazione di scissione totale non proporzionale deve essere limitata a quelle ipotesi contrarie alla ratio del legislatore e, dunque, allorquando:

  • la scissione sia volta a creare dei “meri contenitori” di beni sotto forma di società beneficiarie che non svolgono alcuna attività d’impresa, al fine di celare un’assegnazione ai soci
  • la scissione sia volta alla successiva vendita delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche, al fine di evitare la tassazione in capo alla società della plusvalenza sui beni (o del ricavo derivante dall’alienazione del bene stesso, se questo costituisce bene merce), beneficiando della meno onerosa imposizione sul capital gain.

Nella fattispecie rappresentata, l’operazione di scissione non proporzionale prospettata appare essenzialmente rispondere alla volontà di alcuni soci di fuoriuscire dalla compagine sociale.
In conclusione, ciò che emerge è l’assenza di motivazioni di carattere aziendalistico volte a perseguire una reale riorganizzazione produttiva e/o una migliore gestione dell’attività imprenditoriale.
Nel caso prospettato, inoltre, non emerge alcun altra motivazione “tipica” che possa giustificare la volontà non elusiva di realizzare il progetto. Non esistono, infatti, contrasti tra i soci che impediscano la normale attività né l’intento di perseguire una migliore gestione dell’attività imprenditoriale (la società beneficiaria di nuova costituzione non eserciterà direttamente l’attività di gestione dell’albergo, ma si limiterà a stipulare con la società scissa un contratto di affitto di azienda, di durata “da determinarsi”, dell’attività di affittacamere).

Considerando che il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, in più di un parere - ex multis i pareri n. 4/1999, n. 29/1999 e n. 4/2000 - ha sostenuto che “la scissione [...] non proporzionale, potrebbe prestarsi ad un uso "distorto" finalizzato ad una mera assegnazione dei beni ai soci. In questa ipotesi, infatti, qualora anche una delle società risultanti dalla scissione venisse privata di operatività, risultando un mero "contenitore" dei beni trasferiti, il risparmio fiscale sarebbe rinvenibile nello spostamento sine die della tassazione delle plusvalenze sui beni stessi, prevista sulla base del valore normale dei medesimi cespiti, ai sensi dell’art. 86, comma 1, lett. c) e comma 3, del Tuir”, nel caso in esame i fattori di criticità rilevati depongono per la condanna della soluzione addotta come non elusiva in quanto le ragioni addotte a sostegno dell’operazione prospettata evidenziano come il reale intento dell’operazione stessa sia quello di evitare la liquidazione delle quote sociali perché troppo onerosa. Nell’istanza, infatti, si sostiene che: “Si tratta quindi di operare una ristrutturazione aziendale che non comprometta la funzionalità delle aziende gestite, che sarebbero fortemente penalizzate sotto il profilo finanziario e fiscale nel caso di liquidazione di quote sociali o assegnazione di beni ai soci recedenti”.

L’operazione di scissione parziale non proporzionale, così come rappresentata nell’istanza, appare uno strumento indiretto posto in essere al solo fine di conseguire un indebito risparmio fiscale in quanto strumentale alla mera assegnazione di beni ai soci e non a una vera riorganizzazione aziendale finalizzata a rendere più efficiente l’esercizio dell’attività d’impresa.
Da ciò discende che la suddetta operazione sembra presentare aspetti di elusività, in quanto priva di valide ragioni economiche e diretta a conseguire un vantaggio tributario da considerare indebito poiché realizzato attraverso l’aggiramento delle norme di cui al comma 1, lettera c), e comma 3 dell’articolo 86 del Tuir.

 
Antonina Giordano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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