False fatturazioni, due sentenze solo apparentemente contrastanti.


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
False fatturazioni, due sentenze solo apparentemente contrastanti.
Autore: Baldassarre Gullo - aggiornato il 27/11/2007
N° doc. 4848
27 11 2007 - Edizione delle 14:30  
 
Sentenze nn. 7144/2007 e 17799/2007

False fatturazioni, due sentenze solo apparentemente contrastanti

L’agenzia delle Entrate può dimostrare la fittizietà dell’operazione tramite presunzioni semplici
 
La sezione tributaria della Corte di cassazione ha emesso recentemente due pronunce apparentemente contraddittorie sulle fatture per operazioni inesistenti. Nella sentenza 7144 del 23 marzo, ha ritenuto che "In tema d’Iva, ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture perché relative ad operazioni inesistenti, spetta al contribuente l’onere di provare la legittimità e la correttezza dell’operazione mediante l’esibizione dei relativi documenti contabili". Viceversa, con la sentenza 17799 del 21 agosto, la stessa sezione della Suprema corte ha sancito che l’onere di dimostrare la falsità dell’operazione, rappresentata nelle fatture prodotte dal contribuente, è a carico dell’ufficio impositore, che nel giudizio tributario assume notoriamente la veste d’attore di fatto, in ragione della quale è onerato: onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat (L'onere della prova è a carico dell'attore, non del convenuto).

In così poco tempo due principi antitetici e per di più provenienti dalla stessa fonte. Una circostanza singolare, non solo per la predetta dicotomia, ma soprattutto poiché anche un superficiale conoscitore dei principi regolatori del processo, non solo tributario, rileverebbe l’evidente l’irrazionalità della prima delle due sentenze, il cui assunto sembrerebbe porsi in palese contrasto con il citato e fondamentale principio di rito.
La Corte di cassazione ha realmente sostenuto che l’ufficio può limitarsi a contestare la falsità delle fatture, lasciando su chi ha emesso il documento ovvero sul suo utilizzatore il gravoso compito di dover dimostrare la genuinità dell’operazione ivi descritta?
Leggendo l’estratto della sentenza riportato, la risposta sembrerebbe affermativa, ma questa tesi sarebbe talmente originale, se non addirittura irrazionale, per cui, prima di giungere a conclusioni affrettate, si deve ampliare l’esame della sentenza, senza fermarsi alla massima elaborata dal Centro elaborazione dati della Cassazione che, in ogni caso, si limita a riportare letteralmente un passaggio dei motivi estesi dai giudici.

Tra le righe della sentenza 7144/2007, effettivamente il principio dell’onere probatorio rimesso al contribuente non è ulteriormente argomentato.
Leggendo la parte espositiva della sentenza, tuttavia, si precisa che l’ufficio, nella fattispecie esaminata, non si era limitato alla sola contestazione della fittizietà delle fatture, ma aveva dimostrato, sia pure indirettamente attraverso presunzioni semplici, l’inesistenza di quelle operazioni.
Erano riportate le dichiarazioni dei dipendenti dell’imprenditore che avevano confermato a verbale di non aver mai visto in azienda i beni strumentali indicati nelle fatture, che i macchinari dello stesso tipo, presenti in azienda, erano usati, quindi diversi da quelli descritti dalla fattura contestata, nella quale, peraltro, mancavano i riferimenti identificativi dei macchinari (numeri di matricola) che potessero dimostrare l’acquisto.

Eppure, in precedenti pronuncie, la Corte di cassazione aveva già utilizzato la massima in cui si asserisce che è sufficiente la contestazione delle fatture da parte dell’ufficio, affinché l’onere probatorio spetti al contribuente.
Il caso tipico è l’acquisto da soggetti rivelatisi, a seguito d’ispezioni tributarie, delle “cartiere”, ossia strutture prive d’effettiva attività produttiva, costituite solo al fine di emettere false fatture.
La Cassazione (cfr. sentenza 15218/2001) aveva ritenuto che l’acquisto presso la cartiera automaticamente trasmette l’onere probatorio, circa l’esistenza effettiva dell’operazione imponibile, in capo all’utilizzatore della fattura.
L’Amministrazione finanziaria non si era limitata alla semplice contestazione delle fatture, come anche in quell’occasione poteva desumersi erroneamente dalla sola lettura della motivazione della sentenza, ma aveva supportato il rilievo con una ricostruzione indiziaria.

Alla stessa conclusione i giudici giungono nella seconda sentenza a confronto (n. 17799/2007): "l'onere di provare la veridicità delle fatture, per il contribuente, scatta soltanto quando gli organi di controllo fiscale adducono elementi che fanno almeno sospettare della non veridicità delle fatture".
Nessuna novità, pertanto, riguardo alla normale dialettica del rito tributario: l’accertatore fa ricadere l’onere probatorio sul soggetto controllato quando, pur non disponendo di vere e proprie prove dirette, costruisce un adeguato iter logico a supporto dei suoi rilievi.
Le due sentenze non sono contraddittorie, come possono apparire, ma concordanti.

La novellata sentenza 7144/2007 contiene un altro passaggio che merita attenzione. I giudici osservano (si veda anche FISCOoggi del 24 ottobre 2007,
Frodi carosello, la buona fede non ferma la giostra) che la prova della legittimità dell’operazione imponibile fornita dal contribuente non può consistere solo nella dimostrazione dell’avvenuto pagamento della fattura, potendo trattarsi di un espediente simulatorio.
Non è la prima volta, la già citata sentenza 15218/2001, conteneva analoghe osservazioni.

 
Baldassarre Gullo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware