I costi bassi giustificano l'operazione off-shore


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I costi bassi giustificano l'operazione off-shore
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 28/04/2006
N° doc. 1472
28 04 2006 - Edizione delle 15:00  
 
Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive

I costi bassi giustificano l'operazione off-shore

Parere n. 4 deliberato il 7 marzo 2006
 
Il parere che segue concerne un quesito sulla deducibilità dei costi derivanti da operazioni commerciali con una società ubicata in un territorio a fiscalità privilegiata, dalla quale l'interpellante acquista prodotti di qualità elevata a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati da analoghi operatori nazionali e internazionali.

La natura del quesito richiede una breve chiosa sulla normativa alla quale è riconducibile la problematica e sulla quale il Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive è legittimato a pronunciarsi, a norma dell'articolo 11, comma 13, della legge n. 413 del 30 dicembre 1991, e nel rispetto della procedura dettata in materia d'interpello dall'articolo 21 della legge da ultimo citata.

L'articolo 110, comma 10, del Tuir prevede l'indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali agevolati, come individuati dal decreto ministeriale 23 gennaio 2002.
Il successivo comma 11 dello stesso articolo 110 prevede che la disposizione di cui al comma 10 non si applica se l'impresa residente fornisca la prova, nel corso del procedimento di accertamento, del prevalente esercizio di un'attività commerciale effettiva da parte della società estera ovvero dell'effettivo proprio interesse economico alle operazioni nonché della loro concreta esecuzione.
Le prove concernenti l'impresa estera e/o l'interesse di quella residente possono essere prodotte in via preventiva dall'impresa residente proponendo interpello ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 11, comma 13, della legge n. 413/91, fermo restando comunque il potere dell'Amministrazione di controllare l'effettività dell'operazione e l'obbligo dell'impresa residente di indicare separatamente in dichiarazione i relativi costi.

Nel rispetto della normativa appena citata l'istante ritiene, dunque, che le spese relative agli acquisti dei beni commercializzati dalla società off-shore siano integralmente deducibili, in quanto essa svolge un'effettiva attività commerciale e le operazioni d'acquisto intercorrenti con tale fornitore rispondono a un effettivo interesse economico.
La dichiarazione resa viene suffragata da taluni elementi che sono riconosciuti dal Comitato come esimenti idonee a disapplicare la disposizione recata dal comma 10 dell'articolo 110 del Tuir.

Relativamente all'esercizio dell'attività commerciale, infatti, l'istante allega l'atto costitutivo e lo statuto sociale del fornitore estero, mentre giustifica la rispondenza a un effettivo interesse economico delle operazioni d'acquisto precisando:
  • che la fornitrice estera garantisce una fornitura a prezzi mediamente inferiori rispetto a quelli praticati da altri fornitori nazionali e internazionali o a quelli che sarebbe necessario sostenere per produrre prodotti simili
  • che la stessa viene fornita solo e unicamente dalla società off-shore (a tal fine, vengono allegate le risposte negative pervenute dalle altre società interpellate) e che, laddove si decidesse di optare per una costruzione interna in economia o di richiedere una fornitura analoga (ma non identica) ad altre società italiane o estere, il costo sostenuto sarebbe nettamente superiore
  • che le teste di connessione fornite dalla società estera presentano un livello qualitativamente superiore rispetto a quello garantito dai fornitori italiani (al fine di comprovare tale circostanza, vengono riportate cinque specifiche tecniche)
  • che il proprio core business non è l'assemblaggio di pezzi e che l'eventuale produzione in proprio delle citate tipologie di teste in acciaio andrebbe a discapito dell'efficienza produttiva e della redditività aziendale; acquistando, invece, dalla società estera, i propri mezzi e il proprio personale non verrebbero distratti dal processo produttivo al quale gli stessi sono ordinariamente destinati.

Gli elementi circostanziali e documentali forniti su richiesta del Comitato conseguono a una preventiva valutazione di inidoneità - resa in prima battuta - della sola dimostrazione (ancorché documentale) del fatto che i corrispettivi praticati all'estero, dal soggetto non residente, in relazione alle forniture di beni (di ciò si tratta, nel caso in esame) eseguite, sono apprezzabilmente inferiori rispetto a quelli che si conseguirebbero ove il soggetto fornitore fosse, invece, nazionale.
Considerando che, per quanto si versi (nell'ambito di questa procedura consultiva) in un quadro di "valutazione preventiva dell'operazione prospettata" dal contribuente, nondimeno il Comitato, infatti, ritenne ragionevole configurare un ben più ampio e apprezzabile ventaglio di evidenze probatorie suscettibili di essere articolate dal medesimo contribuente.

La pronuncia rappresenta una conferma dell'orientamento assunto. Nell'intento di evitare e superare quelle che, altrimenti, risulterebbero mere affermazioni di palmare evidenza (e, dunque, come tali, assolutamente generiche e ovvie, come il fatto che nei Paesi - tutti i paesi - in cui vigono costi irrisori dei fattori produttivi, i prezzi delle unità di prodotto finito sono più bassi di quelli delle medesime unità realizzate, invece, in Paesi nei quali i costi di tali fattori sono più alti), il Comitato, ancora una volta, non solo ribadisce la necessità che il contribuente offra documentalmente il confronto differenziale tra i prezzi di vendita, alla produzione, delle unità di prodotto realizzate nel Paese estero in questione e in Italia, ma soprattutto insiste sull'opportunità che vengano assoggettati ad analisi anche i costi intermedi, di cui si ricaricano progressivamente gli originari prezzi alla produzione all'estero (il trasporto, il deposito e l'assicurazione, ancora a titolo di esempio) e che valgono effettivamente a rappresentare, in ultimo e in un coerente rapporto parametrico, la differenza (ove esistente) tra i prezzi dei prodotti che si intendono acquistare all'estero e quelli che si acquisterebbero in Italia, ove l'operazione (della cui deducibilità dei costi si tratta) non fosse posta in essere.

Solo in questo più appropriato contesto probatorio, dunque, al Comitato è consentito esprimersi nel senso auspicato dall'interpellante in ordine alla "validità delle condizioni economiche" che il contribuente reputa di dedurre, ancorché nell'ambito di una valutazione preventiva dell'operazione prospettata, lasciando, comunque, impregiudicata la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di richiedere successivamente al contribuente la prova che l'operazione in esame abbia avuto concreta esecuzione e di verificare la separata indicazione in dichiarazione dei relativi componenti negativi di reddito.

 
Antonina Giordano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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