I poteri dei funzionari dell'Agenzia delle entrate.


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I poteri dei funzionari dell'Agenzia delle entrate.
Autore: Giovambattista Palumbo - aggiornato il 04/07/2007
N° doc. 3598
04 07 2007 - Edizione delle 15:00  
 
Le indagini fiscali

I poteri dei funzionari dell’Agenzia delle entrate

Disamina delle loro attribuzioni e del rapporto esistente tra attività di polizia tributaria e giudiziaria
 
Premessa
La fonte normativa dei poteri di controllo dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria non è contenuta in un testo organico, dovendosi fare invece riferimento alle singole leggi d’imposta, oltre che alla legge 7 gennaio 1929, n. 4.
Per quanto riguarda in particolare le imposte dirette e l’Iva, le relative attribuzioni sono disciplinate dagli articoli:
  • da 51 a 66 e 75, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, per quanto riguarda l’Iva
  • da 31 a 43 e 70, del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, per quanto riguarda le imposte dirette.

Secondo quanto disposto dagli articoli 51, Dpr n. 633/1972, e 31, Dpr n. 600/1973, gli uffici hanno il potere di controllare le dichiarazioni dei contribuenti e riscuotere i versamenti omessi; accertare e riscuotere le imposte e le maggiori imposte dovute; vigilare sull’osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli obblighi stabiliti dalle singole leggi fiscali; provvedere alla irrogazione delle sanzioni amministrative e alla presentazione del rapporto all’autorità giudiziaria competente nel caso di violazioni costituenti reato.
L’attività di indagine dell’Amministrazione finanziaria si realizza, quindi, tramite l’esercizio di specifici poteri istruttori, capaci di incidere anche su posizioni giuridiche soggettive costituzionalmente rilevanti.

Compiti di polizia tributaria e giudiziaria dei funzionari dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 30 della legge 7 gennaio 1929 dispone che "
L'accertamento delle violazioni delle disposizioni contenute nelle leggi finanziarie, le quali costituiscono reato spetta:
1) agli ufficiali ed agenti di polizia tributaria;
2) agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria ordinaria
".
Nel concetto di polizia tributaria non rientra solo la Guardia di finanza, ma ogni autorità dello Stato investita della cognizione delle violazioni tributarie, penali e amministrative.
Il successivo articolo 31 afferma, infatti, che sono ufficiali di polizia tributaria gli ufficiali e i sottufficiali della Guardia di finanza e agenti di polizia tributaria gli appuntati e i finanzieri del Corpo.
La medesima norma prevede inoltre però che "qualora una legge finanziaria attribuisca l'accertamento di determinati reati a funzionari ed agenti dell'Amministrazione, questi funzionari ed agenti acquistano, nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite dalla legge, la qualità di ufficiali e, rispettivamente agenti della polizia tributaria. A cura dell'Amministrazione dalla quale dipendono, la loro qualità è fatta constare a mezzo di una speciale tessera di riconoscimento".

Peraltro, secondo le disposizioni contenute all’articolo 57 del Codice di procedura penale, si devono considerare ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio a cui sono destinate e secondo le attribuzioni a esse conferite dalle leggi o dai regolamenti, tutte le persone incaricate di ricercare e accertare determinate specie di reati.

Se dunque si rapporta la previsione di cui all’articolo 57 citato, con quella di cui all’articolo 32 della legge n. 4/1929, che prevede l’attribuzione dei poteri di polizia tributaria e giudiziaria alle persone e ai funzionari dell’Amministrazione nei casi in cui sia previsto da leggi o regolamenti, si deve concludere che sussiste anche in capo ai dipendenti dell’Agenzia delle entrate non solo la qualifica di ufficiale e agente di polizia tributaria, ma anche la qualifica di ufficiale e agente di polizia giudiziaria.

Per avere conferma di una tale conclusione basta verificare quali attribuzioni conferiscono al personale civile dell’Amministrazione finanziaria le singole leggi di imposta a cui appunto i citati articoli 57 e 32 fanno rinvio.

L’articolo 35 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 642, che disciplina l’imposta di bollo, prevede, infatti, espressamente che "L'accertamento delle violazioni alle norme del presente decreto, anche se costituenti reato, è demandato ... ai funzionari del Ministero delle finanze e degli uffici da esso dipendenti all'uopo designati e muniti di speciale tessera...".

L’articolo 52 del Dpr n. 633/1972, in materia di Iva, inoltre prevede che i funzionari degli uffici finanziari hanno facoltà di eseguire accessi, ispezioni, verificazioni e ricerche per "l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni".
Se a questo si aggiunge poi che gli articoli 70, del Dpr n. 600/1973, e 75, del Dpr n. 633/1972, fanno rinvio alle norme del Codice penale, del Codice di procedura penale e della legge n. 4/1929, per quanto non espressamente disposto nei decreti medesimi, si deve allora necessariamente concludere che il legislatore ha considerato insita nella nozione di agente e ufficiale di polizia tributaria anche quella di polizia giudiziaria (nei limiti ratione materiae sopra indicati).

Rapporto tra attività di polizia tributaria e giudiziaria
Appurato questo, resta allora da individuare e delineare il rapporto esistente tra attività di polizia tributaria e giudiziaria.
Va rilevato innanzitutto che, qualora la polizia tributaria, nell’esercizio delle sue funzioni amministrative, rilevi la presenza di violazioni costituenti reato, ai sensi dell’articolo 347 del Codice di procedura penale, essa ha comunque l’obbligo di comunicare senza ritardo all’autorità giudiziaria la notizia di reato.

Tra i poteri di carattere amministrativo attribuiti alla polizia tributaria, rientra il potere di accesso.
Esso consiste nella facoltà di entrare in un determinato luogo, pubblico o privato, anche contro la volontà del contribuente, al fine di procedere a ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e a ogni altra rilevazione utile per l’accertamento delle imposte, per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni.
Il potere di accesso è stato disciplinato dall’articolo 35 della legge 7 gennaio 1929, n. 4.
Tale norma dispone che "Per assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, gli uffici o gli agenti della polizia tributaria hanno facoltà di accedere in qualunque ora” (alla luce dello Statuto del contribuente si deve ritenere comunque durante l’orario di apertura) "negli esercizi pubblici e in ogni locale adibito ad un'azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche".

L'articolo 52 del Dpr n. 633/1972 (a cui rinvia anche l’articolo 33 del Dpr n. 600/73) prevede inoltre, quale atto legittimante l’accesso da parte degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria, l’autorizzazione rilasciata dal direttore dell’ufficio (o dal comandante di reparto per la Guardia di finanza).
Qualora l’accesso avvenga in locali adibiti anche ad abitazione, l’articolo 52, comma 1, del Dpr n. 633/1972, prevede la necessità, oltre dell’autorizzazione del capo dell’ufficio, anche dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica.

Oltre all’accesso vero e proprio, gli uffici possono inoltre procedere a effettuare ricerche.
Il termine “ricerca” è utilizzato dall’articolo 35 della legge n. 4/1929, oltre che dall’articolo 52, primo comma, del Dpr n. 633/1972, e indica tutta una serie di atti, anche coattivi, volti al materiale reperimento di scritture, libri contabili e ogni altro documento (anche eventualmente occultati) utili ai fini del controllo.
Secondo le disposizioni dell’articolo 52, le ricerche possono essere svolte nei locali o sulle persone. Qualora, ai fini della ricerca, si renda necessaria l’apertura coattiva di plichi sigillati, borse, casseforti, mobili, eccetera, considerato che, in tal caso, vengono incisi diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà personale e la libertà e segretezza della corrispondenza (articoli 13 e 15 della Costituzione), l’articolo 52, comma 3, prevede che per la legittimità della ricerca sia necessaria l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina (in presenza di esigenze di speditezza e celerità).

Le ricerche possono del resto essere effettuate anche sulle persone e l’articolo 52, comma 3, prevede, anche in questo caso, l’autorizzazione del procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina.

Di grande interesse, infine, è la recente sentenza della Corte suprema n. 9565 del 23 aprile 2007, secondo cui "L'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'accesso domiciliare, prevista, in presenza di gravi indizi di violazioni di norme tributarie, dall'art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di imposta sul valore aggiunto (applicabile anche ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi in forza dell'art. 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), è connotata da un largo margine di discrezionalità nella valutazione - che va effettuata con prudente apprezzamento ex ante - della sussistenza degli indizi. La motivazione - stante l'esigenza di consentire l'acquisizione degli elementi di riscontro della supposta evasione fiscale, evitandone l'occultamento o la distruzione - può essere sintetica ed è sufficiente che sia indicata la nota e l'autorità richiedente l'autorizzazione e che si espliciti che il relativo rilascio trova causa e giustificazione nell'esistenza di gravi indizi di violazione della legge fiscale da parte del legale rappresentante della società. Occorre l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica solo per procedere ad "apertura coattiva" di borse, quindi non è necessaria l'autorizzazione ove l'acquisizione di documenti contenuti in borse sia avvenuta con la collaborazione ed in continua presenza del figlio e della moglie del contribuente e, comunque, senza la manifestazione di alcuna contraria volontà".
Laddove, dunque, sussista il consenso del contribuente, anche per tali tipi di attività non sarà necessario acquisire l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria.

La migliore definizione dei limiti esistenti tra le due diverse funzioni di polizia risale comunque a una ormai remota sentenza della Corte costituzionale.
La Consulta, con sentenza n. 122 del 1974, ha infatti a tal proposito stabilito che "quando gli ufficiali di polizia tributaria operano ai fini della persecuzione dei reati e compiono perquisizioni, essi agiscono come ufficiali di polizia giudiziaria e devono rispettare tutta la normativa relativa alle perquisizioni domiciliari ... Quando invece gli ufficiali ed agenti di polizia tributaria operano per accertare violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie le quali non costituiscono reato, ed a tale scopo effettuano nelle aziende verificazioni e ricerche, essi svolgono funzioni di polizia amministrativa che si risolvono nel potere di controllo e di vigilanza dell'attività privata spettante istituzionalmente alla Pubblica Amministrazione. La mancata previsione, nelle leggi, di garanzie atte ad assicurare che, durante le operazioni previste dall'art. 35 della L. n. 4 del 1929, il contribuente inquisito debba essere assistito dal difensore non può importare violazione dell'art. 24 della Costituzione, perché la garanzia di difesa è limitata al procedimento giurisdizionale, e a quei procedimenti istruttori o preistruttori strettamente connessi e preordinati all'attività amministrativa diretta ad accertare l'adempimento degli obblighi imposti dalla legge".

 
Giovambattista Palumbo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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