Il contribuente 'ammette' il debito tributario con la sua dichiarazione.


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Il contribuente 'ammette' il debito tributario con la sua dichiarazione.
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 03/05/2006
N° doc. 1482
 
03 05 2006 - Edizione delle 13:45  
 
Sentenza n. 2994 del 10 febbraio 2006

Il contribuente "ammette" il debito tributario con la sua dichiarazione

Se il curatore non si oppone, la denuncia annuale è titolo per l'insinuazione al passivo
 
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 2994 del 10 febbraio 2006, ha statuito che l'Amministrazione finanziaria può chiedere e ottenere, per le somme dovute dal contribuente (poi fallito) in base alla dichiarazione Iva e non pagate in sede di autotassazione, l'ammissione al passivo fallimentare, nel caso in cui il curatore non contesti la pretesa tributaria, senza che possa opporsi l'inesistenza di un atto impositivo per la mancata iscrizione a ruolo del credito tributario, atto, invece, necessario ai fini dell'ammissione al passivo degli interessi e della soprattassa.

La motivazione è da ricercarsi nella circostanza che la dichiarazione Iva a debito presentata dal contribuente, se non seguita dall'emanazione di un atto di rettifica dell'Amministrazione finanziaria o da correzione, esaurisce da sola la fattispecie dell'accertamento dell'obbligazione tributaria, costituendo, nell'ipotesi di inadempimento, titolo per la riscossione dell'imposta liquidata sulla scorta dei dati desunti dalla dichiarazione stessa.
L'ufficio è, perciò, autorizzato (a norma dell'articolo 60, comma 6, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633) a emettere avviso di pagamento che, non costituendo avviso di accertamento impugnabile, è titolo per l'insinuazione al passivo fallimentare della somma dovuta a titolo d'imposta in base alla dichiarazione del contribuente.

Per inverso, quando il curatore deduca un fatto modificativo, estintivo o impeditivo della pretesa fiscale, ovverosia ne contesti l'an o il quantum anche sulla base di errori, di fatto o di diritto, commessi dal contribuente nella compilazione della dichiarazione, il credito tributario fondato soltanto sul predetto documento non può essere ammesso nello stato passivo (nemmeno con riserva), per difetto di iscrizione a ruolo e di susseguente notifica della cartella, la cui impugnazione rappresenta l'unico tramite a disposizione dell'organo della procedura per veicolare quelle contestazioni.

Fallimento e Fisco
L'apertura di una procedura concorsuale ha quale presupposto sostanziale una situazione d'insolvenza dell'imprenditore che si trovi impossibilitato a far fronte, regolarmente e puntualmente, alle sue obbligazioni. La caratteristica della procedura è quella di avere portata generale, ovvero di essere prevista a tutela degli interessi di tutti i creditori del soggetto insolvente. La procedura fallimentare presenta, infatti, le seguenti caratteristiche:
  • investe tutto il patrimonio del fallito (cosiddetta "universalità del fallimento"), il quale viene a essere privato della disponibilità e dell'amministrazione del medesimo, che vengono affidate a un organo (il curatore fallimentare) ausiliario di giustizia
  • si svolge nell'interesse di tutti i creditori del fallito che, per vedere soddisfatte le proprie pretese, devono presentare apposita domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento
  • si svolge d'ufficio, nel senso che, a partire dal momento della dichiarazione di fallimento, tutti gli atti sono compiuti d'ufficio.

La procedura è predisposta al fine principale di assicurare la parità di tutti coloro che concorrono al fallimento, prevedendo che tutti i creditori insinuatisi nello stato passivo della procedura vengano soddisfatti secondo un ordine normativamente stabilito (articolo 111 del regio decreto n. 267 del 1942).
L'Amministrazione finanziaria, in quanto creditrice nei confronti del soggetto fallito per carichi pendenti antecedenti il fallimento, ha diritto (alla stregua degli altri creditori) a insinuarsi al passivo, nella speranza di poter essere soddisfatta nel rispetto degli eventuali privilegi concessi alla categoria dei"crediti tributari".

Secondo la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 42/E del 4 ottobre 2004, "Nell'attuale sistema normativo, con l'avvio della procedura fallimentare i beni dell'impresa vengono vincolati al soddisfacimento delle ragioni dei creditori e, di conseguenza, il curatore subentra all'imprenditore dichiarato fallito nella conduzione dell'impresa. Con la sentenza dichiarativa di fallimento, si realizza, più precisamente, una sorta di cristallizzazione del patrimonio aziendale il quale diviene insensibile all'operato del suo effettivo titolare. Il soggetto dichiarato fallito perde, tuttavia, esclusivamente la disponibilità del proprio patrimonio (che viene acquisita dall'ufficio fallimentare), non anche la titolarità sui propri beni (principio, quest'ultimo, da tempo recepito dalla giurisprudenza di legittimità, sin dalla pronuncia della Cass. Civ, 13 luglio 1957, N° 2847). La stessa formulazione letterale delle disposizioni relative ai poteri del curatore conferma che l'apertura del fallimento non provoca il trasferimento della proprietà dei beni avocati alla relativa procedura. Qualora, infatti, si verificasse il trasferimento in capo alla curatela della proprietà della massa dei beni costituenti l'attivo fallimentare, perderebbe di significato la previsione che specifica il trapasso agli organi della procedura della facoltà di detenzione e dell'amministrazione degli stessi beni, necessariamente comprese nei diritti del proprietario. Per altro aspetto, deve ritenersi, in conformità con l'indirizzo della giurisprudenza prevalente (cfr., ex multis, Cass. Civ., 7 luglio 1981, n. 4434), che alla sentenza dichiarativa di fallimento non consegue l'incapacità di agire, né la perdita della capacità imprenditoriale del fallito: assoggettata al fallimento non è la persona fisica o giuridica, bensì l'impresa".

Il credito Irap, benché non espressamente richiamato dall'articolo 2752 del Codice civile, deve ritenersi assistito da privilegio. Sulla base delle considerazioni sopra esposte, i concessionari della riscossione devono richiedere l'ammissione al passivo del credito Irap iscritto a ruolo, in via privilegiata, ai sensi dell'articolo 2752 c.c. e, laddove tale collocazione non venga riconosciuta, dovrà essere proposta opposizione ai sensi dell'articolo 98 del regio decreto n. 267 del 1942, ovvero dovrà insistersi nella richiesta nel caso che la contestazione avvenga in sede di insinuazione tardiva ai sensi dell'articolo101 del regio decreto 267/1942 (risoluzione n. 41 /E del 5 aprile 2005).

Il credito per tributi, anche se indiretti (ad esempio, Iva), va ammesso al passivo, quando per esso pende contestazione avanti al giudice tributario, con riserva all'esito della definizione di tale giudizio; ciò pure se la Commissione tributaria si sia espressa in senso sfavorevole all'Amministrazione finanziaria. Siffatto principio si applica anche nel caso di insinuazione ex articolo 101 della legge fallimentare.
I crediti relativi a tributi per i quali sono insorte contestazioni pendenti innanzi alle commissioni tributarie, debbono essere ammessi al passivo della procedura fallimentare con riserva, da sciogliersi dopo la decisione della controversia tributaria, senza la necessaria sospensione del giudizio innanzi al tribunale fallimentare (Cassazione, n. 7485 del 24/8/1994; Cassazione, n. 7579 del 16/8/1996).

In caso di contestazione delle somme iscritte a ruolo, ai sensi dell'articolo 88 del Dpr 602/1973, il credito viene ammesso con riserva in attesa dell'inutile decorso dei termini di impugnazione del ruolo o, in caso di impugnazione, in attesa dell'estinzione del giudizio per decisione irrevocabile del giudice compente o per altra causa.
Nella nozione di ammissione con riserva, rientra il credito fiscale contestato presso le commissioni tributarie (Cassazione n. 1230/93). L'esistenza di un processo tributario, in cui sia contestato il credito dell'Amministrazione finanziaria, non comporta la necessaria sospensione del processo ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in quanto è possibile, alternativamente, l'ammissione del credito con riserva nella massa fallimentare (Cassazione, sentenza n. 23001 del 9/12/2004).

Tra gli effetti della chiusura del fallimento non è compresa la liberazione del fallito dalle obbligazioni non fatte valere o non soddisfatte nel corso della procedura fallimentare e, pertanto, ai sensi dell'articolo 120 della legge fallimentare, i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore tornato in bonis per la parte non soddisfatta dei loro crediti, sia per capitale che per interessi. Ne consegue che l'Amministrazione finanziaria può azionare il proprio credito tributario nei confronti del contribuente tornato in bonis (salvo che non ne sia decaduta ex articolo 94 legge fallimentare), senza che - di per sé - la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del curatore (e del fallito) possa aver comportato l'onere per l'Amministrazione di insinuarsi nel passivo del fallimento (Cassazione, sezione V, sentenza n. 7563 del 15/5/2003).

Nella circolare n. 42/E del 4 ottobre 2004, è previsto che il valore dei beni che risultano dal residuo attivo, da restituire al soggetto tornato operativo, assumeranno gli stessi valori fiscali dell'epoca del dissesto, senza l'emersione di plusvalenze imponibili. Quando la procedura si sia chiusa senza alcuna attività liquidatoria da parte del curatore, ad esempio per assenza di domande di insinuazione, non può nemmeno configurarsi la nozione di residuo attivo, con conseguente intassabilità anche in capo alla procedura. Nel caso di ritorno in bonis dell'imprenditore fallito, le perdite pregresse possono essere utilizzate in compensazione degli eventuali redditi della nuova impresa esercitata.

Si rammenta, infine, che il decreto legislativo n. 5/2006, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 13 della Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2006, contiene la riforma organica delle discipline concorsuali. Esso è composto da 153 articoli, che entreranno in vigore il 16 luglio prossimo, a eccezione di cinque particolari disposizioni, già valide al momento della pubblicazione, contenute negli articoli 45, 46, 47, 151 e 152.

 
Angelo Buscema

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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