Il contribuente 'dichiara' l'ufficio competente


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Il contribuente 'dichiara' l'ufficio competente
Autore: Francesca La Face - aggiornato il 19/04/2006
N° doc. 1447
19 04 2006 - Edizione delle 13:30  
 
Sentenza n. 5358 del 10 marzo 2006

Il contribuente "dichiara" l'ufficio competente

Non invocabile l'errata indicazione, nella denuncia dei redditi, del domicilio fiscale
 
Il fatto
Una società a responsabilità limitata, cui era stato notificato un avviso di accertamento in rettifica del reddito dichiarato, proponeva ricorso in Commissione tributaria provinciale eccependo l'incompetenza territoriale dell'ufficio accertatore, in quanto ubicato in una circoscrizione diversa da quella in cui si trovava la sede legale, la nullità dell'avviso di accertamento, per difetto di motivazione e, infine, l'eccessiva percentuale di ricarico applicata.
La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

Il contribuente interponeva appello e la Commissione tributaria regionale confermava la sentenza di primo grado, ritenendo sufficientemente motivato l'avviso di accertamento (la redditività media attribuita - 20 per cento dei ricavi - era congrua in relazione agli studi di settore) e, soprattutto, rilevando che la competenza territoriale dell'ufficio trovava riscontro sia nelle indicazioni fornite dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, che nella mancata risposta al questionario notificato al liquidatore, con cui l'ufficio aveva chiesto copia del verbale del trasferimento della sede legale della società.
Più specificatamente, i giudici di appello affermavano che era stata la stessa Srl ad avere indicato, nella dichiarazione dei redditi (modello 760), il nuovo domicilio fiscale (in un comune facente parte della circoscrizione di cui era competente territorialmente l'ufficio che aveva notificato l'avviso di accertamento) e a contrassegnare, altresì, le apposite caselle, indicandone il mese e l'anno in cui si era verificata detta variazione.

Ricorre per cassazione la società contribuente, deducendo di avere erroneamente indicato il nuovo domicilio fiscale nella dichiarazione dei redditi e lamentando la mancata indicazione, nell'avviso di accertamento, delle fonti alle quali l'ufficio aveva fatto riferimento per determinare la redditività media di settore.

Il giudizio della Corte
La Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso presentato dalla società ricorrente, osservando che la variazione del domicilio fiscale comunicata con la dichiarazione dei redditi è un atto idoneo a rendere lo stesso noto all'ufficio.
Per la Corte, invero, la disciplina prevista dall'articolo 60, lettera d), del Dpr 600/73, secondo cui "è in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano ... in tal caso l'elezione del domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale...", deve valere anche con riferimento alla fattispecie in esame.

In buona sostanza, quando risulti dalla dichiarazione dei redditi che la sede legale della società è variata rispetto a quella indicata nella dichiarazione del precedente periodo d'imposta e sono stati indicati, nelle apposite caselle, il mese e l'anno di variazione, la competenza territoriale spetta all'ufficio nella cui circoscrizione si trova il nuovo domicilio fiscale del soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione.
Lo ius variandi, aggiungono i giudici di legittimità, "va esercitato in buona fede nel rispetto del principio dell'affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario".
Di conseguenza, "il contribuente che abbia, maliziosamente o meno, indicato nella propria denuncia dei redditi il domicilio fiscale in un comune diverso, non può invocare detta difformità sfruttando a proprio vantaggio anche un suo eventuale errore al fine di eccepire, sotto il profilo dell'incompetenza per territorio, l'invalidità dell'atto di accertamento compiuto dall'ufficio finanziario del domicilio da lui stesso dichiarato".

Infine, anche questo principio è da rimarcare, la Suprema corte conclude considerando priva di pregio l'eccezione posta dalla società ricorrente in ordine al difetto di motivazione, precisando, oltre a giudicare "puntuale e analitico" il lavoro della Commissione tributaria regionale, che "chi si duole di carenze o lacune giuridiche nella disamina compiuta dal giudice di merito, non può limitarsi a svolgere censure apodittiche di erroneità e/o inadeguatezza, ovvero di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, prendendo in considerazione emergenze istruttorie suscettibili di diverse valutazioni e traendone semplicemente conclusioni contrarie a quelle sulle quali è pervenuto il giudice a quo, ma deve sottoporre a revisione critica gli elementi asseritamene in contrasto con i principi di legge che regolano la fattispecie".
 
Francesca La Face

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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