Il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero (1).


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Il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero (1).
Autore: Domenico Bitonti - aggiornato il 20/06/2007
N° doc. 3526
20 06 2007 - Edizione delle 15:00  
 
Effetti del worldwide principle

Il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero (1)

Il vecchio e il nuovo sistema a confronto: l'incidenza delle perdite pregresse
 
La crescente internazionalizzazione delle imprese e l'apertura del mercati del lavoro stranieri provocano un sempre maggiore interesse verso metodologie normative volte all'eliminazione o, per lo meno, all'attenuazione della doppia imposizione giuridica(1) internazionale.
Nell'ambito dei meccanismi suggeriti dall'articolo 23 del modello Ocse(2), il legislatore italiano ha adottato il sistema del credito di imposta per i redditi prodotti all'estero (cosiddetto foreign tax credit), introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento per effetto degli articoli 2 e 3 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, di delega al Governo per la riforma tributaria, quale effetto del passaggio da un sistema di tassazione su base territoriale a un sistema di tassazione del reddito mondiale (worldwide principle).

Oggetto di successive riforme, la normativa del credito di imposta è oggi contenuta, per effetto del Dlgs 12 dicembre 2003, n. 344, di riforma dell'Ires, nell'articolo 165 del Tuir, a sua volta rivisitato dal "correttivo Ires" sia per ragioni di coordinamento con la disciplina del consolidato mondiale (a decorrere dal 2005) che per questioni sistematiche, relativamente al riconoscimento del credito di imposta ai soci delle società di persone (con decorrenza retroattiva 2004).
La nuova norma non è più inserita tra le disposizioni generali in materia di tassazione delle persone fisiche (come il previgente articolo 19), bensì è collocata all'interno del Titolo dedicato alle disposizioni comuni, talché essa è rivolta a tutti i soggetti, sia persone fisiche che soggetti societari. Tale impostazione va oltre la previsione della legge delega, ove la riformulazione della normativa è contemplata solo per i soggetti Ires. Occorre però riconoscere che, se talune novità introdotte con l'articolo 165 citato riguardano sicuramente la generalità dei contribuenti, le modifiche che effettivamente rispondono agli specifici criteri di delega, di fatto, riguardano principalmente i soggetti societari.

La determinazione del credito di imposta
Ai sensi del comma 1 dell'articolo 165 del Tuir, "se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione".
Il criterio di calcolo introdotto dal legislatore può essere, schematicamente, riassunto nella seguente formula:

Credito di imposta =
[Reddito estero / Reddito complessivo (al netto delle perdite pregresse)] X Imposta Italiana

- Il reddito prodotto all'estero
Al numeratore del rapporto contenuto nella formula per il calcolo del credito di imposta deve essere indicato il "reddito estero", per l'individuazione del quale occorre fare riferimento al secondo comma della norma in commento, che ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, un criterio di reciprocità identificativo dei redditi prodotti all'estero, mediante una lettura "a specchio" del nuovo articolo 23 del Tuir, il quale individua i redditi prodotti nel territorio dello Stato da soggetti ivi non residenti.

Ne consegue che si devono considerare prodotti all'estero:
  • i redditi fondiari derivanti da terreni e fabbricati situati all'estero
  • i redditi di capitale corrisposti da Stati esteri o da soggetti non residenti
  • i redditi di lavoro dipendente prestato all'estero
  • i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate all'estero
  • i redditi d'impresa derivanti da attività svolte da stabili organizzazioni all'estero di soggetti residenti
  • le plusvalenze conseguite per effetto della cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società non residenti
  • i redditi diversi derivanti da attività svolte all'estero e di beni che si trovano all'estero.

Il criterio fornito dal legislatore, già sostenuto ante riforma da una parte della dottrina, se da un lato ha definito i confini del reddito prodotto all'estero, dall'altro lato si antepone a quella "elasticità" che caratterizzava il precedente sistema normativo.
Il previgente articolo 15 del Tuir, infatti, non fornendo una precisa identificazione della categoria dei "redditi prodotti all'estero", consentiva interpretazioni estensive che ampliavano le ipotesi di redditi che potevano fruire del credito di imposta(3).

Come osservato da alcuni autori, la nuova formulazione potrebbe produrre effetti penalizzanti nei confronti di taluni contribuenti. Dovendosi, infatti, fare riferimento ai criteri di territorialità adottati dalla legislazione italiana, il credito di imposta sarà escluso allorquando il reddito sia considerato prodotto nello Stato estero esclusivamente dal punto di vista dell'ordinamento di quest'ultimo. Si pensi, ad esempio, alla società italiana che si vedesse assoggettata a prelievo in una giurisdizione straniera in ragione di più estesi criteri di territorialità rispetto a quelli previsti dalla norma italiana con riguardo ai soggetti non residenti.
Tali distorsioni, tuttavia, non sembrerebbero sussistere nelle ipotesi di imposte pagate in Paesi con cui l'Italia ha stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni(4), dal momento che tali trattati, in genere, prescindono dalla nozione di reddito prodotto all'estero.
Una particolare modalità di calcolo del credito di imposta è prevista nel caso sussistano in capo al medesimo contribuente diversi redditi prodotti in più Stati esteri. Tale fattispecie sarà oggetto di specifica trattazione più avanti.

- Il reddito estero parzialmente tassato
Nell'ipotesi di redditi prodotti all'estero che concorrono solo "parzialmente" alla base imponibile italiana, è stato introdotto, con la riforma del 2003, il comma 10 dell'articolo 165 del Tuir, in virtù del quale la relativa imposta estera deve essere accreditata in misura proporzionale alla concorrenza dei detti proventi alla formazione del reddito complessivo(5) (ad esempio, dividendi distribuiti da società figlie extra Ue, imponibili in Italia nel limite del 5 per cento del loro ammontare). La novità introdotta dal legislatore ha sposato l'orientamento dell'Amministrazione finanziaria, che aveva più volte ribadito(6) l'impossibilità di scomputare dall'imposta italiana le imposte assolte all'estero corrispondenti alla parte di reddito esclusa da imposizione in Italia. Da ultimo, l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 25/2004, ha nuovamente chiarito che "nel caso in cui il reddito prodotto all'estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera deve essere ridotta in misura corrispondente, ad esempio, quando una società residente riceve dividendi esteri, imponibili in Italia per il 5 per cento ai sensi dell'art. 89, per il calcolo del credito sulle ritenute subite in un paese estero".

- L'imposta italiana
Nel sistema vigente ante riforma, la determinazione del credito avveniva prendendo in considerazione un'imposta italiana non corrispondente a quella esposta in dichiarazione, bensì "virtuale", da calcolarsi cioè sul reddito complessivo senza tenere conto delle perdite pregresse. Il fine perseguito da tale sistema era quello di evitare che la presenza di precedenti perdite fiscali potesse determinare un azzeramento dell'imposta dovuta in Italia e del credito di imposta fruibile.
Il nuovo meccanismo introdotto con l'articolo 165 richiede di porre al denominatore del rapporto fissato dal primo comma il reddito complessivo al netto delle perdite pregresse e, quindi, per il suo ammontare effettivo.
Il nuovo sistema porta generalmente al medesimo risultato del precedente, salvo che nell'ipotesi in cui l'entità delle perdite pregresse diminuisca in modo significativo il reddito complessivo o lo renda addirittura nullo, nel qual caso non spetterebbe alcun credito per imposte assolte all'estero.
Un esempio chiarirà meglio il sistema delineato dalla citata norma e le differenze rispetto al previgente sistema, fissato dall'articolo 15 del Tuir.



- Sistema ante riforma:
Imposta "virtuale" = 3.500 x 33% = 1.155
Credito di imposta = (2.000/3.500) x 1.155 = 660

- Sistema post riforma:
Credito di imposta = (2.000/2.000) x 660 = 660

Come si può notare, nel caso in cui il reddito complessivo è superiore alle perdite fiscali pregresse, l'adozione del nuovo sistema rispetto a quello previgente non comporta alcuna differenza.



- Sistema ante riforma:
Imposta "virtuale" = 3.500 x 33% = 1.155
Credito di imposta = (1.000/3.500) x 1.155 = 330

- Sistema post riforma:
Credito di imposta = (1.000/0) x 0 = 0

Gli effetti della riforma, in questa seconda ipotesi, sono evidenti: mentre il contribuente prima della riforma del 2004, poteva comunque maturare un credito di imposta, ora il suo credito di imposta è pari a zero.

1 - continua. La seconda puntata sarà pubblicata giovedì 21

NOTE:
1) Occorre distinguere il fenomeno della doppia imposizione "giuridica" da quella "economica". Mentre il primo fenomeno si manifesta nella duplice tassazione di uno stesso reddito, in capo al medesimo soggetto, sia nello Stato della fonte che in quello di residenza, la doppia imposizione economica si verifica ogni qual volta il medesimo reddito viene tassato due volte in capo a soggetti diversi (ad esempio, società e socio).

2) Il criterio del credito di imposta si pone in alternativa a quello dell'"esenzione", il quale esclude dalla base imponibile i redditi prodotti all'estero.

3) Si pensi, ad esempio, alla nota del 21 aprile 1983, n. 9/2540, con la quale l'Amministrazione finanziaria riconosceva il diritto al credito d'imposta connesso al pagamento della taxe forfaitaire algerina.

4) In merito alle "Convenzioni contro le doppie imposizioni" stipulate tra due Stati, si sottolinea che non viene meno il meccanismo del credito d'imposta, ma la tassazione alla fonte viene in genere ridotta rispetto a quella ordinaria.

5) Al riguardo si segnala che, ai sensi dell'articolo 36, comma 30, Dl 4 luglio 2006, n. 223, le disposizioni contenute nel comma 10 citato devono intendersi riferite anche ai crediti di imposta relativi ai redditi di lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa per un periodo superiore ai 183 giorni, di cui all'articolo 51, comma 8-bis, del Tuir.

6) Vedasi circolare del 4 ottobre 1984, n. 33/E; istruzioni al modello Unico - Società di capitali; direzione regionale dell'Emilia Romagna, risoluzione del 28 maggio 1996, n. 24658.

 
Domenico Bitonti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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