Il dividend washing (3).


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Il dividend washing (3).
Autore: Michele Andriola - aggiornato il 19/12/2005
N° doc. 1081
 
19 12 2005 - Edizione delle 15:00  
 
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Il dividend washing (3)

Il quadro sistematico di riferimento nell'Ires alla luce del Dlgs 344 del 2003
 
Lasciato alle spalle l'imputation system e approdati all'exemption system caratterizzante l'Ires, il problema degli arbitraggi fiscali tra dividendi e plusvalenze, pur rimanendo sostanzialmente invariato, ha assunto connotazioni tecniche radicalmente differenti rispetto a quelle assunte in vigenza dell'Irpeg.
Ancora una volta, così come era avvenuto in vigenza dell'Irpeg, nonostante la previsione nell'articolo 109, comma 8, del Tuir, di un nuovo principio generale secondo cui "in deroga al comma 5 non è deducibile il costo sostenuto per l'acquisto del diritto d'usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell'articolo 89", il Dlgs n. 344 del 2003, attuativo della legge-delega n. 80 del 2003, non ha scongiurato la convenienza che i contribuenti trovano a porre in essere tecniche di dividend washing, finalizzate al conseguimento di risparmi d'imposta e attuabili con modalità differenti dalla cessione del diritto d'usufrutto su partecipazioni o altro diritto analogo.
E ancora una volta, così come era avvenuto in vigenza dell'Irpeg, la ragione di quanto appena affermato va ricercata nel presupposto strutturale su cui poggia l'Ires e cioè il metodo dell'esenzione (o exemption system), il quale - così come configurato nel citato Dlgs n. 344 - non garantendo il parallelismo tra regime impositivo dei dividendi e quello delle plusvalenze/minusvalenze, non è idoneo a scongiurare risparmi d'imposta.

Postulato del discorso che andremo a svolgere è che, con il metodo dell'esenzione, il baricentro della tassazione a titolo definitivo degli utili societari è posto in capo alla società produttrice e non più in capo ai soci, come avveniva in vigenza dell'Irpeg, anche se va rilevato che l'operare degli istituti giuridici del consolidato nazionale e della trasparenza delle società di capitali è suscettibile di mettere in discussione tale postulato.
Comunque, ai fini del nostro discorso, il postulato rimane valido, in quanto l'operare dei predetti istituti non inficia il funzionamento delle due fondamentali basi strutturali su cui poggia il metodo dell'esenzione: l'esenzione da imposizione (totale o parziale) delle plusvalenze/minusvalenze su partecipazioni e l'esclusione (quasi totale o parziale) da imposizione dei dividendi incassati.

Dichiarata finalità del legislatore rimane sempre l'attenuazione della doppia imposizione economica che i dividendi subiscono: la prima volta in capo alla società che produce gli utili e la seconda volta in capo al socio che percepisce i dividendi.
Adesso, però, la partita con l'erario è chiusa in capo alla società partecipata che produce gli utili e non in capo al socio, beneficiando lo stesso dell'esclusione da imposizione dei dividendi percepiti (in misura quasi totale o in parte). L'Ires assolta dalla società assurge, così, a vera e propria imposta assolta a titolo definitivo al momento della produzione degli utili (6).

Tuttavia, nonostante sia i dividendi sia le plusvalenze non siano più imponibili (in tutto o in parte) in capo ai soggetti rispettivamente percettori e realizzatori e, specularmente, le minusvalenze realizzate sulle partecipazioni non siano deducibili (in tutto o in parte), nella logica strutturale sottostante all'Ires, mentre i dividendi sono incondizionatamente esclusi (in misura quasi totale o in parte) da imposizione, le plusvalenze (e le minusvalenze) sono esenti (indeducibili) solo al ricorrere dei requisiti caratterizzanti la participation exemption (pex).
Tali requisiti rispondono a una triplice logica:
  1. la prima è l'esclusione dal regime della pex delle cosiddette operazioni di trading
  2. la seconda è l'esclusione dal regime della pex delle società immobiliari di mero godimento
  3. la terza è l'esclusione dal regime della pex delle società ubicate in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

Tale fondamentale circostanza - come messo in evidenza da autorevole dottrina, ancor prima dell'entrata in vigore del Dlgs n. 344 del 2003(7) - è suscettibile di generare un "doppio regime di circolazione delle partecipazioni", foriero di utilizzi strumentali da parte dei contribuenti, non da ultimo con la tecnica del dividend washing.
E', infatti, evidente che - in una logica di pianificazione fiscale volta a minimizzare il carico impositivo - i contribuenti sono portati a incassare dividendi esclusi da imposizione, a realizzare plusvalenze esenti e a realizzare minusvalenze fiscalmente deducibili.
A tal fine, è sufficiente:

  • nel caso dei dividendi, non fare nulla in quanto gli stessi - come si è detto - sono incondizionatamente esclusi da imposizione (in misura quasi totale o in parte)(8)
  • nel caso delle plusvalenze, avere tutti i requisiti per poter beneficiare della pex o passare da regimi esentativi esteri
  • nel caso delle minusvalenze, non avere anche uno dei requisiti per poter beneficiare della pex.

Ebbene, proprio le classiche tecniche di dividend washing risultano all'uopo utilizzabili, in quanto si fondano sull'interrelazione tra regime impositivo delle plusvalenze/minusvalenze e regime impositivo dei dividendi.

Ciò premesso, ritorniamo al nostro semplice caso ed esaminiamolo alla luce dei predetti principi strutturali dell'Ires.
Come si ricorderà, due società Alfa e Beta costituiscono la società Omega, conferendovi denaro per 5.000 ciascuno e ricevendo ciascuno in cambio il 50 per cento delle quote sociali; alla fine del primo esercizio sociale, la società chiude in pareggio e alla fine del secondo esercizio sociale produce utili lordi per 1.000 e versa imposte sui redditi per 300 (Ires assunta, per semplicità, con aliquota al 30 per cento); l'assemblea dei soci della società Omega delibera la distribuzione di dividendi per 700, di cui 350 di spettanza del socio Beta. Si assume, per semplicità, l'assenza di obbligo di destinazione a riserva legale degli utili prodotti.
Ebbene, se Beta dovesse cedere a Gamma la sua quota di partecipazione nella società Omega al valore di 5.350, realizzando in tal modo una plusvalenza pari a 350, la stessa avrà in ogni caso convenienza a farlo qualora benefici della pex.
In tal modo, Beta si mette nelle condizioni di usufruire del risparmio d'imposta conseguibile da Gamma.

Invero, il risparmio d'imposta discendente dalle tecniche di dividend washing "versione Ires" si verifica in capo a Gamma, di cui Beta può beneficiare a seguito di traslazione dei vantaggi finanziari nel prezzo di retrocessione stipulato con Gamma.
Vediamone le modalità.
Gamma incassa il dividendo di 350 e stipula con Beta la retrocessione delle partecipazioni al valore di 5.000; il prezzo di retrocessione di 5.000 discende dal fatto che - a parità di condizioni - il valore delle partecipazioni risulta diminuito per 350. Gamma sopporta, perciò, una minusvalenza pari a 350.
Ebbene, dal punto di vista finanziario l'operazione di dividend washing si conclude per Beta con un arricchimento di 350 (5.350 di prezzo di vendita - 5.000 di prezzo di retrocessione) e per Gamma senza arricchimento né impoverimento; infatti, da un lato, Gamma corrisponde a Beta il prezzo di acquisto di 5.350 e, dall'altro lato, incassa 350 di dividendi e 5.000 di prezzo di retrocessione delle partecipazioni a Beta.
Tuttavia, dal punto di vista tributario, l'operazione si conclude per Beta senza alcun carico impositivo sull'arricchimento di 350 conseguito, dal momento che lo stessa beneficia della pex, e per Gamma con un risparmio d'imposta, spendibile con le solite modalità, pari alla differenza tra minusvalenza per intero fiscalmente deducibile e quota parte del dividendo incassato imponibile(9).
La minusvalenza è deducibile proprio perché la tecnica del dividend washing si configura come un'operazione di trading, fuori dal regime della pex.

Qualora Beta voglia beneficiare per intero del risparmio d'imposta conseguito da Gamma, in sede di retrocessione delle partecipazioni dovrà corrispondere un prezzo pari a 4.857,50, derivante dalla differenza tra prezzo di vendita (5.350) - dividendo incassato da Gamma (350) - risparmio d'imposta conseguibile da Gamma, tale da poter essere per intero traslato su Beta (142,50)(10).
In tal modo, sul versante finanziario, Beta si arricchisce per 492,50 (5.350 di prezzo di vendita - 4.857,50 di prezzo di retrocessione) e Gamma, momentaneamente impoveritosi per 142,50 (5.350 di prezzo di acquisto - 350 di dividendi incassati - 48.57,50 di prezzo di retrocessione), beneficerà del risparmio d'imposta di pari ammontare.
Tuttavia, dal punto di vista tributario, l'operazione si conclude per Beta senza alcun carico impositivo sull'arricchimento di 492,50 conseguito, dal momento che lo stesso beneficia della pex, e per Gamma con un risparmio d'imposta, spendibile con le solite modalità, pari alla differenza tra minusvalenza per intero fiscalmente deducibile e quota parte del dividendo incassato imponibile(11).
In sintesi, sugli utili di spettanza di Beta pari a 350, l'erario, pur incamerando dalla società Gamma la relativa Ires assunta pari a 150, si vede sottrarre dal socio Gamma nel primo caso gettito per 99,75 e nel secondo caso gettito per 142,50.
E' evidente che, se ci si mette dall'esclusivo angolo di visuale tributario, la soluzione più conveniente è quella di realizzare una minusvalenza di ammontare quanto più alto possibile, in modo da realizzare un conseguente risparmio d'imposta quanto più alto possibile, ferma restando la soglia dettata dalla ripartizione del risparmio d'imposta conseguente all'effettuazione di un'operazione di dividend washing.

Alla luce di quanto finora rilevato, si può concludere che, nonostante con l'Ires sia venuta meno quell'opacità che caratterizzava l'Irpeg, rimane il fondamentale limite dell'inidoneità a fronteggiare arbitraggi fiscali tra dividendi e plusvalenze posti in essere dai contribuenti ricorrendo a tecniche di dividend washing.
Come sottolineato in altra sede(12), per fronteggiare tecniche di dividend washing potrebbe farsi ricorso alla disposizione antielusiva tendenzialmente generale di cui all'articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973, assumendo come divieto aggirato quello posto dal principio generale racchiuso nel menzionato articolo 109, comma 8, del Tuir. Il che dovrebbe valere - in virtù dell'articolo 5-quinquies del decreto legge n. 203 del 2005 appena convertito in legge - fino a tutto il 31 dicembre 2005.
A tal fine, occorre sottolineare che conditio sine qua non è che il socio della società che abbia in distribuzione dividendi usufruisca della pex o di miti regimi impositivi sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni (ivi comprese eventuali rivalutazioni delle stesse) ovvero sia residente all'estero. E ciò in quanto, qualora la plusvalenza realizzata dal socio (nel nostro caso Beta), sia assoggettata al regime ordinario di imposizione ex articolo 86 del Tuir, non potrà configurarsi un fenomeno di dividend washing motivato da ragioni di arbitraggio fiscale tra dividendi e plusvalenze.


3 - continua. La quarta puntata su FISCOoggi di mercoledì 21; le prime due sono state pubblicate il 13 e il 15 dicembre


NOTE:
(6) Per meglio comprendere quanto finora affermato, si consideri il seguente caso:
- la società X produce utili lordi (che assumiamo pari al reddito imponibile) per: 1000
- la stessa subisce un'imposizione ai fini Ires con aliquota al 33% per: 330
- gli utili netti distribuibili ammonteranno perciò alla differenza tra 1.000 e 330: 670
Si supponga, ora, che la società X distribuisca gli utili netti pari a 670 a un unico socio persona fisica, che non possieda altri redditi imponibili né detrazioni e deduzioni.
- Il socio determina un reddito complessivo lordo pari al 40% di 670: 268
- Su tale reddito applica l'Irpef con aliquota media del 33%, sopportando un carico impositivo di: 88,44
- L'Irpef dovuta sarà, perciò, pari a: 88,44
Come può notarsi, il soggetto passivo che, a titolo definitivo, risulta aver assolto le imposte sui redditi prodotti dalla società X è la medesima società. Il socio è stato colpito da doppia imposizione economica, dovendo versare un'ulteriore imposta pari a 88,44, nonostante la sua aliquota media è risultata identica a quella della società.
Viceversa, se il dividendo fosse stato percepito da un socio-soggetto passivo Ires, il reddito imponibile sarebbe stato pari a 33,50 (5% di 670) e il carico impositivo pari a 11,05.
Si rilevi che qualora l'aliquota media Irpef del socio fosse stata inferiore al 33%, lo stesso sarebbe stato assoggettato a un minore carico impositivo.

(7) Ci si riferisce a R. LUPI, Plusvalenze da realizzo delle partecipazioni: la discriminazione tra partecipazioni immobilizzate e "disponibili", in AA.VV., Le novità della riforma fiscale, Milano, Il Sole 24 Ore, 2002, pagg. 140. L'autore è poi ritornato sulla problematicità della questione anche in ulteriori suoi interventi: Id., Ulteriori considerazioni in materia di dividendi e plusvalenze, in AA.VV., La tassazione delle società nella riforma fiscale. Linee strutturali e riflessi applicativi, Milano, Il Sole 24 Ore, 2003, pagg. 138-141; Id., L'impianto generale dell'IRES (imposta sul reddito delle società), in Quaderni, rivista trimestrale del ministero dell'Economia e delle Finanze, 2004, n. 1, pagg. 14-15 e, da ultimo, Id., Il doppio regime di circolazione delle partecipazioni: punizione o ghiotta tentazione?, in Dialoghi di diritto tributario, 2003, n. 3, pagg. 421-425.

(8) Per eliminare la residua imponibilità del 5% dell'ammontare dei dividendi, giustificata da ragioni di copertura forfetaria dei costi di gestione delle partecipazioni, occorre fare qualcosa, cioè optare per il consolidato nazionale.

(9) Il risparmio d'imposta conseguito da Gamma sarà esattamente pari a 99,75 [(5% di 350 di dividendi imponibili - 350 di minusvalenza deducibile) x 30% di Ires].

(10) Per calcolare il risparmio d'imposta conseguibile da Gamma tale da poter essere per intero traslato su Beta nel prezzo di retrocessione delle partecipazioni, occorre risolvere la seguente equazione, dopo aver posto che il prezzo di retrocessione sarà pari al prezzo di acquisto - dividendo incassato - risparmio d'imposta conseguibile da Gamma, e cioè 5.350 - 350 - y.
Il risparmio d'imposta conseguibile da Gamma y = [dividendo incassato x 0,05 - minusvalenza deducibile (pari al dividendo incassato + risparmio d'imposta conseguibile)] x aliquota Ires.
Nel nostro caso, avremo che il risparmio d'imposta = y = (350 x 0,05 - 350 + y) x 0,3; risolvendo per y, si ottiene un risparmio d'imposta pari a 142,50.
Il prezzo di retrocessione sarà, di conseguenza, di 4.857,50, pari alla differenza tra prezzo di acquisto (5.350) - dividendo incassato (350) - risparmio d'imposta conseguito da Gamma (142,50).

(11) Il risparmio d'imposta conseguito da Gamma sarà esattamente pari a 142,50 [(5% di 350 di dividendi imponibili - 492,50 di minusvalenza deducibile) x 30% di Ires].

(12) M. Andriola, Le riorganizzazioni aziendali dalla riforma Visco alla riforma Tremonti. Il loro impatto sulla pianificazione fiscale, in Dir. prat. trib., I, 2005, 117 ss.

 
Michele Andriola

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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