Il recepimento delle direttive sul market abuse: riflessi penali, amministrativi e parapenali (3).


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Il recepimento delle direttive sul market abuse: riflessi penali, amministrativi e parapenali (3).
Autore: Federica Rachele Badano - aggiornato il 07/06/2006
N° doc. 1574
07 06 2006 - Edizione delle 14:45  
 
Nella legge comunitaria 2004

Il recepimento delle direttive sul market abuse:
riflessi penali, amministrativi e parapenali (3)

Abusi di mercato e principio di specialità. Rapporti tra procedimenti Obbligo di comunicazione alla Consob
 
Gli abusi di mercato e il principio di specialità
L'ingresso nel Tuf dei due nuovi illeciti amministrativi, a somiglianza dei sistemi normativi di altri paesi, quale quello francese, avvia un meccanismo sanzionatorio parallelo, ove le fattispecie penali convivono con quelle amministrative(1). Una specifica norma (l'articolo 187-duodecies) conferma poi l'indipendenza dei due procedimenti, attraverso la previsione dell'impossibilità di sospendere un procedimento amministrativo qualora ne sia pendente uno penale che riguardi gli stessi fatti o altri fatti dal cui accertamento dipenda la definizione del primo.
Più oltre si dirà di questa struttura sanzionatoria a "doppio binario", che rende possibile, in caso di abuso di mercato, l'applicazione a una persona fisica o a un ente, beninteso qualora sussistano tutte le componenti fissate dalle comunque distinte fattispecie, di entrambe le sanzioni (penale e amministrativo-pecuniaria).
Il principio dell'autonomia reciproca dei procedimenti sanzionatori (amministrativo e penale) trova conferma nelle norme di coordinamento dell'attività di accertamento amministrativo con quella dell'autorità giudiziaria(2), pur con le perplessità che derivano dall'uso da parte del legislatore di una formula ("salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato") molto simile, se non analoga, a una clausola di consunzione.

Ed è proprio la disamina dell'incipit del primo comma dei nuovi articoli 187-bis e 187-ter del Tuf ("salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato") che sorge la necessità di chiarire la portata e il significato di tale espressione, di non univoca e immediata interpretazione. Al proposito, si ritiene che, fermo restando il disposto dell'articolo 9 della legge 689/1981(3) che regola il rapporto fra illeciti penali e amministrativi imponendo l'applicazione della disposizione speciale(4), pur con la deroga qualora sia "comunque" espressamente prevista l'applicazione della disposizione penale, va sempre ritenuto principio generale dell'ordinamento quello in base al quale il medesimo fatto illecito è comunque sanzionato una volta sola, in via amministrativa o in via penale.

Fino al 2000 la più significativa eccezione a questo principio generale era contenuta nell'articolo 10 della cosiddetta "Visentini" (decreto legge 429/1982)(5), ma questa eccezione è scomparsa con il Dlgs 74/2000, che ha rivisitato i reati tributari, introducendo anche in questa materia il principio di specialità, pur se con alcune specificità di natura procedurale(6). Così, anche nel contesto del market abuse, la clausola di consunzione in argomento sembrerebbe doversi intendere nel senso di escludere proprio l'applicabilità delle sanzioni amministrative qualora il fatto costituisca reato. Tuttavia, la mancata utilizzazione dell'espressione che abitualmente viene adottata a tale scopo ("salvo che il fatto costituisca reato ..."), dal punto di vista letterale, potrebbe spingere l'interprete nell'opposta direzione del cumulo.

Quest'ultima conclusione esegetica risulta tra l'altro avvalorata dalla circostanza che i comportamenti penalmente rilevanti di abuso di informazioni privilegiate, di cui al novellato articolo 184 del Dlgs 58/1998, sono eguali a quelli che concretizzano l'illecito amministrativo del nuovo articolo 187-bis. Parimenti, le fattispecie delittuose di manipolazione del mercato (nuovo articolo 185) sono nella sostanza identiche - o quantomeno non agevolmente distinguibili sul piano obiettivo - a quelle configurate come illecito amministrativo nel nuovo articolo 187-ter, comma 1. Di conseguenza, l'illecito penale e l'illecito amministrativo, tra di loro, si distinguerebbero dal punto di vista applicativo solo in relazione al diverso elemento soggettivo, e una distanza così ridotta tra le corrispondenti ipotesi penali e amministrative potrebbe facilmente indurre a preferire un'interpretazione quale il cumulo delle sanzioni, nella considerazione che la soluzione contraria (specialità e quindi alternatività delle sanzioni), pur se sistematicamente più coerente se non addirittura obbligata, porterebbe a svuotare quasi del tutto l'ambito di applicazione degli illeciti amministrativi.

In fine, nel senso di un'interpretazione a favore del cumulo tra sanzioni penali e amministrative, può richiamarsi anche il nuovo articolo 187-terdecies(7), con la previsione del cumulo, ancorché parziale, fra le sanzioni penali del nuovo titolo I-bis della parte V e le sanzioni amministrative di cui al successivo titolo II della medesima parte V del Tuf. In conclusione, il testo nella parte in argomento suscita perplessità dal punto di vista interpretativo e non esclude la possibilità di censure di incostituzionalità(8).

Rapporti tra procedimenti
L'articolo 187-decies, al terzo comma, prevede la collaborazione tra la Consob e l'autorità giudiziaria, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare l'accertamento degli abusi di mercato anche quando non costituiscono reato. A tale fine, la Consob può utilizzare i documenti, i dati e le notizie acquisiti dalla Guardia di finanza nei modi e con le forme previsti dall'articolo 63, primo comma, del Dpr 633/1972, e dall'articolo 33, terzo comma, del Dpr 600/1973 (collaborazione con l'Amministrazione finanziaria, ora Agenzia delle entrate), in particolare con la trasmissione, anche d'iniziativa, di verbali e rapporti.

I contatti tra Consob e autorità giudiziaria non si esauriscono nello scambio di informazioni, ma investono il rapporto tra procedimento penale e procedimento amministrativo. In passato, il pubblico ministero che riceveva la notizia di reato doveva informare il presidente della Consob, che, svolti gli accertamenti del caso, gli inviava una motivata relazione, corredata della documentazione relativa. La normativa vigente (articolo 187-decies), nel confermare la sostanza del precedente impianto, aggiunge che il presidente della Consob trasmette la relazione solo qualora emergano elementi che facciano presumere l'esistenza di un reato, al più tardi una volta terminati gli accertamenti in ordine all'irrogazione di sanzioni amministrative. Questa ultima specificazione trova ragione nel successivo articolo 187-terdecies, che tempera nei fatti la struttura sanzionatoria "a doppio binario": qualora il reo sia stato sottoposto a sanzione pecuniaria amministrativa per un fatto costituente reato, l'esazione della pena pecuniaria dipendente dal reato è limitata alla parte eccedente l'ammontare della sanzione amministrativa.

L'indipendenza dei due giudizi (penale e amministrativo) risulta sancita dall'articolo 187-duodecies, in base al quale il procedimento amministrativo di accertamento e il procedimento di opposizione al provvedimento emesso dalla Consob non sono sospesi dalla pendenza del procedimento penale avente a oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione.

L'obbligo di comunicazione alla Consob. Anomalie
Il settimo comma dell'innovato articolo 114 del Tuf(9) pone a carico di alcuni soggetti (esponenti aziendali di un emittente quotato, detentori di partecipazioni qualificate, controllante) l'obbligo di comunicare alla Consob e al pubblico le operazioni, aventi a oggetto azioni emesse dall'emittente o altri strumenti finanziari a esse collegati, da loro effettuate anche per interposta persona.
Va osservato come, assai singolarmente, "tale comunicazione" debba altresì essere effettuata dal coniuge non separato legalmente, dai figli, anche del coniuge, a carico, nonché da genitori, parenti e affini conviventi dei soggetti sopra indicati, nonché negli altri casi individuati dalla Consob con regolamento. In caso di violazione dell'obbligo di comunicazione, si applica una sanzione amministrativa da 5mila a 500mila euro(10).

Un'interpretazione letterale, ma non certo banale, della disposizione induce a collegare l'obbligo di comunicazione per il coniuge non separato legalmente, per i figli, anche del coniuge, a carico, nonché per i genitori, i parenti e gli affini conviventi alle operazioni poste in essere non dai medesimi su azioni o strumenti finanziari dell'emittente ma dai soggetti di cui alla prima parte del comma 7. In tal caso però, se questo lascia intendere l'inciso "tale comunicazione", la norma ingenera molte perplessità, in quanto pone a carico dei predetti soggetti un obbligo di comunicazione di operazioni riguardo alle quali i medesimi sono di regola terzi e che potrebbero anche non conoscere.
L'obbligo è inoltre posto a carico, indiscriminatamente, di tutti i soggetti menzionati e da ciò si può dedurre, a rigore, che la comunicazione effettuata da uno di loro non sia idonea a escludere l'obbligo per gli altri. In più, è un adempimento di carattere oneroso, poiché indirizzato anche nei confronti del pubblico e non solo dell'autorità di vigilanza.

La disposizione avrebbe poi la singolarità di porre a carico di soggetti non legati all'emittente da alcuna relazione giuridica, se non per il solo fatto dell'esistenza di un rapporto di affinità o parentela, ad esempio con un esponente aziendale dell'emittente, una soggezione a obblighi di vigilanza che non ha precedenti nella disciplina di settore, essendo gli stessi di norma riferibili a soggetti che hanno una relazione qualificata con il soggetto vigilato.
Pur nella considerazione che il disposto dell'articolo 3 della legge 689/1981(11) esclude che la particolare ipotesi sia delineabile come caso di responsabilità per fatto altrui, va sottolineata l'assoluta anomalia di questa parte dell'articolo 9, comma 1, lettera e), della legge 62/2005: più opportuno sarebbe stato riconsiderare l'obbligo di comunicazione posto a carico dei predetti soggetti, se del caso riferendolo a operazioni compiute dai medesimi su azioni o strumenti finanziari dell'emittente.

L'individuazione regolamentare delle fattispecie amministrative di manipolazione
Sempre in tema di violazioni amministrative, fa sorgere perplessità anche il sesto comma del nuovo articolo 187-ter, che assegna al ministero dell'Economia e delle Finanze, sentita la Consob o su proposta della stessa, il potere di individuazione regolamentare delle fattispecie, anche ulteriori rispetto alle altre previste dall'articolo, rilevanti ai fini dell'applicazione dello stesso articolo 187-ter(12). La norma in questione attribuisce a una fonte di rango secondario il potere di definire nuove fattispecie di illecito amministrativo e questa previsione, anche per le sue ampie caratteristiche, non risulta pienamente aderente a quel principio di legalità che, pur se consacrato solo a livello di legge ordinaria per gli illeciti amministrativi dall'articolo 1 della legge 689/1981(13), rappresenta comunque manifestazione di un principio generale dell'ordinamento che non sembra conveniente derogare in difetto di specifiche ragioni che, nel contesto normativo di riferimento, non paiono invece emergere con chiarezza.

La responsabilità dell'ente per violazione amministrativa dell'apicale o del sottoposto
Ulteriore oggetto di discussione è rappresentato dal nuovo articolo 187-quinquies(14) del Tuf, disposizione dalle caratteristiche singolari. Si tratta, in particolare, di un "mix" nel quale convergono il comma 3 dell'articolo 6 della legge 689/1981, l'articolo 197 c.p. e alcuni istituti del Dlgs n. 231.
La prima norma(15), di portata generale, prevede per l'ente unicamente un'obbligazione solidale al pagamento della somma dovuta dall'autore della violazione, con diritto di regresso nei confronti dello stesso autore. La norma penalistica, invece, stabilisce che gli enti dotati di personalità giuridica, con l'eccezione dello Stato, Regioni, Province e Comuni, "qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza, o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta".

Nel caso dell'articolo 187-quinquies, diversamente, l'ente è responsabile del pagamento di una somma pari all'importo della sanzione amministrativa irrogata per gli abusi di informazione privilegiata e manipolazione del mercato, commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da una persona fisica, sia esso un soggetto all'apice dell'ente sia un sottoposto alla direzione o vigilanza degli apicali. E' così prevista per l'ente una autonoma e originale forma di responsabilità civile derivante da illecito amministrativo: tale previsione, che deroga ai principi generali della legge n. 689, si discosta dal regime delle altre sanzioni amministrative pecuniarie previste dal Tuf e anche dalla disciplina della responsabilità amministrativa della persona giuridica in materia di abusi di mercato, introdotta anch'essa dalla "legge comunitaria 2004", che ha inserito l'articolo 25-sexies(16) (di cui oltre si dirà ampiamente) nell'ormai ripetutamente modificato impianto normativo del Dlgs 8 giugno 2001, n. 231, al quale l'articolo 187-quinquies è peraltro espressamente collegato(17).

Da notare anche il regime di inversione dell'onere della prova, fatto gravare dal comma 3 sull'ente, nel caso le persone fisiche responsabili della violazione amministrativa abbiano agito esclusivamente nell'interesse proprio o di terzi(18). Palese è la differenza col comma 2 dell'articolo 5 del Dlgs 231, per il quale è la pubblica accusa che deve dimostrare che chi ha commesso il reato abbia agito nell'interesse dell'ente. Analogo al Dlgs 231, articolo 25-sexies, è invece, in caso di ipotesi aggravata, l'aumento di pena, parametrato sul prodotto o profitto conseguito dall'ente. Poiché l'ente è responsabile ex articolo 187-quinquies solo in caso di irrogazione della sanzione alla persona fisica, è evidente che, in presenza dell'esimente di cui all'articolo 187-ter, quarto comma, la Consob, organo competente all'applicazione della sanzione amministrativa, non può irrogarla.


3 - continua. La quarta puntata su FISCOoggi di giovedì 8; le prime due sono state pubblicate lunedì 5 e martedì 6


NOTE:
1) In Gran Bretagna è costante il ricorso alla sanzione penale e all'esperibilità dell'azione civile; dal 2000, con l'adozione del Financial Services and Markets Act, è stato predisposto un analogo sistema imperniato sull'irrogazione della sanzione amministrativa a opera dell'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari, la FSA (Financial Services Authority). Federico Parmeggiani, cit.

2) Ci si riferisce all'articolo 179, comma 2, e, soprattutto, all'articolo 187-decies, comma 3.

3) "Principio di specialità. Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale".

4) Al proposito si veda anche, a cura di chi scrive, "
Il mancato riversamento e il principio di specialità della legge n. 689 del 1981", su FISCOoggi del 14.12.2005.

5) "L'applicazione delle pene previste nel presente decreto non esclude l'applicazione delle pene pecuniarie previste dalle disposizioni vigenti in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto".

6) "art. 19 Principio di specialità. 1. Quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale. 2. Permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati nell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato.
art. 21 Sanzioni amministrative per le violazioni ritenute penalmente rilevanti. 1. L'ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato. 2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei soggetti diversi da quelli indicali dall'articolo 19, comma 2, salvo che il procedimento penale sia definito con provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto. In quest'ultimo caso, i termini per la riscossione decorrono dalla data in cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all'ufficio competente; alla comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi. 3. Nei casi di irrogazione di un'unica sanzione amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione fra loro, a norma dell'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in relazione alle violazioni non penalmente rilevanti".

7) Art. 187-terdecies. - (Esecuzione delle pene pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie nel processo penale). - 1. Quando per lo stesso fatto è stata applicata a carico del reo o dell'ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'articolo 195, la esazione della pena pecuniaria e della sanzione pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall'Autorità amministrativa.

8) Anche alla luce del precedente di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 1992 che, richiamando la sentenza n. 364 del 1988, si aggancia ai principi di tassatività e sufficiente determinatezza della fattispecie penale per ritenere fondata una questione di legittimità costituzionale.

9) Novellato dall'articolo 9, comma 1, lettera e), della legge 62/2005: "I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato e i dirigenti che abbiano regolare accesso a informazioni privilegiate indicate al comma 1 e detengano il potere di adottare decisioni di gestione che possono incidere sull'evoluzione e sulle prospettive future dell'emittente quotato, chiunque detenga azioni in misura almeno pari al 10 per cento del capitale sociale, nonché ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato, devono comunicare alla Consob e al pubblico le operazioni, aventi ad oggetto azioni emesse dall'emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati, da loro effettuate, anche per interposta persona. Tale comunicazione deve essere effettuata anche dal coniuge non separato legalmente, dai figli, anche del coniuge, a carico, nonché dai genitori, i parenti e gli affini conviventi dei soggetti sopra indicati, nonché negli altri casi individuati dalla Consob con regolamento, in attuazione della direttiva 2004/72/CE della Commissione, del 29 aprile 2004. La Consob individua con lo stesso regolamento le operazioni, le modalità e i termini delle comunicazioni, le modalità e i termini di diffusione al pubblico delle informazioni, nonché i casi in cui detti obblighi si applicano anche con riferimento alle società in rapporto di controllo con l'emittente nonché ad ogni altro ente nel quale i soggetti sopra indicati svolgono le funzioni previste dal primo periodo del presente comma".

10) Articolo 193 del Tuf, comma 1-bis.

11) "Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa".

12) Resta ferma la necessità di conformarsi alle disposizioni di attuazione della direttiva 2003/6/Ce adottate dalla Commissione europea, secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della stessa direttiva.

13) "1. Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. 2. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati".

14) Articolo 187-quinquies. - (Responsabilità dell'ente). - 1. L'ente è responsabile del pagamento di una somma pari all'importo della sanzione amministrativa irrogata per gli illeciti di cui al presente capo commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 2. Se, in seguito alla commissione degli illeciti di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall'ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto. 3. L'ente non è responsabile se dimostra che le persone indicate nel comma 1 hanno agito esclusivamente nell'interesse proprio o di terzi. 4. In relazione agli illeciti di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 6, 7, 8 e 12 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Il Ministero della giustizia formula le osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sentita la Consob, con riguardo agli illeciti previsti dal presente titolo.

15) "Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione del pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.
Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.
Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione".

16) Abusi di mercato 1. In relazione ai reati di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato previsti dalla parte V, titolo I-bis, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote. 2. Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, il prodotto o il profitto conseguito dall'ente è di rilevante entità, la sanzione è aumentata fino a dieci volte tale prodotto o profitto.

17) In relazione agli illeciti in materia di market abuse di cui è responsabile l'ente si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 6, 7, 8 e 12 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Da ciò deriva, tra l'altro, l'esimenza per l'ente in caso di adozione dei modelli di organizzazione, l'autonomia della responsabilità per l'ente qualora l'autore del reato non sia identificato o imputabile, la riduzione della sanzione in ragione di condotte riparatorie poste in essere prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.

18) Indifferentemente dal fatto che la violazione sia stata commessa da apicale o da subordinato.
 
Federica Rachele Badano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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