Il silenzio paga. la sanzione.


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Il silenzio paga. la sanzione.
Autore: Giulia Maria Lignani - aggiornato il 27/05/2008
N° doc. 9034
26 05 2008 - Edizione delle 17:00  
 
Commissione tributaria provinciale di Perugia

Il silenzio paga… la sanzione

Profili di legittimità delle pene pecuniarie inflitte alle banche (e non solo) che non rispondono ai questionari nell'ambito delle indagini finanziarie
 
A pochi mesi dall'inaugurazione della nuova procedura informatica per le indagini bancarie e dalle prime irrogazioni di sanzioni agli intermediari finanziari che non hanno risposto alle richieste di trasmissione dei dati in loro possesso, la Commissione tributaria provinciale di Perugia ha dato le prime risposte alle problematiche emerse durante i procedimenti amministrativi.
I profili su cui le società sanzionate hanno insistito con gli uffici, prima, e con la giustizia tributaria, poi, sono molteplici e sono stati tutti risolti a favore dell'Amministrazione che ha irrogato le sanzioni (ufficio di Città di Castello).

Un aspetto pregiudiziale, apparentemente banale ma di rilevante importanza per il corretto svolgimento del procedimento sanzionatorio, è quello che riguarda la non impugnabilità dell'atto di contestazione qualora sia stato chiesto il suo annullamento in via amministrativa.
L'articolo 16, comma 5, Dlgs 472/1997 dispone che "l'impugnazione immediata (dell'atto di contestazione) non è ammessa […] qualora vengano presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione".

La maggior parte degli istituti ha inviato all'ufficio la richiesta di annullamento della contestazione, esponendo vari tipi di argomentazioni e giustificazioni, intitolandola, però, "istanza di autotutela" e richiamando - il più delle volte - il decreto ministeriale 37/1997.
Pur avendo presentato le difese, hanno comunque proposto il ricorso avverso l'atto di contestazione, sostenendo di fronte alla Commissione tributaria che l'istanza di autotutela è cosa diversa dalle "deduzioni difensive" di cui all'articolo 16 e non può avere gli stessi effetti.

La Commissione adita (Ctp Perugia, sentenza 39/1/08 del 10/3/08-25/3/2008) ha accolto la tesi dell'ufficio e ha dichiarato inammissibile il ricorso, considerando evidentemente che - a prescindere dal nomen juris scelto - investire l'ufficio di nuovi elementi/argomenti che comportino un riesame della questione, con l'obiettivo di ottenere l'annullamento della sanzione, integra perfettamente l'ipotesi prevista dal quinto comma dell'articolo 16.

Ciò, a ben guardare, non costituisce un vero svantaggio per il sanzionato. La pronuncia di inammissibilità, in realtà, certifica che al momento l'atto di contestazione non è titolo di alcuna obbligazione pecuniaria e che - fino all'eventuale e tempestiva emanazione del definitivo atto di irrogazione - l'Amministrazione nulla può pretendere. Vi è, in capo all'ufficio, l'onere di notificare un nuovo atto, pena la decadenza dal potere/dovere di sanzionare.
Va notato, inoltre, che se la Commissione avesse disatteso l'eccezione di inammissibilità e avesse deciso nel merito (non importa se in senso favorevole o sfavorevole al ricorrente), l'ufficio avrebbe dovuto comunque emanare, nelle more del giudizio in attesa del giudicato, l'atto di irrogazione delle sanzioni per non incorrere nella decadenza.
In questo modo si sarebbe duplicato il giudizio, con evidente aggravio per tutte le parti interessate.

Si è posto, poi, il problema dei soggetti erroneamente (auto)qualificati come "banche" al momento dell'iscrizione alla Posta elettronica certificata, ma che in realtà sono intermediari finanziari di altro genere.
Particolarmente delicata è la posizione delle holdings (a base ristretta o addirittura familiare) iscritte nella sezione dell'elenco generale ex articolo 106, Dlgs 385/1993, prevista dall'articolo 113 dello stesso Testo unico (soggetti che non svolgono attività nei confronti del pubblico). Tali istituti hanno eccepito di non essere tenuti a dotarsi della Pec e di averla erroneamente attivata e di non essere, pertanto, obbligati a rispondere ai questionari inviati tramite quella procedura.

La Commissione tributaria (Ctp Perugia, sentenza 32/4/08 del 7/3/08-12/5/08) ha stabilito, invece, che anche le holdings sono tenute a osservare gli obblighi della Pec (perché comprese nell'elenco dell'articolo 32, comma 1, n. 7), Dpr 600/1973, come confermato dalla circolare 32/2006).
Ha inoltre specificato che, anche se un soggetto non deve essere titolare di indirizzo Pec e addirittura ha già inviato la richiesta di cancellazione, egli rimane vincolato a tutti gli obblighi e oneri connessi alla Posta elettronica certificata fino alla formale comunicazione di cancellazione e chiusura della propria casella postale.
La decisione è importante perché distingue tra l'obbligo di dotarsi di Pec (solo di determinati soggetti), l'onere di osservare tutte le regole connesse alla Pec (di chiunque vi sia iscritto, anche per libera scelta) e il dovere di rispondere a questionari della Pubblica amministrazione (di tutti i destinatari, quale che sia il mezzo di invio).

Uno degli aspetti più notevoli è quello dell'applicabilità o meno del cumulo giuridico delle sanzioni (in luogo di quello materiale), dato l'alto numero di violazioni contestate.
Gli intermediari finanziari hanno invocato il beneficio dell'istituto sostenendo che l'omissione di risposta a un questionario è una violazione solo formale ai sensi dell'articolo 12, Dlgs 472/1997, dato che non vi è effetto sull'imposta e che (nel caso in cui non ci sono dati da comunicare) non può intralciare l'attività accertatrice.
L'argomento è stato rigettato dalla Commissione tributaria (Ctp Perugia, sentenza 60/1/08 del 7/4/08-21/4/08), che ha accolto, invece, la tesi dell'ufficio e ha precisato che le violazioni de quibus hanno natura sostanziale.
E' chiaro, infatti, che l'Amministrazione che non riceve risposte (anche se negative) ai propri questionari non è messa nelle condizioni di esercitare la potestà di controllo.

Vanno aggiunte alcune considerazioni.
La richiesta di trasmissione di dati, notizie e documenti da parte dell'ufficio è espressione del generale potere autoritativo di una Pubblica amministrazione e non attiene direttamente a nessuna pretesa tributaria (tanto che il soggetto autore della violazione, ai fini della normativa di interesse non rileva nella sua qualità di "contribuente"). Non è pertinente, quindi, richiamare il principio secondo cui è formale la violazione che non incide sulla determinazione dell'imposta. Il concetto, tra l'altro è stato superato (con l'emanazione dello Statuto del contribuente) ed è ormai pacifico che anche la violazione che interferisce con l'attività accertatrice non può essere considerata "formale".
E' formale, in pratica, la violazione che contrasta solamente con la lettera della legge, ma non con la sua ratio.
Non si ravvede, di contro, quale sarebbe una violazione in senso stretto ("sostanziale") dell'obbligo di rispondere a un questionario se l'omissione di risposta fosse - come sostenuto da molti sanzionati - una violazione formale.

 
Giulia Maria Lignani
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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