Il sottile confine fra evasione ed elusione.


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Il sottile confine fra evasione ed elusione.
Autore: Luigi Meraviglia - aggiornato il 16/05/2007
N° doc. 3332
16 05 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Diritto civile e normativa tributaria

Il sottile confine fra evasione ed elusione

Entrambe sono caratterizzate da una inopponibilità all'Amministrazione finanziaria degli atti privi di una valida ragione economica e aventi il fine di aggirare obblighi e divieti
 
L'evasione fiscale si verifica quando attraverso mezzi illeciti (frode, occultamento redditi, simulazione, irregolarità contabili, contrabbando, eccetera), il contribuente si sottrae in tutto o in parte al pagamento del tributo.
C'è, invece, elusione quando attraverso mezzi leciti (operazioni straordinarie, localizzazione in paradisi fiscali, interposizione fittizia di persone, negozi privi di valide ragione economiche, cessioni di attività, eccetera) che rispettano la lettera della legge, ma ne travisano lo spirito, o avvalendosi di lacune o ambiguità della norma tributaria, il contribuente si sottrae in tutto o in parte al pagamento del tributo. L'elusione nasce, infatti, dalla particolare struttura della norma tributaria, incentrata sulla determinazione del presupposto d'imposta e, pertanto, costretta all'esaustività e alla tipizzazione delle fattispecie impositive.
Il richiamo a tali concetti è essenziale, così come appare utile effettuare, al fine di coadiuvare la comprensione della trattazione, un breve sunto di alcune nozioni di diritto civile.

Il negozio giuridico
Il negozio giuridico è la manifestazione di volontà rivolta a uno scopo pratico, che consiste nella costituzione, modificazione o estinzione di una situazione giuridicamente rilevante. In tale ambito, particolare rilevanza ha il negozio indiretto, che si verifica qualora vi sia divergenza tra lo scopo perseguito in concreto dalle parti e la funzione tipica (causa) della categoria del negozio posto in essere. Esempio tipico sono le società di comodo, il cui motivo individuale dei soggetti partecipanti non coincide con la finalità di uno scopo sociale (causa). Tale negozio ha piena validità ed è disciplinato dalle regole previste per il negozio posto in essere, purché non costituisca una frode alla legge o sia attivato per realizzare motivi illeciti comuni ad entrambi le parti.
Elementi essenziali del negozio giuridico sono i soggetti, la volontà, la forma, la causa.

I soggetti si suddividono in:
  • parte in senso sostanziale, sulla quale si producono le conseguenze giuridiche, volute con il negozio
  • parte in senso formale, vale a dire l'autore dell'atto volitivo (negozio), fornito di regola della capacità di agire.

La volontà è l'elemento dinamico, è il quid essenziale che dà vita al negozio e che, pertanto, deve essere dichiarato all'esterno per avere valenza. In ogni caso, la volontà può essere viziata da errore, violenza e dolo.
In particolare, la volontà è viziata da errore quando è determinata da una falsa rappresentazione della realtà. A tal proposito, occorre distinguere l'errore vizio (o motivo), qualora la falsa conoscenza della realtà incide sulla determinazione dei motivi o moventi del soggetto, rendendo pertanto difettosa la volontà, senza eliminarla, e l'errore ostativo, che si verifica quando manca una volontà corrispondente alla dichiarazione (manifestazione).
La violenza consiste invece nella minaccia che induce a volere per timore, e pertanto determina una volontà viziata. In ogni caso, la minaccia deve esser grave, da far temere un male ingiusto e notevole alla persona o ai suoi beni.
Il dolo si sostanzia, infine, in artifizi e raggiri, adoperati per ingannare una persona, approfittando dell'errore nel quale è caduta, allo scopo di far compiere un negozio.

La forma è la modalità di manifestazione della volontà.

La causa, da non confondere con i motivi o scopi individuali, è la funzione economico-sociale svolta, comune a tutti i negozi di quella fattispecie.

Il negozio è illecito, quando illecita è la causa, la condizione, l'oggetto, oppure quando tutte le parti lo hanno concluso solamente per un motivo illecito (scopo individuale), oppure quando uno di tali elementi è contrario all'ordine pubblico o al buon costume (articoli 1343 e 1344 cc).

La nullità del negozio giuridico
Il motivo o lo scopo individuale, pur non essendo un elemento essenziale del negozio, qualora sia illecito, determina la nullità dei negozi posti in essere: nei contratti, qualora tale motivo individuale sia unico e comune a entrambe le parti, e nei negozi di liberalità, quando tale motivo individuale sia illecito, determinante, unico ed espresso.
In proposito, si ha frode alla legge quando apparentemente (formalmente), si rispetta un comando legislativo, ma sostanzialmente se ne viola il contenuto; in sostanza, con un negozio in frode alla legge si persegue uno scopo individuale, che coincide nelle conseguenze pratiche con un risultato proibito, con effetti, dunque, voluti.
Poiché un atto sia nullo a tale titolo (frode alla legge), è necessario che la sua vera sostanza (e pertanto non la forma) coincida con un divieto, e che ci sia l'elemento intenzionale.

Nel negozio simulato invece (evidente o apparente), i suoi effetti sono sostanzialmente non voluti, mentre si vogliono, sostanzialmente, solo quelli del negozio dissimulato (nascosto).
Ulteriore classificazione prevede la simulazione fraudolenta, posta in essere per eludere norme imperative,che determina nullità sia del negozio simulato che quello dissimulato.

La nullità è la forma più grave di invalidità di un negozio. Ai sensi dell'articolo 1418 cc, un atto è nullo quando manchi uno dei requisiti essenziali del negozio, oppure quando il negozio sia contrario a norme imperative o sia comunque illecito. Non è necessario che la nullità sia disposta testualmente, ben potendo essere rinvenuta nell'ordinamento giuridico.
Sono cause generali di nullità la mancanza di capacità giuridica, la violenza fisica assoluta, la mancanza di forma richiesta ab sustantiam, la causa mancante o illecita, il motivo illecito e comune a entrambe le parti, l'oggetto mancante, impossibile, illecito indeterminato o indeterminabile.
Cause speciali sono rinvenibili in varie norme: la condizione illecita o sospensiva impossibile.

L'atto nullo è giuridicamente inesistente e, di conseguenza, non è idoneo a produrre alcun effetto. In ogni caso, la nullità opera di diritto e, dunque, non è necessario che il giudice si pronunci su di essa, ma é sufficiente che accerti con semplice sentenza dichiarativa la sua presenza; inoltre, la nullità può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, senza istanza di parte (articolo 1421 cc), ovvero può essere invocata da chiunque vi abbia interesse.
Infine, l'azione di nullità è imprescrittibile (articolo 1422 cc); non è ammesso alcun atto, fatto, volto alla sanatoria di essa, ma occorre formare un negozio ex novo, qualora se ne vogliano conservare gli effetti; ha, dunque, effetto retroattivo ex tunc.

L'annullabilità del negozio giuridico
L'annullabilità, forma meno grave di invalidità di un negozio, è prevista per i negozi i cui elementi essenziali non manchino, ma siano viziati. L'atto, dunque, esiste e può produrre i suoi effetti, ma è data facoltà a uno dei soggetti di chiederne l'annullamento, eliminandone retroattivamente le conseguenze.
Le cause più frequenti di annullabilità sono l'incapacità di agire (articolo 1425 cc), la manifestazione di volontà viziata da errore, dolo o violenza morale (articoli 1427 - 1440 cc).
L'annullabilità, presenta le seguenti caratteristiche:

  • è prescrittibile, poiché la relativa azione deve essere esercitata entro un periodo di tempo determinato, generalmente di cinque anni
  • è sanabile, in quanto con successiva dichiarazione di volontà, la parte nel cui interesse è stabilita l'annullabilità può convalidare o rendere valido il contratto
  • può essere fatta valere solo dalla parte nel cui interesse essa è stabilita (una delle parti del contratto)
  • non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma solo su istanza di parte
  • non opera di diritto, ma occorre per essa espressa dichiarazione del giudice in sentenza.

Le pronunce della Corte suprema: evasione ed elusione
La Corte di cassazione, con la sentenza del 29 luglio 2004 n. 14515, ha riconosciuto quale operazione elusiva quella che presenta i seguenti elementi:

  • l'elemento oggettivo, costituito dall'esistenza di fatti, atti o negozi, anche collegati tra loro
  • l'elemento soggettivo, costituito dall'assenza di valide ragioni economiche quale fine dell'operazione
  • l'elemento teleologico, costituito dalla finalità di aggirare obblighi e divieti previsti dall'ordinamento tributario o di ottenere riduzioni o rimborsi d'imposta altrimenti indebiti.

In particolare, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (sentenze n. 20398 del 21 ottobre 2005 e n. 22932 del 14 novembre 2005), i giudici hanno disposto la nullità assoluta di alcuni contratti, per difetto di causa, da intendersi come mancanza di uno scopo economico delle operazioni poste in essere.

Con un'altra sentenza (la n. 20398 del 21 ottobre 2005), la Cassazione ha ipotizzato simulazione assoluta o relativa dei contratti in essere, ovvero la nullità per frode alla legge, compresa quella tributaria, contemplata all'articolo 1344 cc.
La sentenza del 26 ottobre 2005, n. 20816, va oltre, qualificando le norme tributarie, quali imperative, poste a tutela dell'interesse generale del concorso paritario alle spese pubbliche. Pertanto, l'istituto civilistico della nullità del contratto, quando questo costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa, di cui all'articolo 1344 cc, trova applicazione anche alle violazioni di disposizioni tributarie.

La pronuncia del 5 maggio 2006, n. 10353, riprendendo alcuni punti espressi nella sentenza del 21 febbraio 2006 - causa C-255/02 - della Corte di giustizia, afferma che la valutazione del carattere abusivo ed elusivo dell'operazione economica, spetta al giudice di merito, dandone motivazione logica e adeguata; pertanto, è da rintracciarsi nell'ordinamento interno il principio in base al quale i contribuenti non possano avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme giuridiche.

Ne deriva che:

  • un contratto è lecito se, oltre al risparmio fiscale, si accompagna una valida ragione economica
  • la norma tributaria ha natura di norma imperativa e, pertanto, la sua violazione può integrare la figura della nullità del contratto per violazione di legge, di cui all'articolo 1344 cc
  • è l'ordinamento giuridico, e per esso il giudice, che qualifica il fatto (operazione), ricollegando a esso determinati effetti. Pertanto, un'operazione ritenuta elusiva dal giudice, in quanto diretta ad aggirare il sistema tributario, diviene inopponibile all'Amministrazione tributaria.

Viene, dunque, sanzionato con la nullità civilistica il contratto posto in esser privo di valide ragioni economiche, il cui unico scopo (causa) o motivo (movente individuale) è il risparmio d'imposta. Si va, pertanto, oltre l'inopponibilità delle operazioni poste in essere all'Amministrazione finanziaria.

Fatte salve le premesse di cui sopra, emerge, una sottile linea di demarcazione tra elusione ed evasione, entrambe caratterizzate, in ogni caso, da una inopponibilità all'Amministrazione finanziaria degli atti posti in esser privi di una valida ragione economica e aventi il fine di aggirare obblighi e divieti previsti dal sistema tributario.
In tal senso, l'interposizione fittizia di persone, inopponibile all'Amministrazione finanziaria, è un atto nullo ai fini civilistici, e da esso in teoria non dovrebbero discenderne effetti. Ma la legge fa salvi i diritti acquisiti dai terzi, dai titolari apparenti, se in buona fede (articolo 1415 cc). Considerando, inoltre, che la legge permette ai creditori di esercitare l'azione revocatoria (la quale, a sua volta, presuppone un'effettiva alienazione di beni fatta in frode ai creditori, e che la stessa ha effetto esclusivamente nei confronti dei creditori che hanno agito, si dovrebbe sostenere che l'interposizione fittizia andrebbe inizialmente inquadrata nella categoria dell'evasione d'imposta, ma restandone in piedi (al limite) gli effetti civilistici, ben si potrebbe collocarla per il risultato, comunque raggiunto e in presenza di ulteriori condizioni (buona fede e/o motivo illecito non comune a entrambe le parti), nella categoria dell'elusione.

In ogni caso, si vuole solo sottolineare che a prescindere dalle qualificazioni e fermo restando l'inopponibilità degli atti de quibus all'Amministrazione finanziaria, determinati soprattutto da una programmazione fiscale dell'azienda, i giudici potranno dichiarare la nullità civilistica degli atti posti in essere, con un ritorno allo status ante negozio (rectius contratto), dichiarandolo nullo, mai esistito, con evidenti riflessi in tema di mercato, economia, ordinamento sociale e certezza del diritto.

 
Luigi Meraviglia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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