Il tombale non mette una pietra sul penale .


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Il tombale non mette una pietra sul penale .
Autore: Francesca La Face - aggiornato il 26/02/2008
N° doc. 7997
26 02 2008 - Edizione delle 15:00  
 
Sentenza n. 3052 del 21 gennaio 2008

Il tombale non mette una pietra sul “penale”

Il dolo specifico discrimina le conseguenze dei reati tributari
 
Il soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti risponde penalmente anche nel caso in cui si sia avvalso del condono tombale (articolo 9 della legge 289/2002) per definire i propri debiti tributari.
E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione, III sezione penale, con la sentenza n. 3052 del 21 gennaio 2008.

La controversia in esame ha inizio con un decreto di citazione con il quale il pubblico ministero convocava in giudizio, davanti al tribunale, il socio accomandatario di una Sas che aveva emesso nei confronti di una Srl fatture per operazioni inesistenti.
Nel corso dell’udienza veniva documentato che il predetto socio accomandatario aveva presentato domanda per la definizione automatica delle imposte per gli anni pregressi e che aveva effettuato i versamenti dovuti a norma dell’articolo 9 della legge 289/2002 (condono tombale).
In particolare, il difensore dell’imputato aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale del comma 10, lettera c), del predetto articolo, nella parte in cui prevede che il perfezionamento della procedura di definizione automatica esclude la punibilità dei reati tributari previsti negli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 del Dlgs 74/2000, ma non la punibilità del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 8 dello stesso decreto.

Successivamente il giudice di merito dichiarò non punibile il socio, sostenendo che la condotta contestata all’imputato, per avere emesso fatture fittizie, rientrava perfettamente, dal punto di vista sostanziale, in quelle fattispecie penali che l’articolo 9 della legge citata espressamente esenta dalla punibilità, trattandosi di reati tributari del tutto omogenei.
Conseguentemente, secondo il giudicante, nel caso di adesione al condono tombale, la causa di non punibilità prevista per il reato di dichiarazione fraudolenta (articolo 2 del Dlgs 74/2000) doveva estendersi a tutti i correi, ivi compreso il soggetto che aveva concorso nella fraudolenta dichiarazione emettendo le fatture per operazioni inesistenti (articolo 8 del Dlgs 74/2000).
Il procuratore della repubblica ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che la causa di esclusione della punibilità, prevista nel caso di adesione al condono tombale dall’articolo 9, comma 10, della legge 289/2002, non può essere applicata estensivamente anche a reati diversi da quelli tassativamente indicati dalla legge e, quindi, al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Tanto precisato, è opportuno ricordare brevemente che il Dlgs 74/2000 ha introdotto la nuova disciplina dei reati in materia d’imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Tale provvedimento ha sostituito di fatto la disciplina contenuta nella legge “manette agli evasori” (Dl 429/1982).
Una delle novità introdotte dalla nuova legge penale tributaria è rappresentata dall’abbandono della repressione dei reati di “carattere prodromico”.
Con la riforma del diritto penale tributario cambia, infatti, l’ottica dell’intervento sanzionatorio, dal momento che si colpiscono solo le ipotesi che concretamente determinano un’effettiva lesione degli interessi dell’erario.

Per quanto d’interesse in questa sede, si rammenta che risponde del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti chiunque, a fine di evasione, indica in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti emessi per operazioni inesistenti (cfr circolare ministeriale 154/2000).
Non costituisce più reato la semplice condotta prodromica di utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e si verifica la continuità normativa dell’illecito solo se i dati relativi a tali fatture e documenti confluiscono nella successiva dichiarazione (cfr circolare 88/2002).

Ai sensi del successivo articolo 8 del Dlgs 74/2000 (“emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”), risponde di tale violazione chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nello stesso periodo d’imposta viene considerata un’unica violazione.
Costituisce elemento costitutivo del reato previsto dall’articolo 8 il dolo specifico, rappresentato dal fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto; di conseguenza, si assiste a una parziale depenalizzazione nelle ipotesi che non contemplano tale dolo specifico (cfr circolare 88/2002).

E’ da osservare, altresì, che con l’articolo 8 il legislatore ha incriminato la mera emissione di fatture per operazioni inesistenti, punendola con la stessa pena prevista per il delitto di dichiarazione fraudolenta, commessa avvalendosi proprio di fatture per operazioni inesistenti.
Ciò in considerazione della spiccata pericolosità, rappresentata da imprese illecite, create con l’unico o prevalente scopo di immettere sul “mercato” documentazione volta a supportare l’esposizione in dichiarazione di elementi passivi fittizi (imprese note nella pratica come “cartiere”).
Più specificatamente, il legislatore configura un reato di pericolo presunto e punisce come tale la condotta “preparatoria” dell’evasione, consistente nella mera emissione di documenti fittizi da usare nelle dichiarazioni tributarie di terzi (condotta considerata tipicamente idonea a mettere in pericolo l’interesse fiscale seppure il terzo, destinatario dei documenti, non li utilizzi concretamente nelle proprie dichiarazioni fiscali).

Una volta individuata la ratio incriminatrice e la struttura formale dei reati de quibus, è opportuno evidenziare, infine, che l’articolo 9 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), oltre ad aver previsto la definizione automatica per le imposte sui redditi e sul valore aggiunto in seguito al versamento di determinate percentuali fisse delle imposte (condono tributario tombale), ha anche stabilito che il perfezionamento di tale definizione comporta, tra l’altro, l’esclusione della punibilità per i reati tributari di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 del Dlgs 74/2000, escludendo, di conseguenza, espressamente l’estensione di detto beneficio penale al reato di cui all’articolo 8 del Dlgs 74/2000, ovvero al reato di emissioni di fatture per operazioni inesistenti.

Poste queste premesse, la Corte di cassazione ha ritenuto che l’applicazione del condono tributario tombale non si estende al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Conseguentemente, qualora il soggetto emittente le fatture fittizie abbia “condonato” le pendenze tributarie, effettuando i relativi versamenti, resta escluso, in ogni caso, dai benefici penali previsti dalla definizione automatica.
La Corte suprema, proseguendo nelle proprie argomentazioni, ha, poi, ritenuto che il reato di “emissione di fatture per operazioni inesistenti” non può essere equiparato a quello di “dichiarazione fraudolenta”.

A giudizio dei giudici di legittimità, si tratta di due reati che, oltre a essere del tutto disomogenei sotto il profilo strutturale e quello teleologico, sono diversi anche per la loro natura giuridica.
Infatti, mentre il delitto di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000 è un tipico reato di danno che l’agente commette al fine di evadere le imposte da lui dovute, il delitto di cui all’articolo 8 è un reato di pericolo presunto, che l’agente commette al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte.

Anche la condotta materiale dei due reati è diversa.
Per il reato di cui all’articolo 8 del Dlgs 74/2000, detta condotta consiste nell’emissione di documenti ideologicamente falsi, mentre per il reato di cui all’articolo 2 essa si concretizza nell’utilizzazione delle fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti in una dichiarazione fiscale.
In buona sostanza, il reato di emissione è solo un presupposto del reato di utilizzazione, che rappresenta un quid pluris del tutto estraneo alla struttura materiale del primo (cfr Cassazione, sentenze 26395/2004 e 40172/2006).

Sulla base delle argomentazioni che precedono, la Corte di cassazione ha, da ultimo, ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata dal difensore dell’imputato, per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, della disciplina prevista dall’articolo 9, comma 10, della legge 289/2002, laddove non prevede di estendere anche al reato di cui all’articolo 8 del Dlgs 74/2000 la non punibilità derivante dalla definizione amministrativa delle pendenze tributarie prevista, invece, per il reato di dichiarazione fraudolenta, di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000.

Per i giudici di legittimità, "non v’è ragione costituzionale per cui, ai fini del condono tributario, il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti debba essere equiparato a quello di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso delle stesse fatture. Si tratta di due reati strutturalmente e teologicamente diversi, per cui non sarebbe conforme al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Cost. equipararli nella disciplina in relazione agli effetti del condono tributario".
Pertanto, prosegue la Corte, proprio a causa di questa diversità tra le due fattispecie di reato, il legislatore ha consentito solo al soggetto che commette il reato di dichiarazione fraudolenta al fine di evadere le imposte a lui incombenti, di andare esente da pena, qualora abbia definito in via amministrativa le proprie pendenze tributarie.
Diversamente, questo beneficio non si estende a coloro che hanno commesso il reato di emissione di fatture fittizie al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in quanto detti soggetti, non maturando alcun debito tributario da condonare, bensì favorendo con il loro comportamento l’evasione di terzi, non possono essere ammessi al condono tributario e alla conseguente esenzione di pena.

 
Francesca La Face
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