Imposta di registro per la fideiussione enunciata


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Imposta di registro per la fideiussione enunciata
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 19/10/2005
N° doc. 867
19 10 2005 - Edizione delle 15:00  
 
Corte di cassazione, sentenza n. 17899 dell'8 settembre 2005

Imposta di registro per la fideiussione enunciata

Viene meno il principio dell'alternatività con l'Iva
 
La suprema Corte di cassazione, con sentenza n. 17899 depositata l'8 settembre 2005, ha statuito che, ai sensi dell'articolo 22 del Dpr n. 131/1986, l'applicazione della regola dell'enunciazione(1) comporta che sono soggetti all'imposta di registro gli atti che si riferiscono a disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti, e, in particolare, ha stabilito che è soggetto a imposta di registro in misura proporzionale il contratto di fideiussione enunciato in sentenza di Tribunale.

La pronuncia del giudice di legittimità definisce il principio secondo cui, in virtù della regola dell'enunciazione in base alla quale sono soggetti all'imposta di registro gli atti che si riferiscono a disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti, non vale anche il principio (ex articolo 40, Dpr 131/1986) inerente l'alternatività tra Iva e registro.
Pertanto, a un atto di fideiussione - potenzialmente tassabile con la normativa Iva contenuta nel Dpr 633/1972 - sono applicabili anche le disposizioni del Dpr 131/1986, Testo unico in materia d'imposta di registro.

L'iter logico giuridico adottato dal giudice di legittimità si è così sviluppato:
  • L'articolo 22, comma 1, del Dpr 131/1986 stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene l'enunciazione, l'imposta si applica anche alle disposizioni enunciate.
  • Nella sentenza di condanna del debitore e del fideiussore (entrambi parti nella causa svoltasi innanzi al Tribunale di Sassari), l'atto di fideiussione è stato enunciato. Perciò, appare corretta la condotta dell'ufficio, il quale ha sottoposto il contratto di fideiussione enunciato in sentenza a tassazione proporzionale, attesa l'identità delle parti (Cassazione n. 1125/2000) del negozio di garanzia e di quelle partecipi al giudizio conclusosi con la sentenza che tale negozio ha appunto enunciato; trattasi d'atto (quello costitutivo della fideiussione), da registrarsi a termine fisso (articolo 5 del Dpr 131/1986), in quanto compreso nella Tariffa parte prima allegata al decreto citato (articolo 6).
  • Se la natura accessoria del contratto di fideiussione ha una valenza civilistica (articoli 1939 e 1941 c.c.), nel settore tributario, e segnatamente nell'ambito della imposta di registro (in cui viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva), vale il principio dell'autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco proprio dalla previsione dell'articolo 22 del Dpr 131/1986.
  • Non può ritenersi corretto il convincimento espresso dai giudici d'appello, laddove dalla affermata natura accessoria della fideiussione hanno desunto automaticamente - e peraltro senza alcuna verifica della qualità di soggetto Iva del soggetto che ebbe a prestare la garanzia - la conseguenza che la relativa disciplina tributaria deve ritenersi attratta in quella dell'Iva, per essere l'ente creditore soggetto d'Iva.

Alcune riflessioni
Qualora in un provvedimento dell'Autorità giudiziaria venga enunciato un atto, l'imposta di registro si applica, oltre che all'atto che si presenta alla registrazione, anche alle disposizioni in esso enunciate (cfr. risoluzione n. 260069 del 17 luglio 1992).

La Corte costituzionale, con sentenza n. 7 del 18 gennaio 1999 pubblicata il 21 gennaio 1999, riconoscendo la piena legittimità della tassazione degli atti enunciati in provvedimenti giurisdizionali, ha così affermato: "se l'atto enunciato era soggetto ad imposta in termine fisso, le parti risultano inadempienti ad un loro preciso dovere fiscale; nonostante ciò la legge, come si è rilevato, consente loro di allegarlo o enunciarlo ugualmente ed al giudice di porlo alla base della propria decisione. Tale garanzia, peraltro, non può comportare la trasformazione in lecito di un comportamento illecito; per questo il legislatore delegato ha disposto che l'atto sia inviato all'ufficio del registro per essere sottoposto alla tassazione ed all'applicazione delle sanzioni per la ritardata registrazione. Se, invece, il provvedimento enunciato è soggetto a tassazione in caso d'uso, è proprio la sua allegazione in giudizio che, rappresentandone una forma d'uso, ne legittima la sottoposizione all'imposta di registro. D'altra parte, si è già sottolineato che, per essere conforme alla Costituzione, la normativa va interpretata nel senso che deve essere tassato non qualunque atto la cui esistenza sia stata genericamente segnalata dalle parti, ma soltanto quei provvedimenti posti dal giudice alla base della propria decisione".

La Corte di cassazione, con sentenza n. 1125 del 2 febbraio 2000, ha precisato che per sottoporre a imposta di registro le disposizioni oggetto di enunciazione, occorre l'elemento "dell'identità delle parti intervenute nell'atto contenente l'enunciazione e in quello enunciato". Con sentenza n. 4842 del 7 settembre 1982, il giudice di legittimità ha affermato che: "Le norme fiscali ... non possono mai modificare la natura e gli effetti dei contratti come regolati dalle norme di natura civilistica ... Le citate norme sull'Iva non modificano quelle civilistiche sui contratti ai quali si riferiscono, ma determinano gli effetti tributari di questi ultimi in relazione a particolari momenti ed eventi dei rapporti da essi regolati, senza influire su questi tra parti contraenti".

La risoluzione n. 77/E del 31 marzo 2003 ha precisato che agli atti enunciati in sentenze relative a cause di competenza del Giudice di pace di valore inferiore a lire due milioni (1.032,9 euro) non si applicano i criteri di cui all'articolo 22 del Dpr 131/1986; pertanto, essi sono esenti dall'imposta di registro.

NOTE
1. Il contratto con cui viene ceduto un credito al fine di estinguere un preesistente debito del cedente nei confronti del cessionario sconta l'imposta di registro nella misura dello 0,50 per cento. Il richiamo, contenuto nell'atto in questione, al debito che il cedente aveva nei confronti del cessionario non costituisce enunciazione di un atto di "ricognizione di debito" autonomamente tassabile ai sensi dell'articolo 22 del Dpr n. 131/1986 (in tal senso, sentenza n. 31/10/05 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione X, depositata il 6 maggio 2005).

 
Angelo Buscema
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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