Insufficienti i dissidi tra i soci per 'assolvere' un'operazione di scissione.


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Insufficienti i dissidi tra i soci per 'assolvere' un'operazione di scissione.
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 27/02/2006
N° doc. 1279
 
27 02 2006 - Edizione delle 14:15  
 
Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive

Insufficienti i dissidi tra i soci
per "assolvere" un'operazione di scissione

Parere n. 48 deliberato il 16 novembre 2005
 
La scissione è uno strumento particolarmente duttile per la capacità di essere funzionale alla realizzazione di finalità elusive malgrado la propria fisiologia neutrale, riconosciuta dall'ordinamento fiscale, che ne ha legittimato l'esistenza con riserva di verifica degli indici di identificazione della elusività medesima.
Non a caso, il legislatore l'ha collocata tra le fattispecie (comma 3 dell'articolo 37-bis del Dpr 600/73) la cui liceità è subordinata alla verifica della sussistenza delle valide ragioni economiche e del legittimo risparmio d'imposta.

Il caso di cui ci si occupa nel commento del parere n. 48, deliberato dal Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive il 16 novembre 2005, in risposta a un interpello formulato a norma dell'articolo 21 della legge 413/91, fornisce lo spunto per definire in qual modo la scissione manifesti la propria performance in operazione elusiva alla quale si rende, in tal modo, strumentale.
La fattispecie viene illustrata da una Srl operativa nel settore della gestione immobiliare e il cui capitale sociale è suddiviso tra due soci al 50 per cento.
Nell'esporre che, in concreto, l'attività sociale si sostanzia nella locazione di due unità immobiliari a favore di una associazione professionale esercente attività medico-odontoiatrica, l'istante precisa che l'essenza del proprio scopo imprenditoriale risiede nel "far godere ai due soci, nell'esercizio delle loro attività professionali, il patrimonio immobiliare" di cui essa è titolare.
I dissidi insorti tra i due soci nella conduzione della associazione professionale che hanno determinato la ridefinizione dei rapporti gestionali, dettagliatamente riportata nella narrativa del parere, rappresentano la causa - addotta dall'istante come "valida ragione economica" - legittimante il ricorso a una scissione parziale non proporzionale della Srl, mediante la costituzione di una nuova società beneficiaria.
L'operazione verrebbe effettuata mediante uno scambio di quote sociali tra i soci, che porterebbe alla modifica dell'assetto societario nel senso che la Srl, il cui capitale sarebbe interamente detenuto dal socio X, sarebbe proprietaria di una delle due unità immobiliari possedute originariamente, e la Newco Srl, il cui capitale sarebbe interamente detenuto dal socio Y, diverrebbe proprietaria dell'altra unità immobiliare.

Nell'interpello, l'istante cerca di far luce sui passaggi dell'operazione, riferendo che i soci, prima di procedere all'operazione di scissione, imputerebbero i finanziamenti infruttiferi, presenti tra i debiti della società istante, ad anticipazione in conto capitale e, successivamente, ripartirebbero tra le due società risultanti dalla scissione l'attivo immobiliare in proporzione alle rendite catastali delle due unità immobiliari, mantenendo tutte le poste del passivo nello stato patrimoniale della scissa.
La disuguaglianza tra i due patrimoni, conseguente all'operazione, sarebbe dovuta, poi, alla differenza tra il costo storico e il valore attribuito agli immobili.
Secondo quanto prospettato dalla società istante, la scissione avverrebbe a valori fiscali storici, senza la previsione di conguagli in denaro, ed escludendo sia la successiva vendita delle partecipazioni sia l'ingresso di nuovi soci.
Alla luce delle suesposte esigenze, l'operazione, sorretta da valide ragioni economiche e non finalizzata a ottenere risparmi d'imposta indebiti, tende piuttosto ad assicurare a ciascun socio la esclusiva disponibilità di una delle due unità immobiliari.

Dall'analisi degli elementi disponibili, sembra potersi argomentare, sia pure solo sulla scorta delle asserzioni dell'istante, che il disegno prospettato varrebbe per risolvere taluni fattori di problematicità legati alle vicende degli assetti proprietari. In tal senso, le istanze di riassetto gestionale e organizzativo sarebbero dunque funzionali al superamento di situazioni a potenziale valenza conflittuale.
Sarebbe, questa appena accennata, una eventualità perfettamente in linea con la richiesta formulata dal legislatore antielusivo per assolvere l'operato del contribuente dalla censura perché motivato da una "valida ragione economica" (infatti, l'articolo 37-bis del Dpr 600/73 - è opportuno rammentarlo - consente all'Amministrazione finanziaria di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti).

Il condizionale, tuttavia, è d'obbligo, perché difettano nella circostanza alcuni elementi fondamentali ai fini della non elusività dell'operazione, in quanto non emergono elementi che consentono di attribuire alle ragioni della prospettata scissione una validità economica idonea al superamento della norma antielusiva di cui al citato articolo 37-bis.
La ipotizzata scissione avrebbe valide ragioni economiche solo se fosse strumentale alla promozione dello scopo sociale e consentisse di ottenere risultati, non diversamente raggiungibili se non con la prospettata operazione.

A ben vedere, risulta, invece, chiaro che la società che si intende scindere non svolge alcuna attività d'impresa se non quella della gestione degli immobili in uso ai soci e che, come espressamente rappresentato nell'istanza, l'unico scopo della ipotizzata scissione sarebbe quello di separare la proprietà sui due immobili, in modo che i soci possano riassumere ciascuno per sé la disponibilità per intero degli stessi e destinarli a fini personali.
Pertanto, il caso in esame potrebbe ricondursi a una fattispecie di mero trasferimento di un immobile a una nuova società, senza che emergano plusvalenze fiscalmente rilevanti (rinvenibili nel mancato assoggettamento a tassazione del valore normale degli immobili assegnati ai soci) da considerare indebiti, poiché realizzati attraverso l'aggiramento di obblighi previsti dall'ordinamento tributario. Rispetto a questo intento, la scissione della società costituisce uno strumento indiretto, che ha scopo elusivo.

Il parere, dunque, conferma il criterio interpretativo che riconosce la scissione come istituto che risponde al fine di pervenire a un diverso assetto del complesso dei rapporti attivi e passivi insistenti sulla società scissa, tramite il trasferimento a uno o più soggetti - già esistenti o di nuova costituzione - di quota parte del patrimonio. Essa, quindi, consente di risolvere problemi di diversificazione dell'assetto produttivo e di più razionale ed efficiente configurazione dei processi di attività e, pur nella molteplicità delle possibili variazioni del modello, presenta la caratteristica del trasferimento di un complesso delle attività societarie originarie ma che dovrebbe, comunque, rappresentare una quota parte quali-quantitativa dei rapporti ricompresi nel perimetro della società scissa. Si è invece sostanzialmente fuori da tale impostazione laddove, attraverso la scissione, si conseguano effetti sostanzialmente simili a quello della mera traslazione di un singolo bene.

In tale ottica, la conclusione cui giunge il Comitato consultivo è che il caso di specie possa ricondursi in modo abbastanza univoco, al di là degli elementi di contorno e delle dichiarazioni di intento della parte, a una fattispecie di mero trasferimento a una nuova società di un immobile senza che emergano plusvalenze fiscalmente rilevanti e con la ulteriore possibilità di trasferirlo in un secondo tempo, congruamente rivalutato ad altri soggetti, con evidenti vantaggi fiscali.
 
Antonina Giordano

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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