Io ti 'invito' e tu ricorri? La scortesia si paga.


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Io ti 'invito' e tu ricorri? La scortesia si paga.
Autore: Anna Paola Brocchetta - aggiornato il 14/11/2007
N° doc. 4744
14 11 2007 - Edizione delle 16:30  
 
Sentenza n. 16293/2007

Io ti “invito” e tu ricorri? La scortesia si paga

Non impugnabili le comunicazioni contenenti una volontà impositiva ancora in itinere
 
Davanti al giudice tributario sono impugnabili tutti quegli atti con i quali gli enti impositori comunicano al contribuente una pretesa tributaria orami definita, compiuta e non condizionata. Non sono, invece, immediatamente impugnabili le comunicazioni che contengano un "invito" a fornire "eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi", che manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto impositivo, cancellabile solo in via di autotutela o attraverso l’intervento del giudice.
Questi gli importanti principi enunciati dalle sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 16293 del 24 luglio 2007.

La vicenda
La controversia in esame è scaturita dalla richiesta di pagamento avanzata da un Comune, tramite il servizio di riscossione, per somme dovute dal contribuente a titolo di tassa rifiuti solidi urbani (Tarsu). In particolare, il Comune osservava che l’avviso di pagamento impugnato costituiva una semplice comunicazione, con la quale si portava a conoscenza del contribuente la somma dovuta a titolo di Tarsu. L’ente chiedeva, quindi, che il ricorso venisse dichiarato inammissibile in quanto rivolto contro una atto non compreso nell’elenco tassativo di cui all’articolo 19 del Dlgs 546/1992.

La domanda veniva accolta in primo grado con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio.
La Ctr adita accoglieva parzialmente le ragioni della ricorrente, dichiarando, invece, ammissibile il ricorso introduttivo, che però veniva rigettato nel merito.

Questa decisone, secondo l’ente, andava censurata, in quanto, come già affermato in primo grado, l’avviso di pagamento non rientrava nell’elenco tassativo degli atti impugnabili.

Le motivazioni
I giudici hanno rigettato la tesi del Comune, affermando che "ai fini dell’accesso alla giurisdizione tributaria debbono essere qualificati come avvisi di accertamento o di liquidazione di un tributo tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, compiuta e non condizionata ancorché tale comunicazione si concluda non con una formale intimazione al pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito “bonario” a versare quanto dovuto".

Nell’ambito di questa impostazione di diritto, spetta al giudice di merito decidere con congrua motivazione quali atti sono impositivi e quali no, esaminando gli aspetti sostanziali degli stessi, che possono non trovare compiuta corrispondenza in quelli formali.
Nel caso di specie, ha sottolineato la Corte, l’avviso impugnato conteneva le modalità di calcolo dell’imposta e la calendarizzazione dei pagamenti, costituendo, quindi, una vera e propria liquidazione dell’imposta dovuta, che incide sulla posizione patrimoniale del contribuente.

Inoltre, è stato precisato, è necessario sempre fare riferimento alla sostanza dell’atto che, se ha natura impositiva, è sempre impugnabile, anche se formalmente non contiene la dizione di “avviso di liquidazione” o di “avviso di accertamento”, e anche qualora lo stesso ente impositore qualifichi l’atto emesso come non impugnabile, non indicando il termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, la Commissione tributaria competente e le modalità da osservare.
Tali circostanze potrebbero prospettare un vizio di nullità dell’atto oppure la possibilità che esso non sia idoneo a determinare la decorrenza del termine di cui all’articolo 21, Dlgs 546/1992 (ad esempio, in quanto non notificato), o la eventualità di una rimessione in termini del contribuente per errore scusabile.

La Cassazione, con la sentenza in commento, ha poi anche esaminato la questione relativa all’impugnabilità delle cosiddette “comunicazioni di irregolarità”, previste dagli articoli 36–bis e 36–ter del Dpr 600/1973, e 54-bis del Dpr 633/1972.
Questi atti, previsti in tema di liquidazione e controllo formale delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e in tema di liquidazione dell’imposta risultante dalla dichiarazione Iva (tradizionalmente chiamati “avvisi bonari”), contengono la richiesta di pagamento delle maggiori imposte liquidate, con sanzioni e interessi.

Secondo i giudici di legittimità, tali comunicazioni non sono impugnabili dinanzi al giudice tributario in quanto costituiscono "un invito a fornire eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi…manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto definitivo cancellabile solo in via di autotutela o attraverso l’intervento del giudice".

Conclusioni
Con questo intervento la Corte di cassazione ha introdotto un’importante distinzione, ai fini dell’impugnabilità di fronte alle Commissioni tributarie, fra gli atti che integrano gli elementi essenziali di quelli impositivi, i quali sono certamente impugnabili in quanto idonei a incidere in via definitiva sulla situazione patrimoniale del contribuente, e le “comunicazioni di irregolarità”, che sono da considerare atti amministrativi istruttori (“endoprocedimentali”) che, tuttavia, non sono suscettibili di rendere definitiva, cioè incontestabile, la pretesa erariale nel caso di inerzia del contribuente.
L’inerzia del contribuente, infatti, comporta l’attivazione della procedura di riscossione, mediante iscrizione a ruolo delle somme dovute e successiva notifica della cartella di pagamento.

In definitiva, la funzione delle comunicazioni di irregolarità è quella di evitare la reiterazione degli errori, consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, nonché evitare che le somme vengano iscritte a ruolo, qualora il contribuente fornisca i chiarimenti necessari, ovvero quei dati o elementi non considerati o valutati erroneamente dall’ufficio. L’invio della comunicazione di irregolarità consente, altresì, il pagamento del tributo con riduzione a un terzo della sanzione, nel caso di liquidazione della dichiarazione, e a due terzi, nel caso del controllo formale.

L’elemento di sicuro interesse della pronuncia in esame è dato dalla presa di posizione da parte delle Sezioni unite, che fanno rientrare nell’ambito della giurisdizione tributaria tutti quegli atti che - anche se non qualificati come avvisi di accertamento, ovvero di liquidazione- contengono nella sostanza una pretesa impositiva definita e non condizionata.

 
Anna Paola Brocchetta
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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