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L'auto d'epoca entra nel redditometro.
Autore:
Mauro Di Biasi
- aggiornato il
20/02/2007
N° doc. 2155
20 02 2007 - Edizione delle 13:00
Sentenza n. 1294 del 22 gennaio 2007
L’auto d’epoca entra nel redditometro
Il mantenimento di un bene di particolare pregio è chiaro indice di capacità contributiva
La Cassazione, con sentenza n. 1294 del 22 gennaio 2007, ha statuito che il possesso e il mantenimento di un bene di particolare pregio, quali le auto d’epoca, è chiaro indice di capacità contributiva, in quanto impone, oltre alle spese di circolazione, particolari esborsi per un’adeguata manutenzione, facendone derivare la conseguenza che è giustificato l’accertamento in via sintetica del reddito complessivo, ai sensi dell’articolo 38, Dpr 29 settembre 1973, n. 600, operato prendendo a base anche tali beni.
La vicenda, portata all’attenzione dei giudici, trae origine dal fatto che l’ufficio locale notificava a un contribuente un avviso di accertamento, determinando un maggior reddito in via sintetica, alla cui quantificazione concorreva il possesso di quattro autoveicoli, di cui uno d’epoca.
Il ricorso era accolto parzialmente dalla Ctp adita, che riduceva il maggior reddito proprio in considerazione del fatto che una delle automobili possedute era da considerarsi auto d’epoca.
Avverso tale sentenza, il contribuente proponeva appello, sostenendo che le auto d’epoca andavano escluse dalla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche. Di diverso avviso la Commissione tributaria regionale che, investita della questione, respingeva il gravame affermando che il mantenimento di tali beni è sicuro indice di capacità contributiva, visto che esse comportano, notoriamente, spese a volte anche ingenti.
A sostegno del susseguente ricorso in Cassazione, il contribuente deduceva che la sua auto d’epoca doveva essere esclusa dall’accertamento sintetico del reddito, in quanto non posseduta per soddisfare esigenze di circolazione, e asserendo che lo stesso Secit (Servizio consultivo e ispettivo tributario) del ministero dell’Economia e delle Finanze, in un suo parere, avrebbe escluso le auto e moto di interesse storico e collezionistico, dall’applicazione del cosiddetto “redditometro”, proprio perché non sarebbero idonee a soddisfare le esigenze della circolazione e, quindi, non idonee a far sorgere spese quotidiani relative alla loro utilizzazione.
La Cassazione, pronunciandosi definitivamente sulla questione, ha respinto il ricorso del contribuente, affermando che è notorio che le autovetture cosiddette “storiche” o “d’epoca” formino oggetto di collezionismo e di particolare ricerca fra gli appassionati di tali beni; che è notorio che esiste un particolare mercato per tali tipi di veicoli, oggetto di attenzione da parte dei suoi consumatori; che è notorio che la manutenzione di tali veicoli, ormai fuori produzione da tempo, comporti rilevanti costi, per tutte le necessità di manutenzione e sostituzione dei componenti soggetti a usura. Proprio per questi motivi, tali beni mobili registrati devono essere giustamente posti a base e presi in considerazione ai fini della determinazione della capacità contributiva del contribuente.
Nessuna violazione, ha, infine, rilevato la Corte nell’operato del giudice di merito che, intendendo il riferimento al possesso delle auto contenuto nei cosiddetti redditometri, vi ha incluso anche quelle cosiddette storiche o d’epoca, atteso che nessuna precisazione o restrizione è contenuta in tali disposizioni e che nessuna influenza decisiva sulla soluzione del caso può avere un diverso parere, reso da un organo consultivo dell’Amministrazione finanziaria, quale è il Secit.
Mauro Di Biasi
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