L'autotutela sostitutiva: un caso pratico.


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L'autotutela sostitutiva: un caso pratico.
Autore: Giovambattista Palumbo - aggiornato il 11/06/2007
N° doc. 3473
11 06 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Normativa e giurisprudenza

L’autotutela sostitutiva: un caso pratico

Presupposti, limiti e differenze rispetto alla mera “reiterazione della potestà di accertamento”
 
Immaginiamo il seguente caso operativo: un ufficio notifica un avviso di accertamento motivato per relationem a un pvc della Guardia di finanza non allegato all’avviso notificato, come invece effettivamente richiesto, a pena di nullità, dallo Statuto del contribuente.
Il contribuente impugna l’avviso, eccependo il difetto di motivazione per mancata allegazione del pvc.
Successivamente al ricorso, l’ufficio notifica un nuovo avviso di accertamento, in sostituzione del precedente, allegando questa volta il pvc richiamato.

La giurisprudenza di merito
Il giudizio sul precedente avviso, essendo intervenuta autotutela sull’avviso già impugnato e poi annullato, si dovrebbe estinguere per cessata materia del contendere.
Parte della giurisprudenza di merito, però, non giunge a tale conclusione.

Alcune commissioni tributarie, infatti (vedi, ad esempio la sentenza n. 151/18/2006 della Ctp di Firenze, depositata l’1/4/2006), hanno accolto i ricorsi dei contribuenti, senza entrare nemmeno nel merito, sulla base di argomentazioni giuridiche non pienamente condivisibili, in particolare allorché si sostiene che il secondo avviso di accertamento emesso dall’ufficio in sostituzione e non in aggiunta del primo deve ritenersi nullo "in quanto ove non ricorra l’ipotesi di sopravvenuta conoscenza di nuovi fatti od elementi, l’emissione di un nuovo avviso di accertamento concernente gli stessi fatti del precedente ne comporta automaticamente l’annullamento".

In sostanza, secondo tali pronunce, anche i nuovi avvisi di accertamento, sostitutivi dei precedenti (nulli per mancata allegazione dei pvc richiamati), sarebbero carenti di motivazione e comunque nulli laddove non vi siano fatti o elementi sopravvenuti che consentano la sostituzione dei precedenti avvisi.
In sostanza, l’ufficio, pur essendo in termini (ed essendo, oltretutto, suo dovere) per esercitare il suo potere di autotutela relativamente ad atti palesemente viziati per mancata allegazione del pvc richiamato, secondo tali conclusioni, non potrebbe procedere a emettere nuovi (legittimi) avvisi di accertamento, se non laddove vi siano fatti sopravvenuti che consentano una tale nuova emanazione.

Differenze tra autotutela sostitutiva e autotutela integrativa
Si è detto che tali conclusioni non erano condivisibili.
Non è possibile, infatti, sostenere che l’ufficio, la cui attività è, ex lege, quella di contrasto all’evasione, debba rinunciare all’attuazione del fine impostogli dalla legge e, preso atto della mancanza dell’allegazione agli accertamenti già notificati, constatare che:
  • gli è precluso esercitare il suo potere discrezionale di autotutela
  • gli è precluso, pur essendo nei termini di decadenza, emettere nuovi accertamenti sostitutivi
  • gli è precluso, allegando il pvc richiamato negli accertamenti, riprendere a tassazione quanto accertato.

Il consolidato orientamento della Cassazione (sentenza n. 8854 del 21 agosto 2003, sentenza n. 4534 del 28 marzo 2002), in tema di esercizio del potere di autotutela da parte del Fisco, ha chiaramente delineato i presupposti di ammissibilità della cosiddetta autotutela sostitutiva, consistente nel ritiro di un atto impositivo e nella emanazione di un nuovo atto di identico contenuto, ma corretto dai suoi vizi formali.
Il criterio in base al quale è ritenuto possibile procedere alla nuova emanazione è quello indicato quale "principio di perennità della potestà amministrativa".
La Suprema corte si è, dunque, costantemente espressa nel senso di riconoscere la legittimità dell’autotutela sostitutiva, preoccupandosi di distinguere esattamente tra le ipotesi di autotutela sostitutiva e quelle di autotutela integrativa (dell’atto di accertamento).

In particolare, i giudici di legittimità (vedi Cassazione, sentenza n. 2531 del 22 febbraio 2002) hanno riconosciuto la legittimazione a rinnovare ex nunc un avviso di accertamento invalido (come, ad esempio, nel caso in esame di omessa allegazione del pvc richiamato), allorché la rinnovazione non comporti una maggiore pretesa erariale rispetto al precedente accertamento.

La rinnovazione ex nunc dell’atto viziato è, quindi, stata riconosciuta dalla consolidata giurisprudenza d di Cassazione (su tutte, vedi la sentenza 16 luglio 2003, n. 11114), che ha ritenuto legittimo l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, a condizione che l’atto impositivo sia inficiato esclusivamente da nullità derivante da vizi di natura formale tali da non incidere sull’esistenza o l’ammontare del credito tributario.

Anche tale possibilità, del resto, non è sempre applicabile dato che, in ogni caso, sussistono i seguenti limiti:

  • la rinnovazione non può avvenire se è già decorso il termine di decadenza dell’azione accertatrice
  • la rinnovazione è altresì preclusa qualora sia intervenuto giudicato di merito.

Pertanto, usando ancora le parole della Cassazione nella citata sentenza n. 2531/2002, "l'atto di accertamento nullo non è di ostacolo alla rinnovazione ex nunc dell'atto stesso in base al potere sostanziale dell'Amministrazione di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salvo il limite che l'atto rinnovato non costituisce elusione o violazione dell'eventuale giudicato formatosi nel precedente atto nullo".
Solo nell’ipotesi di integrazione o modificazione si esercita, quindi, un ulteriore potere accertativo, il quale, in quanto tale, richiede necessariamente la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

La rinnovazione per autotutela sostitutiva presuppone, invece, l’esercizio dell’identico potere già esercitato con il primo atto.
Per la Suprema corte il presupposto della "sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi", per l’esercizio del potere di integrare o di modificare in aumento l’avviso di accertamento già notificato, non è richiesto per l’autoannullamento di precedente avviso di rettifica e la sostituzione dello stesso con uno nuovo, contenente lo stesso dispositivo ma una diversa motivazione, atteso che, in tal caso, non ricorre esercizio del predetto potere integrativo o modificativo, ma sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a diritto, nell’ambito del generale potere di autotutela della Pubblica amministrazione (sentenza n. 4534 del 28 marzo 2002).

Conclusioni
In conclusione, mentre non è consentito annullare un avviso di accertamento già notificato al contribuente e sostituirlo con uno nuovo, contenente una maggior pretesa impositiva, come derivante da un più attento giudizio degli elementi già disponibili al momento dell’emanazione dello stesso accertamento, nessun ostacolo impedisce all’Amministrazione di riesaminare il proprio operato (entro i relativi termini decadenziali) e annullare i propri atti, eventualmente illegittimi, sostituendoli con altri legittimi, purché, l’ammontare dei tributi contestati sia di ammontare uguale (o addirittura, come possibile, inferiore) rispetto a quello precedente.

La reiterazione della potestà di accertamento non va, dunque, confusa con l’autotutela sostitutiva.
Tra i due istituti sussiste una notevole differenza di scopo: il potere di reiterazione della potestà di accertamento rappresenta lo strumento concesso all’Amministrazione finanziaria per accertare la pretesa tributaria sulla base della (necessaria) acquisizione di nuovi elementi conoscitivi.
L’autotutela sostitutiva persegue, invece, lo scopo di eliminare dal mondo giuridico atti caratterizzati da vizi di legittimità, perseguendo così l’interesse pubblico, nel caso di specie di contrasto all’evasione.

 
Giovambattista Palumbo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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