La cessione del contratto di leasing - Metodologia da utilizzare per la contabilizzazione del corrispettivo pagato; rilevanza fiscale


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La cessione del contratto di leasing - Metodologia da utilizzare per la contabilizzazione del corrispettivo pagato; rilevanza fiscale
Autore: Fisco Oggi - Diego Cigna - aggiornato il 25/07/2005
N° doc. 337

Una questione sempre aperta
La cessione del contratto di leasing
Metodologia da utilizzare per la contabilizzazione del corrispettivo pagato; rilevanza fiscale
La cessione di un contratto di leasing, che dal punto di vista civilistico segue la disciplina generale "della cessione del contratto" (articolo 1406 c.c. e seguenti), si sostanzia nel trasferimento in capo al cessionario dei diritti (godimento del bene e possibilità del riscatto dello stesso alla scadenza) e degli obblighi che ne derivano (pagamento dei canoni residui e dell'eventuale prezzo di riscatto). La particolare natura del contratto genera però problematiche in ordine al metodo di rilevazione contabile del corrispettivo pagato e alla sua rilevanza fiscale

 

Una questione sempre aperta

La cessione del contratto di leasing

Metodologia da utilizzare per la contabilizzazione del corrispettivo pagato; rilevanza fiscale

La cessione di un contratto di locazione finanziaria in corso di validità, che dal punto di vista civilistico segue la disciplina generale "della cessione del contratto" trattata nel libro IV, titolo II, capo VIII del Codice civile (articolo 1406 e seguenti), si sostanzia nel trasferimento in capo al cessionario dei diritti (godimento del bene e la possibilità del riscatto dello stesso alla scadenza) e degli obblighi derivanti dal contratto stesso (pagamento dei canoni residui e dell'eventuale prezzo di riscatto).

La particolare natura finanziaria del contratto in argomento genera, però, complesse problematiche in ordine alla metodologia da utilizzare per la contabilizzazione del corrispettivo pagato per l'acquisizione del contratto nonché alla rilevanza fiscale da attribuire allo stesso.
Va preliminarmente segnalato che, mentre dal punto di vista civilistico su questo tema esistono alcuni interventi dottrinari o di prassi contabile, come ad esempio la norma di comportamento n. 14 emessa nel settembre 2000 dall'Associazione dei dottori commercialisti di Milano che ha tentato di dare una soluzione al problema, diversamente dal punto di vista fiscale, il Tuir dispone solo in merito alla posizione del cedente (l'articolo 88, comma 5), tacendo sugli effetti fiscali attinenti alla posizione del cessionario.
Quindi, in mancanza di specifiche previsioni da parte del legislatore fiscale si ritiene che il costo sostenuto per il subentro in un contratto di leasing, in corso di validità, debba essere fiscalmente imputato osservando quanto previsto dalla normativa civilistica, l'imputazione ovvero "secondo corretti criteri contabili" (articolo 6, comma 1, Dlgs 472/1997).

A parere di chi scrive, prima di procedere alla disamina delle varie soluzioni finora proposte per la dibattuta questione, bisogna evidenziare che la recente entrata in vigore del Dlgs n. 38 del 28 febbraio 2005, che disciplina l'esercizio delle opzioni previste dall'articolo 5 del regolamento Ce n. 1606/2002, apportando (con l'articolo 11) sostanziali modifiche ad alcune disposizioni del Tuir, ha imposto una reinterpretazione della disciplina fiscale sulla locazione finanziaria, in generale, quindi di riflesso anche della particolare problematica attinente la "cessione del contratto" di locazione finanziaria.

Fino a oggi, la prassi seguita in Italia per la rilevazione del contratto di leasing prevedeva di fatto l'uso di un solo metodo, quello patrimoniale, che era tra l'altro il solo consentito dalla normativa fiscale.
Prima del Dlgs 38/2005 e delle modifiche intervenute sull'articolo 102 del Tuir, infatti, dal punto di vista fiscale, non era ammessa la possibilità di utilizzare un metodo alternativo a quello "patrimoniale", negando, per l'utilizzatore, la possibilità di iscrivere i beni in leasing tra le attività, con conseguente indeducibilità delle quote di ammortamento (Cassazione, sentenza n. 8292 del 26/05/2003; risoluzione n. 211/E del 18/11/2003).

Lo scenario appare profondamente mutato dopo l'entrata in vigore del Dlgs n. 38 del 28 febbraio 2005, che introduce l'obbligo per alcune imprese (società quotate, società con strumenti finanziari diffusi, banche, Sim, Sgr, enti finanziari, eccetera), facoltà per altre (tutte le società tranne quelle che optano per il bilancio in forma abbreviata), di redigere il bilancio d'esercizio secondo i principi contabili internazionali (Ias) e legittima, anche dal punto di vista fiscale, l'utilizzo alternativo di entrambi i metodi di rilevazione, patrimoniale e finanziario.

Il primo metodo considera la locazione finanziaria come "operativa", ovvero in cui i rischi e i benefici, inerenti al bene, non vengono trasferiti. L'operazione viene quindi assimilata a un prestito temporaneo che si conclude con il ritorno del bene al locatore. Con questa metodologia, i beni locati non vengono mai considerati "di proprietà" del locatario, l'intera operazione può essere assimilata a un vero e proprio "noleggio".
Di conseguenza, i canoni di leasing potranno essere rilevati, secondo la periodicità stabilita dal contratto, nel conto economico, mentre il bene potrà essere iscritto tra le attività dello stato patrimoniale solo dopo l'eventuale riscatto. Solo dal momento in cui il bene accede nella sfera proprietaria del locatario si potrà dar corso all'ammortamento.

Diversamente, il metodo finanziario, propugnato dalla prassi anglosassone dalla quale hanno tra l'altro origine gli Ias, coerentemente con i postulati ispiratori dei principi contabili internazionali, improntati alla prevalenza della sostanza sulla forma, mira a far emergere la reale natura del contratto di leasing.
Con il metodo finanziario, il bene preso in locazione finanziaria non viene iscritto tra le attività del concedente ma tra quelle dell'utilizzatore che, a fronte dell'operazione, rileva un debito che verrà periodicamente ridotto dal pagamento dei canoni.
Pertanto, in modo diverso rispetto al metodo patrimoniale, il locatario imputerà nel proprio conto economico le quote d'ammortamento del bene e gli interessi passivi costituenti la componente finanziaria dei canoni. Simmetricamente, il concedente iscriverà un credito per l'operazione finanziaria e imputerà i corrispettivi interessi attivi.

La novella contenuta nel decreto citato ha, inoltre, avuto ampi riflessi in seno al Tuir, interessando sia l'articolo 102 sia l'articolo 109.
Dopo le ultime modifiche intervenute, l'articolo 102 del Tuir nella sua attuale formulazione prevede, infatti, che "indipendentemente dai criteri di contabilizzazione" l'utilizzatore può dedurre, ai fini fiscali, i canoni di locazione, legittimando così l'uso del cosiddetto metodo finanziario.
Coerentemente con la disposizione citata, all'articolo 109, il legislatore ha inoltre disposto che "le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all'art. 102, c. 7 e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi" sono deducibili mediante il prospetto EC della dichiarazione.

Ritornando più specificamente sulla cessione del contratto di leasing, a oggi, sono tre le soluzioni prospettate dalla dottrina.
Una prima, sorretta da argomentazioni che valorizzano il profilo economico sostanziale, prevede che il cessionario/locatario sospenda la deducibilità del relativo costo sino al riscatto del bene. Una volta effettuato il riscatto in parola, tale onere si sommerà al valore pagato per acquisire la proprietà del bene e formerà con esso la base dei successivi ammortamenti.
Una seconda, assimilando il leasing alla comune locazione, prospetta come criterio, per la deduzione del costo di subentro, quello della ripartizione in quote costanti sulla base della durata residua del contratto. In questo caso, si dà rilievo alla valenza pluriennale del costo di acquisto e si applica quanto previsto dall'articolo 108.
Invero, le prime due tesi rappresentate appaiono oggi fortemente minoritarie, in quanto gravate da forte approssimazione e talvolta perfino in evidente contrasto con la normativa fiscale vigente sulla locazione finanziaria, che sembra invece legittimare differenti conclusioni(1) in varie occasioni confortate da autorevoli indicazioni(2).

Suscita invece grande interesse la tesi propugnata, come si è accennato, dall'Associazione dei dottori commercialisti di Milano che, nella nota comportamentale n. 141 del 2000, ha tentato di risolvere la problematica raccomandando di suddividere l'importo complessivamente corrisposto per il subentro in un contratto di leasing in modo da distinguere:
  • la quota riferita al godimento del bene e composta da canoni residui, quota di maxicanone iniziale, differenziale tra tasso d'interesse utilizzato dalle parti per attualizzare i canoni residui e quello implicito nel leasing, eventuale rateo di canone in corso di maturazione ed eventuale maggiorazione per l'immediato utilizzo del bene. Tale quota andrebbe imputata per competenza con la tecnica dei risconti
  • e la quota costituita dal prezzo di riscatto, differenziale tra il valore economico del bene alla cessione e quello alla stipula del contratto di cessione e quota capitale implicita nei canoni pagati. Tale quota andrebbe imputata ad acconto delle immobilizzazioni e sarebbe ammortizzabile, unitamente al prezzo di riscatto, a partire dal periodo d'imposta in cui è esercitata l'opzione.

Questa posizione assunta dai professionisti milanesi, pur non esente da critiche, conserva una sua validità non foss'altro perché, pur non essendo, nella pratica, sempre agevole individuare gli elementi evidenziati nel documento citato, non può ritenersi corretto riservare lo stesso trattamento contabile, e quindi fiscale, a tutti gli elementi componenti il prezzo di cessione(3).

Quindi, partendo da quest'ultima metodologia illustrata, e operando delle opportune semplificazioni, il corrispettivo pagato per il subentro nel contratto di leasing può essere scisso in due componenti:

  • il primo, corrisposto per assicurarsi il subentro (limitatamente alla durata ancora residua), da ripartire nell'esercizio d'acquisto nei successivi fino alla scadenza del contratto
  • il secondo, corrisposto per acquisire il cosiddetto diritto di riscatto alla scadenza del contratto. Quest'ultimo componente verrà contabilizzato come acconto, successivamente aggiunto al valore di riscatto e ammortizzato con esso a partire dall'esercizio di riscatto.

E' evidente che le due componenti avranno un diverso rilievo economico a seconda se la cessione del contratto di leasing avviene più o meno in prossimità della scadenza contrattuale.
Così, nel caso di una contratto di leasing di recente stipulazione, si avrà un prezzo di cessione in cui la parte attinente il diritto di subentro sarà prevalente rispetto a quella relativa all'esercizio dell'opzione di riscatto.
In conclusione, la procedura appena illustrata, basata sull'assunto che il prezzo di cessione del contratto di leasing incorpora tanto la parte relativa al godimento del bene quanto quella riferita all'opzione di acquisto della proprietà, è quella maggiormente condivisibile.
Si avrà quindi che la prima parte potrà essere suddivisa per la residua durata del contratto, mentre la seconda, riferibile all'opzione di riscatto, prima imputata quale acconto, potrà essere aggiunta al valore del cespite riscattato, iscritta tra le immobilizzazioni insieme a quest'ultimo, quindi dedotta in forma di ammortamento, dall'esercizio in cui è stata esercitata l'opzione predetta, sulla base della vita utile del bene.

Più precisamente, l'acquirente potrà riscontare, per la durata contrattuale residua, solo la parte di prezzo alla quale può essere riconosciuta natura di costo pluriennale sostenuto per l'acquisizione del contratto: quota di maxicanone iniziale ancora da maturare; eventuale differenziale tra tasso d'interesse utilizzato dalle parti per attualizzare i canoni residui e quello implicito nel leasing; eventuale differenza tra il valore effettivo del contratto (differenza tra valore del bene e debito residuo) e prezzo concordato.

Diversamente, la seconda componente del prezzo di cessione costituita dal differenziale tra il valore economico del bene alla cessione e quello alla stipula del contratto di cessione, dal maxicanone già maturato all'acquisto del contratto nonché dalla quota di capitale implicita nei canoni pagati, potrà essere capitalizzata solo dopo il riscatto del bene e solo in quel periodo d'imposta potrà essere ammortizzata, come già detto, unitamente al prezzo di riscatto.

NOTE
1. Si veda Tullio Fumagalli, "La cessione del contratto di locazione finanziaria nella disciplina dell'art. 55 del Tuir" in "Il fisco" n. 42 del 16 novembre 1998, pag. 13460.

2. Vd. nota direzione regionale delle Entrate Emilia Romagna del 4 maggio 1999.

3. G. Rebecca e C. Pilotto, "Cessione del contratto di leasing: aspetti contabili e fiscali", in "Il fisco" n. 21 del 24 maggio 2004.

Diego Cigna

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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