La cessione spezzatino non sfugge al Registro.


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La cessione spezzatino non sfugge al Registro.
Autore: Boris Bivona - aggiornato il 27/07/2007
N° doc. 3749
27 07 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Sentenza n. 13580 dell’11 giugno 2007

La cessione spezzatino non sfugge al Registro

Anche quando la società venditrice non svolge le attività tipiche dell’azienda, che poi vengono affittate
 
Nell’ambito della disciplina aziendale, uno dei temi che suscita maggior dibattito riguarda la cessione di azienda.
La problematica, nella sostanza, ruota intorno alla questione se un determinato atto posto in essere dall’imprenditore, debba essere inquadrato nell’ambito dell’istituto del trasferimento unitario dell’azienda (per cui potrà trovare applicazione la disciplina collegata alla circolazione del complesso aziendale), ovvero se lo stesso possa rientrare nell’ambito della disciplina del trasferimento dei singoli beni che costituiscono l’azienda ex articolo 2555 cc.
La distinzione tra le due fattispecie, netta in linea teorica, non sempre risulta agevole nella pratica, soprattutto quando l’atto di disposizione comprenda una parte dei beni aziendali.

Può, così, verificarsi che le parti siano propense a etichettare come trasferimento di azienda ciò che tale in realtà non è, ad esempio, per eludere le norme che vietano il trasferimento dei segni distintivi dell’imprenditore se non è contestualmente trasferita l’azienda (articoli 2565 e 2573 cc).
All’opposto, può anche verificarsi che le parti possano ricorrere a espedienti, quale il frazionamento del trasferimento dell’azienda in più atti separati, per sottrarsi agli effetti nei confronti dei terzi che ex lege conseguono al trasferimento di una azienda (subingresso dell’acquirente nei contratti di lavoro e responsabilità dello stesso per i debiti aziendali).
Infine, può verificarsi, nella prassi fiscale, che le parti nascondano una cessione di azienda, soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale, mediante un insieme sequenziale di operazioni “spezzettate” aventi a oggetto la cessione di singoli beni assoggettate all’imposta sul valore aggiunto.

Sotto il profilo fiscale, infatti, l’applicazione dell’imposta di registro nelle transazioni aziendali rappresenta un onere aggiuntivo laddove, invece, l’assoggettamento a Iva consente l’esercizio del diritto di detrazione (per il cessionario), così che l’imposta sul valore aggiunto si rivela del tutto neutrale.

Nel caso in esame, la Corte di cassazione, V sezione tributaria, con la sentenza n. 13580 dell’11 giugno 2007, ha stabilito che il trasferimento di una pluralità di beni per mezzo di un insieme di atti negoziali (“cessione spezzatino”), configura una vera e propria cessione di azienda soggetta al pagamento dell’imposta di registro e non all’Iva.

La fattispecie in parola riguarda un’attività d’impresa alberghiera. La società immobiliare Alfa (completamente estranea all’attività alberghiera) trasferiva in proprietà alla società Beta, costituita dalla stessa venditrice, socia al 99 per cento, e un privato Caio, socio all’1 per cento, un complesso immobiliare a uso alberghiero con annesse attrezzature. L’immobile venduto, non comprensivo dei locali adibiti a uso commerciale, si componeva di otto piani fuori terra e degli arredi (camere, sala da pranzo, sala congressi, bar, centralina telefonica e hall reception). Veniva, altresì, allegato un valore di stima dell’avviamento dell’azienda alberghiera.
Per tale cessione, la società Alfa emetteva una fattura con la quale applicava, nei confronti della società acquirente, l’aliquota del 4 per cento sull’importo corrispondente al complesso immobiliare e quella del 19 per cento sull’altro, minore, relativo alla “azienda alberghiera arredi, corredi e avviamento”.

Con avviso di rettifica, l’ufficio Iva, ritenendo che la vendita avesse avuto a oggetto un unico complesso aziendale, e, pertanto, fosse soggetta all’imposta di registro, anziché all’Iva, escludeva che la società Beta potesse portare in detrazione quanto corrisposto a titolo di Iva.
La società ricorreva davanti alla Commissione tributaria provinciale, sostenendo che la vendita non avrebbe riguardato un’azienda, atteso che la venditrice era una società esercente l’attività nel settore dell’edilizia, ma distinti cespiti: uno immobiliare e l’altro costituito dal complesso mobiliare. La Ctp accoglieva il ricorso.

L’appello dell’ufficio locale veniva respinto dalla Commissione regionale, la quale argomentava la decisione in base al fatto che, ai fini dell’esclusione della tassabilità secondo l’imposta di registro, sarebbe mancato il requisito soggettivo nella società cedente. Questa, infatti, non avrebbe svolto attività alberghiera né avrebbe trasferito le autorizzazioni amministrative necessarie alla continuazione della stessa attività.

Avverso tale sentenza, il ministero delle Finanze e l’agenzia delle Entrate hanno promosso ricorso per cassazione a norma dell’articolo 62 del Dlgs n. 546/1992, e in ossequio dell’articolo 111 della Costituzione.
Con l’unico motivo di gravame, i ricorrenti hanno dedotto ex articolo 360 del cpc l’erroneità della sentenza impugnata sia per la scorretta affermazione di principi di diritto enunciati sia per i vizi motivazionali.

La Corte ha ritenuto fondato il ricorso e meritevole di accoglimento.
I giudici hanno osservato che il presupposto della questione agitata è costituito da un atto di vendita che, se avesse avuto a oggetto un unico complesso aziendale, sarebbe stato, come sostenuto dall’Amministrazione fiscale, soggetto a imposta di registro, anziché all’Iva, onde la legittima esclusione della detrazione Iva cui aveva fatto ricorso la società Beta in relazione a quanto pagato a tale titolo sull’acquisto.
I ricorrenti (ministero e agenzia), infatti, hanno sottoposto alla Corte il quesito di diritto con il quale si chiede se sia corretto argomentare, come ha fatto la Ctr, dalla carenza del requisito soggettivo della società acquirente, ossia dalla previsione statutaria dello svolgimento dell’attività edilizia e immobiliare, l’assoggettabilità a Iva dell’atto di vendita dei beni (un grande immobile e un insieme di mobili di arredo e funzionali ad attività alberghiera) anziché la loro sottoposizione a imposta di registro, trattandosi, comunque, di un complesso aziendale. La Cassazione ha osservato che a tale quesito deve darsi risposta negativa, ossia che non è corretta l’argomentazione denunciata nell’atto d’impugnazione.

I giudici della sezione tributaria, infatti, hanno più volte affermato che, per potersi escludere la fattispecie della cessione di azienda, non basta affermare che il complesso ceduto sia passato di mano attraverso la cosiddetta formula dello spezzatino. Infatti, il trasferimento di una pluralità di beni, anche per mezzo di un insieme di atti negoziali, giustificati dal fatto che l’azienda non sia attiva al momento della cessione o da altre ragioni, fa venir meno il dovere di procedere (Cassazione n. 10660 del 7 luglio 2003) alla corretta interpretazione degli atti.
Invero, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, il criterio - fissato dall’articolo 20 del Dpr n. 131/1986 - dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti comporta che, nell’imposizione di un negozio, deve attribuirsi rilievo preminente alla sua causa reale e alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali.

Al di là delle forme giuridiche che la rivestano, ove l’operazione economica sia unitaria, non può darsi valore preminente alla diversità di oggetto e di causa relativi, ad esempio, a due contratti, per negare il loro collegamento e consentire un intento elusivo di una fattispecie tributaria.
L’operazione economica sostanzialmente unitaria, altresì, non può dirsi indebolita (e riconducibile al suo spezzatino apparente o frazionamento economico giuridico) dal fatto che il soggetto che abbia venduto il complesso frazionato dei beni sia una società non munita di autorizzazione all’esercizio alberghiero (al punto che lo aveva dato in locazione a terzi) o non contempli nell’oggetto sociale proprio una tale attività, poiché cedendosi i beni ad altra società che tale attività alberghiera evidenzi nella propria denominazione sociale, non può ragionevolmente tacersi che l’acquirente intenda procedere o alla gestione diretta dell’azienda o alla sua locazione a terzi, ma sia nell’uno che nell’altro caso essa è venuta a disporre di un complesso che integra le caratteristiche dell’azienda.

Nel nostro sistema, la prassi del frazionamento (o “spezzatino”) è influenzata, e resa possibile, anche dalla non esatta coincidenza tra la nozione di “azienda” così come prevista dall’articolo 2, comma 3, lettera b), del Dpr n. 633/1972 per l’Iva e dal combinato disposto degli articoli 15 e 20 del Dpr n. 131/1986 nell’imposta di registro.
In conformità alla norma comunitaria, infatti, per l’Iva si definisce “azienda” il complesso - di beni e di rapporti giuridici - su cui sia esercitabile un’impresa (Cassazione n. 11149 del 22 maggio 1996).
L’imposta di registro, invece, rifacendosi alla disciplina interna civilistica, prevede che la nozione di azienda non necessita dell’elemento “dinamico” rappresentato dalla volontà/possibilità di esercitare un’impresa con i beni acquistati (anche singolarmente), essendo sufficiente che tali beni risultino anche “staticamente” organizzati a tal fine.

Sul piano fiscale, pertanto, sarà importante definire l’oggetto della cessione e cioè circoscrivere quando si intenda ceduta un’azienda o un ramo d’azienda, ovvero quando si tratti di una semplice cessione di una pluralità di beni non qualificabili come tale.
Nella generalità dei casi, infatti, tenuto conto che il regime di tassazione dell’imposta sul valore aggiunto è più favorevole rispetto a quello di registro (poiché l’Iva è detraibile), l’attività di accertamento degli uffici finanziari è diretta a svelare le cessioni di aziende “camuffate” dietro una pluralità di cessioni di singoli beni (assoggettate a Iva).

Nel caso pratico, quindi, gli indizi che possono essere utilizzati dal funzionario accertatore possono essere rappresentati dall’esistenza di una pluralità di vendite spezzettate di singoli beni, che unitamente considerati sono atti all’esercizio di un’impresa, e l’esercizio dello stesso tipo di attività da parte dell’acquirente.

 
Boris Bivona
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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