La disciplina del trattamento di fine rapporto (2).


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La disciplina del trattamento di fine rapporto (2).
Autore: Pietro De Felice - aggiornato il 12/03/2007
N° doc. 2708
 
12 03 2007 - Edizione delle 13:15  
 
Dall’indennità di anzianità ai progetti di riforma

La disciplina del trattamento di fine rapporto (2)

Le circostanze in cui è possibile richiedere un’anticipazione La destinazione nel caso di morte del lavoratore
 
Il trattamento di fine rapporto ha natura giuridica di retribuzione differita, in quanto il datore di lavoro è obbligato al trattamento, al pari della retribuzione periodica, in ragione della prestazione di lavoro. Si tratta, quindi, di un credito che matura anno per anno, secondo il meccanismo di determinazione previsto dall’articolo 2120 cc, avente i caratteri della certezza e della liquidità, ma esigibile soltanto alla cessazione del rapporto (Cassazione, sentenza 14/8/2002, n. 12201).
Esso assolve a una finalità di tipo previdenziale: provvedere, dopo l’estinzione del rapporto, ovvero in quello che è presumibilmente il momento del maggior bisogno del lavoratore e della famiglia, a quel sostentamento cui durante il rapporto provvede la retribuzione periodica.

Solo per particolari esigenze è consentito al lavoratore di richiedere in corso di rapporto una anticipazione della prestazione spettante alla cessazione del rapporto medesimo.
L’anticipazione rappresenta una erogazione in costanza di rapporto di quanto maturato a titolo di Tfr e si distingue, pertanto, dall’acconto, che costituisce una erogazione parziale di Tfr relativo a un rapporto di lavoro già cessato (cfr circ. n. 2 del 1986).
Al riguardo, l’articolo 2120 cc prevede che “
il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta. (…) La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
a) eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile
”.

Ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge 53/2000, l’anticipazione del Tfr può essere richiesta anche per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali, di cui all’articolo 32 del Dlgs 151/2001, e dei congedi per la formazione o per la partecipazione a iniziative di formazione continua, di cui agli articoli 5 e 6 della medesima legge.
Il datore di lavoro è tenuto a soddisfare le richieste annualmente entro i limiti del 10 per cento dei lavoratori aventi titolo e, comunque, del 4 per cento del numero totale dei dipendenti, con detrazione, poi, dal trattamento da corrispondersi alla cessazione del rapporto, al lavoratore o agli aventi diritto, ai sensi dell’articolo 2122. La previsione del limite massimo del 4 per cento del totale dei dipendenti implica che le disposizioni in materia di anticipo non operano riguardo a imprese con meno di 25 unità. La ratio è quella di non privare le imprese con esiguo numero di dipendenti di una importante fonte di finanziamento.

Peraltro, contratti collettivi e patti individuali possono stabilire condizioni di miglior favore e i primi anche criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione, in mancanza dei quali il datore sembra tenuto a rispettare quello cronologico.
L’erogazione di anticipazioni in corso di rapporto non comporta maturazione di rivalutazione, in quanto il fondo Tfr può essere rivalutato esclusivamente alla fine dell’anno, ovvero al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Sono escluse dalla disciplina delle anticipazioni le imprese dichiarate in crisi. Per le ipotesi più gravi di insolvenza, è stato creato, presso l’Inps, un fondo di garanzia con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro nella corresponsione del trattamento di fine rapporto (articolo 2, legge 297/1982). Per l’esercizio della garanzia, è necessario che il credito sia stato ammesso definitivamente al passivo di una procedura di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa o, per le piccole imprese non soggette al fallimento, che sia stata esperita infruttuosamente l’esecuzione forzata individuale. Al finanziamento del fondo, provvede un contributo a carico dei datori di lavoro, attualmente fissato nella misura dello 0,2 per cento delle retribuzioni (articolo 4, Dlgs 80/1992).

La funzione previdenziale del trattamento di fine rapporto è evidenziata anche dalla disciplina dettata dal legislatore allorché il rapporto di lavoro si estingue per morte del prestatore di lavoro. Per questi casi, l’articolo 2122 cc dispone che il trattamento di fine rapporto spetta iure proprio al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado (comma 1).
La ripartizione dell’indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno (comma 2).

In mancanza delle persone indicate, il Tfr dovrà essere attribuito iure successionis, ovvero a titolo di eredità, secondo le norme della successione legittima (comma 3). Tra i chiamati, sono in questo caso compresi i parenti fino al sesto grado e, come successore ultimo, lo Stato. Con sentenza n. 8 del 19/1/1972, la Corte costituzionale ha ammesso che, in assenza delle persone aventi diritto iure proprio all’indennità, il lavoratore possa anche disporre in vita per testamento della indennità di fine rapporto.
E’ invece considerato espressamente nullo ogni patto che vincoli il lavoratore in ordine alla ripartizione dell’indennità (comma 4). Si tratta di norma non derogabile dalla disciplina dei contratti collettivi.

Si ricorda, infine, che indipendentemente dalla morte del lavoratore, al coniuge divorziato non passato a nuove nozze, ma titolare dell’assegno di mantenimento, l’articolo 12-bis della legge 898 del 1970 riconosce il diritto al 40 per cento del Tfr maturato in costanza di matrimonio. Nessun diritto può, invece, ritenersi attribuito, in mancanza di specifica previsione normativa, al coniuge separato, una volta passata in giudicato la sentenza di separazione o emesso il decreto di omologazione della separazione consensuale, determinando tali provvedimenti lo scioglimento della comunione legale. Fa eccezione il caso in cui, alla data di maturazione del Tfr, sia già stata proposta la domanda giudiziale di divorzio, retroagendo gli effetti patrimoniali della sentenza di divorzio al momento della proposizione della domanda (Cassazione, sentenza n. 19427/2003).

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della normativa civilistica, si rileva che non avendo carattere retroattivo, essa investe i soli rapporti sorti dopo il 31/5/1982; per i rapporti di lavoro in corso a tale data, si applicano entrambi i criteri: le anzianità maturate sino al 1982 si calcolano con la vecchia disciplina, quelle maturate successivamente con i criteri introdotti dalla legge 297/82.
Sotto il profilo soggettivo, il trattamento di fine rapporto spetta esclusivamente nei casi di cessazione del rapporto di lavoro di natura privatistica, in quanto, per tutti i dipendenti pubblici, vige una disciplina legislativa specifica.

E’ da tener presente, peraltro, che sulla base delle disposizioni contenute nel Dpcm 20/12/1999 e nel successivo Dpcm 2/3/2001, emanati sulla base delle disposizioni contenute nel Dlgs 124/1993 e delle leggi 335/1995 e 449/1997, anche nel pubblico impiego è divenuto in parte operativo l’istituto civilistico del Tfr. In particolare, sono in regime di Tfr (erogato dall’Inpdap):
  • i pubblici dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo determinato dal 30 maggio 2000
  • i pubblici dipendenti assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2001; per i dipendenti assunti anteriormente alla predetta data, il passaggio al regime del Tfr è subordinato alla adesione a una forma pensionistica complementare, prevista per i lavoratori pubblici, con contestuale trasformazione del trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto.

Si ricorda, infine, che il diritto al Tfr è soggetto a prescrizione quinquennale (articolo 2948 cc), decorrente dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (articolo 2935 cc), ovvero dalla cessazione del rapporto di lavoro per i dipendenti privati e dall’ultimo giorno fissato per legge per il pagamento della prestazione da parte dell’Inpdap (Dl 28/3/1997, n. 79).

2 – continua. La terza puntata sarà pubblicata mercoledì 14; la prima è su FISCOoggi di venerdì 9

 
Pietro De Felice

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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