La legge non ammette ignoranza sui termini per il ricorso.


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La legge non ammette ignoranza sui termini per il ricorso.
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 02/03/2007
N° doc. 2619
 
02 03 2007 - Edizione delle 13:45  
 
Commissione tributaria regionale del Lazio

La legge non ammette ignoranza sui termini per il ricorso

La perentorietà che li caratterizza non è scalfita dalla presentazione di un’istanza di autotutela
 
La Ctr di Roma ha statuito, con la sentenza n. 1 del 7/2/2007, che la presentazione dell’istanza di autotutela non assume rilevanza sul decorso del termine perentorio per presentare il ricorso innanzi al giudice tributario. Essa non assurge, in particolare, a una ipotesi di errore scusabile per la presentazione del ricorso intempestivo del contribuente; infatti, i termini perentori non possono essere disattesi dal contribuente, atteso che solo in materia penale sussiste l’ignoranza inevitabile.
La decisione offre l’occasione per ribadire alcuni concetti fondamentali sul tema.

Occorre separare due diversi termini perentori, previsti per la notificazione del ricorso alla parte resistente e per il deposito nella segreteria dell'atto, instaurante il contatto tra il ricorrente e la Commissione tributaria. Il comma terzo dell'articolo 22, Dlgs 546/92 richiede per l'ammissibilità del ricorso introduttivo il fatto complesso della notificazione e del deposito dello stesso. Il termine per la costituzione è fissato in 30 giorni a decorrere dalla data di proposizione del ricorso. Il rispetto della tempestività, che è un presupposto processuale, è rilevabile in ogni stato e grado del processo, a nulla rilevando la costituzione della parte resistente; va escluso l'effetto sanante dell'eventuale costituzione in giudizio della parte resistente.

Per il computo del termine valgono le regole fissate dall'articolo 155 cpc e, pertanto, non si considera il dies a quo ma il dies ad quem: non è un termine a giorni liberi; inoltre, se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo.

Ai fini del rispetto del termine si deve tenere conto del fatto che per la notifica, effettuata per mezzo del servizio postale, vale come data di proposizione quella di spedizione dell'atto. Il rapporto processuale non s’instaura con la proposizione del ricorso (ad esempio, consegna a mani, spedizione per posta in plico senza busta, eccetera) ma con il deposito, ovvero nel momento della costituzione in giudizio poiché solo in tale momento la Commissione tributaria è investita del potere-dovere di decidere. Solo con la costituzione del ricorrente il giudice è investito della domanda al fine dell'emanazione di una sentenza finale di merito. Giova ricordare, a tal riguardo, che l’articolo 3-bis, comma 6, Dl 203/05, convertito in legge 248/05, ha precisato che la costituzione in giudizio del ricorrente può avvenire a mezzo posta. Ciò in ossequio o adeguamento alla sentenza n. 520 del 6/12/2002 della Consulta, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22, commi 1 e 2, Dlgs 546/92, nella parte in cui non consentivano l’utilizzo del servizio postale per il deposito degli atti ai fini della costituzione in giudizio.

Consequenziale è stato anche l’intervento dell’Agenzia delle entrate che, con la circolare 10/2006, ha chiarito che, per effetto del rinvio operato dall'articolo 53 del Dlgs 546/92 all’articolo 22, commi 1, 2 e 3, stesso decreto, la nuova forma di deposito a mezzo posta si applica anche con riferimento al ricorso in appello.

Un problema che rimane da risolvere è quello riguardante il momento perfezionativo nel caso in cui la costituzione avvenga per posta, ovvero se debba considerarsi il momento della spedizione del ricorso o quello della ricezione dello stesso: nell'uno o nell'altro caso l'esigenza primaria sarebbe quella di salvaguardare comunque il diritto di difesa della parte resistente (articolo 23, Dlgs 546/92).

 
Angelo Buscema

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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