La pronuncia del Comitato non ammette revisioni.


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La pronuncia del Comitato non ammette revisioni.
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 08/03/2007
N° doc. 2680
 
08 03 2007 - Edizione delle 13:00  
 
Parere n. 2 deliberato il 26 gennaio 2007

La pronuncia del Comitato non ammette revisioni

Ma è possibile rivolgersi nuovamente all’organo consultivo, rinnovando integralmente la procedura
 
La possibilità di riesaminare il contenuto di un parere – che costituisce l’oggetto del quesito che si commenta - non è stata prevista dal legislatore nei decreti ministeriali nn. 194 e 195 del 13 giugno 1997, recanti rispettivamente i regolamenti concernenti “l’organizzazione interna, il funzionamento e le dotazioni finanziarie del comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive e stabilita” e “la determinazione dei termini e delle modalità da osservare per l’invio delle richieste di parere alla competente Direzione generale e per la comunicazione dei parere stessi al contribuente”, adottati in attuazione dell’articolo 21 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

Adito con richieste di tale natura (tre nell’arco temporale di operatività), il Comitato ha riconosciuto la possibilità della revisione del parere deliberato solo in presenza di fatti sostanzialmente nuovi e tali da giustificare l’ulteriore espressione di un pronunciamento, affermando che, in tale ultima eventualità, il contribuente è tenuto a rinnovare integralmente la procedura, come se si rivolgesse al Comitato per la prima volta, non potendo l’istante accedere direttamente all’Organo, di fatto saltando la fase procedimentale tipica che consente al Comitato medesimo di risultare investito appropriatamente del caso interpretativo.
In ossequio al principio appena enunciato, il Comitato, con il parere che si commenta, rigetta l’istanza di revisione avanzata dal contribuente riaffermando il difetto di allegazione documentale come motivo di inammissibilità in quanto preclusivo della valutazione di elusività della fattispecie oggetto dell’interpello.

Nel parere di cui il contribuente chiede la revisione, infatti, era stato ritenuto pregiudiziale e assorbente, rispetto a ogni valutazione di merito in ordine alla sussistenza di valide ragioni economiche dell’operazione prospettata, il rilievo dell’evidente genericità e dell’altrettanto evidente lacunosità della richiesta di parere (l’istanza non è corredata dei documenti indispensabili né degli elementi essenziali ai fini di una completa valutazione della fattispecie sotto il profilo dell’applicazione della disciplina antielusiva).

Più in particolare, il Comitato aveva stigmatizzato l’assenza:
  • del progetto di scissione o, quanto meno, di un'elencazione degli elementi dell'attivo e del passivo che si intendono trasferire alla società beneficiaria, con l'indicazione dei relativi valori di trasferimento
  • dell’indicazione dei criteri di determinazione del rapporto di cambio
  • del valore economico del patrimonio netto che si intende assegnare alla società beneficiaria, assieme all'eventuale presenza di ristori tra i soci
  • dell’ultimo bilancio della società scissa e di un prospetto di raccordo che consenta di raffrontare i dati dell’ultimo bilancio con quelli esistenti alla data di effettuazione dell’operazione
  • di informazioni dettagliate sulla composizione del patrimonio della società scissa e sulla eventuale presenza di perdite fiscali pregresse da riportare a nuovo.

A causa di tali deficienze, il Comitato aveva evidenziato che le enunciate ragioni dell’operazione, comunque descritte con locuzioni generiche, risultavano ipoteticamente adattabili a qualunque schema di scissione societaria (nell’istanza, gli interpellanti si limitano ad affermare che due rami dell’azienda verrebbero separatamente attribuiti, per effetto della scissione, ad altrettante società, di cui una di nuova istituzione, ma non si individuano esattamente i beni, mobili e immobili, oggetto di trasferimento e tanto meno i criteri di tale riparto).

La declaratoria di inammissibilità risulta, dunque, coerente con la disposizione regolamentare recata dai commi 2 e 3 del Dm n. 194/1997, a lume della quale, come precisato dal Consesso in precedenti occasioni, è necessario che il contribuente alleghi una precisa esposizione e documentazione “del caso concreto, nonché della soluzione interpretativa” proposta e di “tutti gli elementi conoscitivi utili”, ai fini “della corretta qualificazione tributaria della fattispecie prospettata” e, più in generale, “della reale portata dell’operazione”.

Una valutazione rigorosa in ordine all’ammissibilità delle richieste di parere corrisponde, d’altronde, all’obiettivo interesse degli interpellanti a ottenere dal Comitato consultivo pronunce concretamente “utili”, atteso che, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del citato regolamento di cui al Dm n. 194/1997, il parere reso dal Comitato è privo di effetto nei casi di incompletezza o di difetto di corrispondenza al vero di elementi e circostanze, indicati dal contribuente, rilevanti ai fini della pronuncia.
Il dispositivo del parere del quale il contribuente chiede il riesame è congruente con la volontà del legislatore regolamentare.
La revisione sarebbe - sostiene, viceversa, l’istante - motivata unicamente da un errore di trasmissione degli atti che vengono dunque esibiti in allegato "al fine di ovviare all’errore puramente formale legato alla notifica" dei documenti "senza la visione dei quali il Comitato Consultivo è stato chiaramente e giustamente impossibilitato ad esprimere il parere richiestogli".

L’eccezione addotta dal contribuente viene confutata dal Comitato, il quale, nell’escludere che il comportamento del contribuente possa qualificarsi come mero errore materiale, precisa che lo stesso costituisce, piuttosto, una violazione della procedura disciplinata dai citati decreti n. 194 (articolo 5, commi 2 e 3) e n. 195 (articolo 1), i quali impongono che la richiesta di parere, rivolta alla segreteria del Comitato, deve:

  1. essere inoltrata alla direzione regionale delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del richiedente (direzione che ne cura il tempestivo invio alla suddetta segreteria ai sensi della circolare n. 135 del 28 maggio 1998)
  2. essere spedita a mezzo del servizio postale in plico raccomandato con avviso di ricevimento (articolo 5 del Dm n. 194/1997) e recare in allegato copia di tutta la documentazione rilevante ai fini della qualificazione della fattispecie e della reale portata dell’operazione, nonché copia della preventiva richiesta presentata all’Agenzia delle entrate.

L’inosservanza della descritta procedura è evidente - afferma il Comitato - che non può definirsi come violazione formale, in quanto "l’intermediazione della Direzione regionale delle entrate è un’essenziale misura organizzativa, funzionale alla predisposizione della lettera di trasmissione, nella quale l’ufficio periferico dell’Agenzia è tenuto a indicare - per i fini della regolare investitura del Comitato e della rapida e corretta formazione del parere sul caso a esso sottoposto - la sussistenza di eventuali cause di inammissibilità della richiesta (previste dall’articolo 5, comma 2, del Dm n. 194/1997) e di attività di accertamento già effettuate o in corso riguardanti la specifica fattispecie oggetto d’interpello, nonché gli estremi di protocollo relativi alla trasmissione della preventiva richiesta di parere rivolta dal contribuente alla Direzione centrale normativa e contenzioso".

Al richiamo normativo, dirimente ai fini dell’inammissibilità dell’istanza, si aggiunge una valutazione concreta di speditezza dell’operato amministrativo: se ratione materiae i dati probanti, in assenza della predetta lettera di trasmissione, potrebbero essere acquisiti dal Comitato attraverso l’espletamento di una specifica attività istruttoria, l’adozione della procedura di integrazione istruttoria (prevista dal legislatore per l’appunto come eccezionale) forzerebbe la rigorosa dimensionalità temporale del procedimento.

In coerenza, dunque, con l’orientamento recentemente affermato (pareri n. 20 del 16 maggio 2006, su FISCOoggi del 30 giugno 2006, e n. 23 del 25 luglio 2006, su FISCOoggi del 9 agosto 2006) e prendendo definitivamente le distanze dalla posizione assunta per una situazione analoga nel 2000 con il parere n. 28/2000 (nel quale si era limitato a deliberare di non aver alcun provvedimento da adottare), il Comitato riafferma l’adesività alla normativa vigente - che non concede il potere di riesaminare i pareri precedentemente emessi - precisando tuttavia che una pronuncia d’inammissibilità per motivi procedurali non priva il contribuente di rivolgersi nuovamente al Comitato, previa rinnovazione integrale della procedura.

 
Antonina Giordano

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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