La riorganizzazione aziendale va supportata da valide motivazioni di strategia imprenditoriale.


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La riorganizzazione aziendale va supportata da valide motivazioni di strategia imprenditoriale.
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 08/05/2007
N° doc. 3291
08 05 2007 - Edizione delle 17:30  
 
Parere n. 8 deliberato il 22 marzo 2007

La riorganizzazione aziendale va supportata
da valide motivazioni di strategia imprenditoriale

Bocciata la scissione parziale che appare finalizzata solo alla realizzazione degli interessi dei soci
 
Un'operazione di scissione parziale non proporzionale finalizzata non a realizzare un piano di riorganizzazione aziendale nell'interesse delle società coinvolte nell'operazione, ma a soddisfare l'esigenza di suddivisione del patrimonio immobiliare ad uso diretto dei soci - in assenza di prospettive di ingresso di nuovi soci e/o capitali nelle società beneficiarie e di una rappresentazione di reali e concrete strategie imprenditoriali conseguenti alla scissione - presenta aspetti di elusività, in quanto è priva di valide ragioni economiche e diretta a conseguire un vantaggio tributario da considerare indebito poiché realizzato attraverso l'aggiramento delle norme di cui all'art. 86, comma 1, lett. c) e comma 3, del TUIR.

Il Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive censura inflessibilmente le operazioni straordinarie di ristrutturazione aziendale quando queste, non offrendo sufficienti e plausibili motivazioni di strategia imprenditoriale, lasciano aperto il varco al dubbio che sottendano esiziali interessi dei soci a disporre liberamente del patrimonio sociale.
Il verdetto dell'Organo consultivo viene, come nel caso in esame, emesso comunque non aprioristicamente ma, in ossequio a una deontologia virtuosa, matura attraverso due momenti cognitivi. Infatti, la fattispecie di cui andremo a descrivere il contenuto non era apparsa in prima lettura adeguatamente rappresentata e tale condizione, nel fedele rispetto della priorità della sostanza rispetto alla forma (carente), aveva motivato la decisione di emettere una necessaria informativa volta a dirimere le lacune riscontrate nell'istanza.
Una rigida applicazione della norma (articolo 5, comma 2, del regolamento adottato con il decreto ministeriale n. 194 del 13 giugno 1997) avrebbe condotto all'immediata declaratoria di inammissibilità dell'interpello per difetto dei requisiti circostanziali e documentali, ritenuti dal legislatore necessari ai fini della corretta qualificazione fiscale della fattispecie prospettata nonché della reale portata dell'operazione perchè il contribuente istante possa beneficiare di uno strumento (il parere) che possegga anche una valenza di "utilità" concreta (una articolazione nella realtà dei fatti rappresentati diversa da quella desumibile dagli elementi esposti nell'interpello renderebbe comunque inefficace la pronuncia dal momento che, come esplicitamente affermato nell'art. 6, comma 1, dell'appena evocato regolamento, il parere reso dal Comitato è privo di effetti nei casi di incompletezza o di difetto di corrispondenza al vero di elementi e circostanze, indicati dal contribuente, rilevanti ai fini della pronuncia).

I fatti esposti - si diceva - alimentavano fertili perplessità. Il contenuto del quesito è il seguente. Il contribuente dichiara di essere una Spa immobiliare a ristretta base familiare che ha per oggetto sociale le attività di acquisto, costruzione, vendita, permuta e gestione di immobili di qualsiasi natura, e il cui capitale sociale è equamente ripartito fra i soci A, B e C.
Espone l'istante che nel corso della propria attività ha acquistato diversi immobili valorizzandoli con ristrutturazioni e ampliamenti e che, tra questi, solo un'unità immobiliare è stata venduta, nell'anno 2005, mentre le rimanenti sono da sempre state locate a terzi.
Attualmente, il patrimonio immobiliare è in decadimento a causa dei mancati investimenti in opere di ristrutturazione e/o attività di compravendita e i soci sono in disaccordo in ordine alle scelte di conduzione aziendale.
Più precisamente, uno dei fratelli vorrebbe effettuare nuovi acquisti, intraprendere l'attività edificatoria e/o utilizzare taluni immobili per investire le risorse in altre attività più redditizie. L'altro fratello, pur non essendo interessato a continue compravendite di immobili, sarebbe propenso ad affiancare una qualche attività commerciale a quella tipica di locazione immobiliare. La sorella vorrebbe, invece, continuare a svolgere esclusivamente l'attività di locazione immobiliare.

I persistenti dissidi suggeriscono - nell'interesse della società e al fine di consentire a ciascun socio di perseguire autonomamente le proprie iniziative - di porre in essere un'operazione di scissione parziale non proporzionale a favore di due società di capitali, una preesistente - partecipata dal socio A e dalla moglie - e una da costituire in forma unipersonale o con il proprio coniuge, dall'altro socio B.
Nel dettaglio, come si evince dalla bozza del progetto di scissione allegato all'istanza:
  • tre locali commerciali e quattro immobili uso ufficio saranno trasferiti a una società beneficiaria mentre altri due immobili commerciali saranno trasferiti all'altra società beneficiaria
  • il resto del patrimonio immobiliare, costituito da due locali commerciali, cinque uffici e due abitazioni, rimarrà alla società scissa, partecipata esclusivamente dal socio C.

L'operazione prospettata permetterebbe, pertanto, al socio C di mantenere inalterata la storica missione della società scissa continuando a valorizzare il patrimonio immobiliare attraverso la stipula di contratti di locazione.
Nello stesso tempo, gli altri due soci, ciascuno tramite la propria beneficiaria, potrebbero ampliare l'attività immobiliare e intraprendere nuove attività commerciali, eventualmente anche con l'ingresso di nuovi soci che potranno apportare, oltre alle necessarie risorse finanziarie necessarie agli investimenti da effettuare, anche competenze specifiche ai nuovi settori di attività.

Nell'istanza si legge che la descritta operazione di scissione avverrà a valori contabili e che non è intenzione dei soci procedere alla successiva cessione delle partecipazioni detenute nella scissa ricevute nelle beneficiarie né tanto meno distogliere i beni dall'attività d'impresa tramite assegnazione ai soci e conseguente liquidazione e scioglimento delle società.
La volontà dei soci - si afferma - è quella di proseguire l'attività imprenditoriale, sia nella scissa, sviluppando l'attività di locazione immobiliare svolta da decenni, sia nelle beneficiarie, intraprendendo nuove attività commerciali, eventualmente anche con l'ingresso di nuovi soci.
Non sono previsti conguagli tra i soci e il trasferimento delle attività dalla società scissa alle beneficiarie sarà effettuato in regime di continuità di valori fiscali e senza sottrazione degli stessi al regime di impresa nell'ottica di funzionamento e continuità aziendale e imprenditoriale.
A parere dell'istante, pertanto, l'operazione ipotizzata di scissione parziale non proporzionale non può ritenersi elusiva in quanto la stessa non è volta a conseguire alcun indebito vantaggio fiscale ed è, altresì, sorretta da valide ragioni economiche, che si sostanziano nella necessità di eliminare le divergenze sorte fra i soci sulle modalità di gestione del patrimonio immobiliare, attraverso la prosecuzione dell'attività d'impresa in modo autonomo da parte dei soci stessi.

Il Comitato consultivo aveva considerato minimali e manieristiche le asserzioni formulate dal contribuente, posticipando le proprie valutazioni a lume di taluni elementi fondanti il giudizio. In altre parole, l'analisi delle ricadute elusive non poteva prescindere da:

  • relativamente alla società beneficiaria, copia dell'atto costitutivo e dello statuto, dei bilanci 2003-2004-2005, delle dichiarazioni dei redditi relative agli anni d'imposta 2003-2004-2005, dell'elenco dei fabbricati posseduti, distintamente tra autorimesse, officine meccaniche, terminal bus e altri immobili, con l'indicazione delle unità immobiliari locate e dei relativi canoni annui di locazione
  • relativamente alla società di nuova costituzione, documentazione comprovante la costituenda attività immobiliare, volta anche alla costruzione e alla compravendita degli immobili, nonché copia dell'eventuale bozza, qualora già predisposta, dell'atto costitutivo e dello statuto.

L'interpellante ha fornito la documentazione richiesta permettendo così al Consesso di sciogliere ogni riserva sulla opalescenza delle finalità del comportamento del contribuente dal momento che l'operazione postulata presenta indubbi aspetti di elusività, in quanto è priva di valide ragioni economiche e diretta a conseguire un vantaggio tributario da considerare indebito poiché realizzato attraverso l'aggiramento delle norme di cui all'articolo 86, comma 1, lettera c), e comma 3, del Tuir.
Il parere garantisce una lettura circostanziata delle motivazioni di diritto che inducono alla cassazione fiscale della soluzione interpretativa. Considerando che la neutralità tipica della scissione, voluta dall'articolo 173 del Tuir, è elemento di grossa attrazione per l'imprenditore che abbia necessità di superare, con una soluzione che ha sempre più assai poco di "straordinario" e molto di fisiologico, quelle criticità che possono tradursi, ove non risolte, in una battuta d'arresto del processo produttivo, nel parere viene precisato che anche la forma parziale non proporzionale del negozio non pregiudica tale qualificazione di neutralità "in quanto il cambio delle partecipazioni originariamente detenute nella società scissa con quelle della beneficiaria non rappresenta né ipotesi di realizzo (distribuzione) di plusvalenze/minusvalenze né ipotesi di conseguimento di ricavi (fatta eccezione per quanto disposto dall'art. 173, comma 3, del T.U.I.R. in merito all'eventuale corresponsione di conguagli). Pertanto, il cambio di azioni o quote della società scissa con nuove azioni o quote della società beneficiaria non genera plusvalenze e le nuove azioni o quote si assumono al costo fiscale delle vecchie".

In altre parole, l'operazione di scissione non proporzionale è, in sé, fiscalmente neutrale in quanto il trasferimento di elementi patrimoniali della società scissa a favore della beneficiaria appositamente costituita non comporta, di per sé, alcuna sottrazione al regime ordinario di impresa. Il plusvalore, infatti, relativo a tali componenti patrimoniali, reso provvisoriamente latente dall'operazione in questione, concorrerà alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui i beni usciranno dal regime d'impresa perché ceduti o assegnati al socio.
Tuttavia, come affermato dal Comitato consultivo per l'applicazione delle norma antielusive, la stessa potrebbe assumere valenza elusiva nel caso rappresentasse solo la prima fase di un più complesso disegno unitario mirante non alla creazione di sistemi aziendali operanti medio tempore, bensì alla successiva vendita delle partecipazioni societarie da parte dei soci persone fisiche ovvero all'assegnazione di beni societari ai soci medesimi.

L'appeal della scissione trova, invece, un alto livello di guardia in ambito elusivo per la speciosità del negozio e motiva la scelta del legislatore dell'articolo 37-bis del Dpr n. 600/1973 di annoverarla, al comma 3, tra le operazioni "sospette" per le quali, a norma del precedente comma 1, viene attribuito all'Amministrazione finanziaria il potere di disconoscerne i vantaggi tributari conseguenti se posta in essere non in virtù di valide ragioni economiche, ma solamente a fini elusivi, per aggirare, cioè, obblighi o divieti tributari o per ottenere risparmi di imposte o indebiti rimborsi.
In altre parole, il legislatore tributario ha individuato determinate operazioni (tra cui le scissioni) che possono essere considerate fiscalmente elusive allorché siano poste in essere non in virtù di effettive esigenze economiche ma al solo scopo di conseguire indebiti vantaggi di natura fiscale o per aggirare obblighi e divieti.
Pertanto, ai fini del riscontro dell'elusività dell'operazione in esame, occorre verificare la presenza dei presupposti (assenza di valide ragioni economiche e indebito vantaggio fiscale) dell'elusione i quali, come più volte stigmatizzato dal Comitato per l'applicazione delle norme antielusive (ex multis, parere n. 19/2003), devono sussistere contestualmente e non alternativamente, cioè devono essere entrambi sussistenti.

Relativamente al requisito delle "valide ragioni economiche", lo stesso Comitato ha sostenuto la tesi che "il giudizio circa la relativa validità deve essere condotto, alla luce del consolidato orientamento espresso da questo Comitato Consultivo, principalmente con riferimento ai soggetti che pongono in essere l'operazione - la società scindenda e la beneficiaria - senza aver riguardo ai benefici economici che soggetti diversi, tra i quali i soci, potrebbero trarre dall'operazione medesima, rilevando in tal senso la continuità dell'esercizio dell'attività d'impresa" (parere n. 2/2004).
Nel caso di specie, come dichiarato dall'istante, la scissione avrebbe lo scopo di dirimere il contrasto, sorto tra i soci della società scindenda, circa l'opportunità o meno di incrementare l'attività di compravendita immobiliare, di costruzione e ristrutturazione di immobili, nonché, circa l'opportunità di effettuare opere di manutenzione sugli immobili che compongono il patrimonio sociale.
Inoltre, nell'istanza si dichiara che "uno dei fratelli vorrebbe effettuare nuovi acquisti, attività edificatoria o utilizzare taluni immobili per un'attività commerciale in proprio, più redditizia rispetto a quella di puro godimento (....). L'altro fratello, pur non essendo interessato a continue compravendite di immobili, sarebbe propenso ad affiancare una qualche attività commerciale a quella di semplice locazione degli immobili di proprietà".

Il Comitato consultivo, relativamente a una fattispecie analoga, ha ritenuto non sussistenti le valide ragioni economiche, in quanto l'interpellante non aveva specificato in concreto gli obiettivi imprenditoriali delle società beneficiarie; di conseguenza, il Comitato ha concluso stabilendo che: "manca, dunque, la dimostrazione di una concreta motivazione economico-gestionale di natura produttiva o organizzativa volta, attraverso la dismissione del patrimonio originario e la modifica degli atti societari a dare continuità imprenditoriale all'attività sia della scissa che delle beneficiarie" (parere n. 41/2005).
Inoltre, lo stesso Comitato, sempre con riguardo a una scissione parziale non proporzionale con separazione del patrimonio immobiliare della scissa, ha stabilito che: "L'operazione di scissione parziale non proporzionale se volta alla mera assegnazione dei beni ai soci presenta aspetti di elusività, in quanto priva di valide ragioni economiche e diretta a conseguire attraverso l'aggiramento di obblighi previsti dall'ordinamento, un vantaggio tributario rinvenibile nello spostamento sine die della tassazione della plusvalenza sui beni, determinata in base al valore normale, ai sensi dell'art. 86, comma 1, lett. c) e comma 3 del Tuir".

Nel caso oggetto del presente interpello, non si evincono i concreti obiettivi imprenditoriali che i soci delle società beneficiarie intendono perseguire, e ciò induce a ritenere che la scissione parziale non proporzionale viene posta in essere al fine precipuo di dare luogo a una mera distribuzione del patrimonio immobiliare della società scindenda tra i soci della medesima, sfruttando indebitamente il regime di neutralità fiscale proprio dell'operazione di scissione.
La scissione prospettata presenta, dunque, profili di elusività fiscale, in quanto è rivolta all'aggiramento della norma tributaria di cui all'articolo 86, comma 1, lettera c), e comma 3, del Tuir, che disciplina la tassazione delle plusvalenze realizzate sui beni in sede di assegnazione dei medesimi ai soci.

In sostanza, l'elusività dell'operazione di scissione totale non proporzionale deve essere limitata a quelle ipotesi contrarie alla ratio del legislatore e, dunque, allorquando:

  • la scissione sia volta alla successiva vendita delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche, al fine di evitare la tassazione in capo alla società della plusvalenza sui beni (o del ricavo derivante dall'alienazione del bene stesso, se questo costituisce bene merce), beneficiando della meno onerosa imposizione sul capital gain
  • la scissione sia volta a creare dei "meri contenitori" di beni sotto forma di società beneficiarie che non svolgono alcuna attività d'impresa, al fine di celare un'assegnazione ai soci.

Nel caso de quo, non sembra ravvisarsi prima facie un intento elusivo, considerando che la Spa intende effettuare una scissione non proporzionale affinché i soci possano gestire e sviluppare separatamente e autonomamente l'attività di valorizzazione immobiliare, alcuni affiancandola a nuove iniziative commerciali, ognuno secondo i propri desideri, svolgendo in tal modo un'effettiva attività d'impresa (a ciò si aggiunga il fatto che non sembra essere intenzione dei soci vendere successivamente le partecipazioni nella società scissa, ovvero nelle beneficiarie, né tanto meno distogliere i beni dall'attività d'impresa tramite assegnazione degli stessi ai soci e conseguente liquidazione e scioglimento delle società stesse).
La componente elusiva va rinvenuta nello strumentale utilizzo per la creazione di società "contenitori" con lo scopo di "assegnare" a un socio una parte degli immobili in modo da consentire allo stesso di disporne liberamente, destinandoli a finalità personali, attraverso lo schermo societario.
Infatti, il Comitato (parere n. 18/2005) ha evidenziato come "la scissione, da ritenersi sostanzialmente non proporzionale, potrebbe prestarsi ad un uso "distorto" finalizzato ad una mera assegnazione dei beni ai soci. In questa ipotesi, infatti, qualora anche una delle ...società risultanti dalla scissione venisse privata di operatività, risultando un mero "contenitore" dei beni trasferiti, il risparmio fiscale sarebbe rinvenibile nello spostamento sine die della tassazione delle plusvalenze sui beni stessi, prevista sulla base del valore normale dei medesimi cespiti, ai sensi dell'art. 86, comma 1, lett. c) e comma 3, del Tuir".

La fattispecie rappresentata non consente, come si è detto, di apprezzare in concreto profili di riorganizzazione aziendale economicamente rilevanti a vantaggio della società scindenda e di quelle beneficiarie. Non appare ravvisabile, in altri termini, il vantaggio di tipo economico - imprenditoriale di cui la prima società dovrebbe beneficiare in conseguenza della consistente riduzione del patrimonio immobiliare oggetto della propria attività, né, anche in considerazione dell'ampiezza e dell'eterogeneità dell'oggetto sociale di entrambe le beneficiarie, nonché dell'attività svolta in concreto da quella già esistente, le prospettive di migliore utilizzazione o rendimento che dovrebbero concretizzarsi sugli immobili trasferiti.
La scissione prospettata appare, piuttosto, destinata a surrogare lo scioglimento del vincolo societario da parte dei soci e l'assegnazione agli stessi di parte del patrimonio immobiliare. Operazione, quest'ultima, che sarebbe stata certamente più idonea sul piano giuridico rispetto alle finalità concretamente perseguite, ma assai più onerosa dal punto di vista fiscale in considerazione dell'emersione di materia imponibile.

Nel caso esaminato, il conseguimento di un indebito risparmio d'imposta è, infatti, rinvenibile nello spostamento sine die della tassazione delle plusvalenze sui beni stessi, grazie al regime di neutralità fiscale tipico della scissione. La circostanza che, di fatto, si configura in questa ipotesi è un'assegnazione di beni ai soci, mascherata da una possesso di partecipazioni in società "contenitori" proprietarie degli immobili stessi, a cui dovrebbe conseguire la tassazione delle plusvalenze in base al valore normale dei beni, ai sensi del richiamato articolo 86, commi 1, lettera c), e 3, del Tuir. E infatti, da quanto emerge dalla documentazione, la società beneficiaria è caratterizzata da un oggetto sociale molto ampio che comprende sia l'attività di gestione immobiliare, sia diverse attività commerciali. Il fatto che nei tre anni di attività la gestione della stessa sia stata caratterizzata esclusivamente dalla locazione di un immobile (di cui risulta essere proprietaria) lascia presumere che la beneficiaria "già costituita sia soltanto un mero "contenitore" che consentirebbe di assegnare al socio una parte degli immobili dei quali lo stesso potrebbe liberamente disporre attraverso lo schermo societario".

La ristretta base familiare della compagine sociale, la mancanza di prospettive di ingresso di nuovi soci e/o capitali nelle società beneficiarie, la mancata rappresentazione di reali e concrete strategie imprenditoriali conseguenti alla scissione, induce, quindi, a ritenere che l'operazione di scissione parziale non proporzionale prospettata sia finalizzata non a realizzare un piano di riorganizzazione aziendale nell'interesse delle società coinvolte nell'operazione, ma sia strumentale alla realizzazione di interessi dei soci e, dunque, elusiva.

 
Antonina Giordano
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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