La stretta della base imponibile delle imprese.


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La stretta della base imponibile delle imprese.
Autore: Michele Andriola - aggiornato il 07/12/2005
N° doc. 1020
 
07 12 2005 - Edizione delle 16:30  
 
Nel decreto legge 203 collegato alla Finanziaria

La stretta della base imponibile delle imprese

La pex, l'avviamento, il leasing immobiliare e le spese di manutenzione degli immobili civili
 
Nell'ambito del decreto legge 203 collegato alla Finanziaria 2006, gli interventi relativi alla fiscalità dell'impresa sono accomunati da un leitmotiv, consistente in una "stretta" della relativa base imponibile, che va a colpire alcune componenti reddituali maggiormente suscettibili di pianificazione tributaria da parte delle imprese.
Ci si riferisce alle plusvalenze e minusvalenze finanziarie, all'avviamento, ai canoni dei leasing immobiliari, al dividend washing e alle spese di manutenzione degli immobili di proprietà delle imprese.
Rinviando ad appositi interventi la complessa e delicata questione del dividend washing, in questa sede ci si sofferma sulle altre componenti reddituali.

Il comma 5-bis del decreto legge 203/2005 si limita a sostituire, nell'ambito dell'articolo 103, comma 3, del Tuir, l'espressione "un decimo" con "un ventesimo", prevedendo, al secondo comma, che la predetta modifica si applica a decorrere dal periodo d'imposta alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, anche con riferimento alle residue quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto in periodi di imposta precedenti.

Come può notarsi, l'efficacia della norma è davvero incisiva sotto un duplice punto di vista:
  1. va a colpire anche la deduzione delle quote di ammortamento in corso
  2. scoraggia sul nascere manovre di pianificazione fiscale volte a far emergere valori di avviamento fiscalmente deducibili nell'ambito di transazioni infragruppo.

A tal fine, la classica ipotesi potrebbe essere rappresentata dalla tecnica del cosiddetto refreshing delle perdite fiscali in scadenza. La società del gruppo che abbia perdite fiscali in scadenza dismette, a vario titolo, un ramo d'azienda (o l'intera azienda) a favore di altre società del gruppo. Mentre la società trasferente realizza il valore dell'avviamento che compensa con le perdite fiscali in scadenza, le società subentranti possono dedurre dal loro reddito d'impresa il valore dell'avviamento riconosciuto.
Se a ciò si aggiunge che, con l'entrata in vigore della participation exemption, ogniqualvolta si proceda alla dismissione di aziende, sia direttamente sia mediante la cessione delle relative partecipazioni, la scelta tra l'una o l'altra opzione è fiscalmente rilevante (nel primo caso il trasferente tassa il plusvalore e il subentrate deduce l'avviamento, nel secondo caso il trasferente non tassa e il subentrante eredita i vecchi costi fiscalmente riconosciuti dell'azienda), il raddoppio del periodo di deduzione fiscale degli avviamenti non potrà non incidere sulla convenienza a scegliere un'ipotesi anziché l'altra.

Altrettanto incisiva appare la modifica all'articolo 102, comma 7, del Tuir ad opera dell'articolo 5-ter del collegato alla Finanziaria.
Con tale modifica normativa si dispone che la deduzione dei canoni di leasing da parte dell'impresa utilizzatrice è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore "alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili".

Prima della predetta novella, la regola era identica per i beni mobili e, per i beni immobili, la regola era che la durata del contratto non fosse inferiore a otto anni.
Il che equivale a dire che le modifiche sostanziali del leasing immobiliare sono la previsione di un "tetto" di quindici anni per la deduzione e l'ancoraggio alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con decreto ministeriale.
Ebbene, tale modifica va a incidere sulla convenienza che, a oggi, le imprese trovano all'acquisizione in leasing degli immobili rispetto all'acquisizione diretta. Infatti, se si considera che le aliquote di ammortamento dei beni immobili normalmente non superano la soglia del 3 per cento annuo, per la totale deduzione del costo sopportato in sede di acquisizione diretta - se si eccettuano le quote di ammortamento anticipato - occorrono trenta anni, mentre con il leasing prima in otto anni si poteva chiudere la partita con l'Erario, adesso occorre attenderne almeno quindici (fatti salvi particolari settori produttivi in cui le aliquote di ammortamento sono superiori al 3 per cento).
Invero, il trattamento tributario dei canoni di leasing immobiliare viene equiparato al trattamento tributario dei canoni di leasing mobiliare.

Circa l'efficacia nel tempo, la disposizione troverà applicazione relativamente ai contratti di leasing stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, il che rappresenta una garanzia per i contribuenti, i quali sono messi nelle condizioni di rimodulare i piani di investimento con la formula del leasing già programmati e non ancora effettuati.

Altrettanto incisiva è la modifica all'articolo 90 del Tuir ad opera dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del collegato alla Finanziaria.
Alla previgente regola di deduzione forfetaria del 15 per cento delle spese di manutenzione degli immobili ivi indicati viene aggiunta una fondamentale specificazione, allorché i predetti immobili - che non costituiscono beni strumentali né beni-merce - siano concessi in locazione.
In tale caso, la regola è che, qualora il canone ridotto fino a un massimo del 15 per cento dell'importo delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera a) del comma 1, articolo 3 del Dpr n. 380 del 2001, risulti superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione.

Come può notarsi, per i soli immobili concessi in locazione, la deduzione forfetaria del 15 per cento delle spese si trasforma in deduzione a pie' di lista nel limite massimo del 15 per cento delle spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico, spese limitate a quelle previste dalla lett. a) del comma 1 dell'articolo 3 del Dpr 380/2001.
Quale la ratio legis sottesa a tale "stretta"?
Si ritiene che tale "stretta" vada a scoraggiare la costituzione di società di comodo e l'effettuazione di operazioni di spin-off immobiliare.
Nel primo caso, la negazione della deduzione forfetaria delle spese per gli immobili concessi in locazione, va a colpire il diffuso fenomeno dell'intestazione di immobili in cui si vive a società di comodo all'uopo costituite.
Nel secondo caso, la predetta negazione della deduzione evita il risparmio d'imposta nella misura del 15 per cento che, in una logica infragruppo, viene conseguito ogniqualvolta un bene immobile, rientrante nelle categorie di cui all'articolo 90 del Tuir, sia trasferito in neutralità fiscale (ad esempio, in sede di scissione) a una società immobiliare di mero godimento, la quale lo concede in locazione alla medesima società trasferente. Quest'ultima società deduce l'intero canone di locazione, mentre la società locatrice assoggetta a imposizione l'85 per cento del relativo ammontare.

Circa l'efficacia nel tempo delle predette disposizioni, il comma 2 dell'articolo 7 prevede che le stesse si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, il che va a incidere fortemente sulle scelte già operate e che sono in corso di esecuzione.

Il decreto legge collegato alla Finanziaria va a incidere anche sul regime della participation exemption, anche in questo caso in una logica di "stretta" alla base imponibile delle imprese.
L'articolo 5 del decreto, come modificato in sede di conversione, prevede le seguenti nuove regole.
La lettera b) del comma 1 integra il comma 1 dell'articolo 87 del Tuir, prevedendo che l'esenzione sulle plusvalenze relative a partecipazioni spetta nella misura del 91 per cento e, a decorrere dal 2007, dell'84 per cento.
Tale regola, non apparendo giustificata su un piano logico-sistematico, appare motivata da ragioni di gettito.

La medesima lettera b) citata sostituisce nella lettera a) del comma 1 dell'articolo 87 del Tuir la parola "dodicesimo" con "diciottesimo".
Anche tale regola appare motivata da finalità di gettito, non apparendo giustificata su un piano logico-sistematico, dal momento che, per le minusvalenze, sia la lettera a) sia la lettera d) mantengono - la prima con riferimento agli imprenditori individuali e alle società di persone e la seconda con riferimento ai soggetti passivi Ires - il minimum holding period ancorato al "dodicesimo" mese precedente quello dell'avvenuta cessione.

Come evidenziato dalla stampa specializzata, il rischio sottostante a tali due scelte normative è che si scoraggi l'ingresso in Italia delle holding costituite all'estero (prevalentemente Olanda e Lussemburgo) nel corso degli anni '90, anche se non va sottaciuto, in senso contrario, che la "spinta" in tal senso è derivata da recenti fenomeni di speculazioni finanziarie "esentasse".

Infine, anche il pro-rata patrimoniale disciplinato nell'articolo 97 del Tuir subisce una modifica, la quale va collegata, su un piano sistematico, alla fondamentale scelta di mantenere il minimum holding period ancorato al "dodicesimo" mese limitatamente alle minusvalenze realizzate.
La lettera c) del comma 1 dell'articolo 5 in esame introduce, infatti, un nuovo comma 1-bis al predetto articolo 97, ai sensi del quale "agli effetti del comma 1, il requisito di cui all'articolo 87, comma 1, lettera a), si intende conseguito qualora le partecipazioni siano possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d'imposta".
Anche in questo caso, la modifica apportata rappresenta una "stretta" per la base imponibile, in quanto per l'acquisizione di partecipazioni in regime di pex gli interessi saranno deducibili fino al dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d'imposta e non fino al diciottesimo.

 
Michele Andriola

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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