Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 4


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Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 4
Autore: Baldassare Li Bassi - aggiornato il 20/03/2006
N° doc. 1336
 
 

Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 4

Le prestazioni occasionali tecniche; il lavoro in associazione in partecipazione; il lavoro creativo dell'autore; il lavoro autonomo occasionale
 
Le prestazioni occasionali tecniche o collaborazioni minime
Sono disciplinate dall'articolo 61, comma 2, del Dlgs 276/03, che definisce tali le prestazioni che rispettano i seguenti parametri:
  • non superino i 30 giorni lavorativi nel corso dell'anno solare
  • non comportino, in ogni caso, la percezione di un compenso complessivamente superiore a 5mila euro.

Per tali collaborazioni non sono fissati ambiti di applicazione e soggetti destinatari. Esse, pertanto, possono essere svolte da qualsiasi soggetto e per qualsiasi committente.
I due parametri non hanno altresì una commisurazione su base annua, ma sono da riferirsi a un unico committente e il mancato rispetto di uno solo di questi parametri determina l'applicazione al rapporto delle disposizioni sul lavoro a progetto, altrimenti il rapporto si trasforma in lavoro dipendente.

La norma, in buona sostanza, non disciplina le prestazioni occasionali in genere, ma vuole semplicemente evitare, attraverso la fissazione di paletti temporali e retributivi, che con contratti occasionali e in assenza di una reale autonomia del prestatore, si voglia eludere le norme sul lavoro a progetto. In altre parole, il legislatore del lavoro, quando all'articolo 61 del citato decreto disciplina le prestazioni occasionali, ha un obiettivo tecnico e cioè di regolamentare comunque le collaborazioni coordinate e continuative che, pur realizzandosi con le caratteristiche di quelle a progetto (retribuzione prestabilita, utilizzo di mezzi e strumenti del committente, coordinamento spazio-temporale tra i due soggetti del rapporto), non devono rispettare l'esistenza di un progetto, ma possono, in considerazione della loro precarietà, essere disciplinate in modo meno rigido.
Da evitare sarebbero quindi quei rapporti di collaborazione occasionale, intrattenuti con gli stessi soggetti e per la stessa attività, nelle more della realizzazione del contratto a progetto. Se risulta infatti superato il limite dei 30 giorni, si rischierebbe il disconoscimento della collaborazione occasionale, con la contestazione che il progetto avrebbe dovuto essere identificato fin dall'inizio. Appare invero contraddittoria la pretesa di qualificare la stessa identica prestazione, fornita con le stesse modalità e senza soluzione di continuità per diversi mesi, dapprima come occasionale e, successivamente, quale contratto a progetto.

Dal punto di vista della categoria reddituale e contributivo, perciò, non cambia niente rispetto alle collaborazioni coordinate e continuative in genere. Anche in questo caso, infatti, corre l'obbligo della iscrizione alla Gestione separata Inps di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 335/95, alla costituzione del rapporto e con reddito di natura assimilata al lavoro dipendente.
Ciò significa, dunque, anche qui la possibilità, per le indennità e i rimborsi di spese percepiti per trasferte, di utilizzare i sistemi di esenzione totale o parziale di cui al comma 5 dell'articolo 51 del Tuir (sistema piè di lista, forfetario o misto).
I contributi, pertanto, per un terzo a carico del lavoratore e per due terzi a carico del committente, sono versati direttamente all'Inps da quest'ultimo entro il giorno 16 del mese successivo a quello di corresponsione degli emolumenti, e il reddito, da indicare nel quadro C del modello Unico o 730, continua a essere certificato tramite Cud.

Le prestazioni di lavoro in associazione in partecipazione
Il codice civile considera il contratto di associazione in partecipazione come quel contratto mediante il quale un soggetto (l'associante - impresa) attribuisce a un altro (associato) una partecipazione agli utili in cambio di un determinato apporto, che può consistere in capitale oppure in una determinata prestazione lavorativa o nell'una e nell'altra cosa.
L'articolo 86, comma 2, della riforma Biagi tratta dei contratti di associazione in partecipazione proprio con l'obiettivo di ridurre i rischi di inosservanza della disciplina dei contratti collettivi di lavoro subordinato. Torna applicabile quindi tale norma antielusiva, con trasformazione automatica del rapporto in lavoro dipendente, in tutti i casi in cui siano violati i principi del rischio d'impresa e dell'obbligo del rendiconto.

La Cassazione, già in passato, aveva precisato la distinzione fra il contratto di associazione in partecipazione, con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato, con sentenza del 19/12/2003, n. 19475. La differenza risiede soprattutto nell'autenticità dell'apporto della prestazione lavorativa. Infatti, la riconducibilità all'uno o all'altro schema esige un'indagine volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del rapporto concreto, degli elementi che caratterizzano i due contratti. Si deve accertare se:

  • il corrispettivo dell'attività lavorativa escluda o meno un apprezzabile rischio di impresa. Snatura quindi il contratto la previsione di un'eventuale garanzia di un guadagno fisso. Caratteristiche fondamentali del contratto di associazione sono, quindi, la sola partecipazione agli utili e la previsione dell'obbligo del rendiconto periodico (annuale o trimestrale in base alle pattuizioni concordate), in virtù appunto del riconosciuto potere di controllo dell'associato sulla gestione economica dell'impresa. In pratica, l'obbligo di rendiconto sarebbe indice della genuinità del rapporto e deve essere effettivo. E' opportuno cioè che l'associato, dopo la visione dei documenti, rilasci una dichiarazione di avvenuto controllo
  • il lavoratore riceva semplicemente istruzioni o direttive di carattere generali da parte dell'associante. Solo così infatti il rapporto può essere considerato ancora come mediamente autonomo. Se infatti il lavoratore viene assoggettato al più ampio potere direttivo, organizzativo e disciplinare o gerarchico della persona o dell'organo che assume le scelte di fondo nell'organizzazione dell'azienda e che si concretizza nell'emanazione di ordini specifici e nell'esercizio di un'assidua vigilanza e controllo della prestazione lavorativa, allora il rapporto diventa di natura subordinata.

Ai fini fiscali, la partecipazione agli utili dell'associato con apporto esclusivo della prestazione di lavoro, e per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta, si configura come reddito assimilato al lavoro autonomo (comma 2, lettera c), dell'articolo 53, e comma 8 dell'articolo 54 del Tuir). Concorrono a formare il reddito imponibile anche i rimborsi di spese, in quanto l'articolo 54 non ne prevede la deducibilità.
L'associato può comunque portare in deduzione dal proprio reddito tutte le spese fiscalmente ammesse secondo le regole ordinarie del reddito di lavoro autonomo. L'associante, infine, deve operare, all'atto del pagamento del compenso all'associato, una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell'Irpef dovuta dall'associato medesimo.
Con riferimento alla posizione dell'associante, si ricorda che la remunerazione relativa ai contratti di associazione in partecipazione con apporto esclusivo di lavoro è interamente deducibile dal reddito imponibile dell'associante.

Anche sul lavoro in associazione in partecipazione, si sono innescate di recente nuove regole previdenziali. E' stato previsto, infatti, che anche gli associati che apportano solo lavoro devono obbligatoriamente iscriversi alla gestione separata Inps.
L'obbligo scatta entro un massimo di 30 giorni dall'inizio dell'attività e può essere assolto, anche con invio online della fotocopia del contratto. Il contributo, per il 55 per cento, è a carico dell'associante; il restante 45 per cento è a carico dell'associato. La base imponibile è quella determinata secondo le regole fiscali.
Secondo le istruzioni dell'Inps, il contributo deve però essere applicato anche sugli emolumenti lordi a titolo di anticipazione, salvo conguaglio definitivo quale risulta dalla dichiarazione dei redditi e dagli accertamenti definitivi, ed è versato dall'associante il 16 del mese successivo a quando vengono corrisposti, utilizzando il modello F24, con la causale ASS.
Sulla scorta di questa previsione, l'Inps ha altresì chiarito, che il contributo previdenziale non è dovuto laddove l'associante stipuli un contratto con il coniuge, i figli, affidati o affiliati, minori d'età o permanentemente inabili al lavoro nonché con gli ascendenti, per i quali l'articolo 60 del Tuir stabilisce la non concorrenza a formazione del reddito complessivo dei compensi percepiti.

Il lavoro creativo dell'autore Il concetto del diritto d'autore va assunto con riferimento alla disciplina sostanziale e, più in particolare:
- nel codice civile (articoli da 2575 a 2583)
- nella legge 22 aprile 1941, n. 633
- nel Dlgs 26 maggio 1997, n. 154.

Secondo l'attuale formulazione dell'articolo 2 della legge 633/41, risultano protette dal diritto d'autore:

  • le opere letterarie, compresi la redazione di un articolo o di un servizio giornalistico
  • le opere e le composizioni musicali
  • le opere coreografiche o pantomimiche
  • le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari
  • i disegni e le opere dell'architettura
  • le opere fotografiche
  • i programmi per elaboratori
  • le opere collettive, costituite dalla riunione di opere o di parti di opere destinate al raggiungimento di un fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico o artistico (ad esempio, enciclopedie, dizionari, riviste, giornali, eccetera)
  • le elaborazioni di carattere creativo di un'opera già esistente (ad esempio, le traduzioni in altra lingua, le riduzioni, le trasformazioni da una ad altra forma letteraria o artistica, le modificazioni e aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originaria).

L'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha chiarito che i caratteri fondamentali dell'opera dell'ingegno sono l'originalità, la creatività o novità e la concretezza, l'opera cioè deve essere dotata di autonomia e deve essere divulgabile e riproducibile. E' assente, per esempio, la creatività nell'attività dei correttori di bozze e di tutti coloro che si limitano a fornire a giornali notizie utili per la redazione dell'articolo.

Secondo l'articolo 53, comma 2, lettera b), del Tuir, i compensi spettanti ad autori per lo sfruttamento delle opere dell'ingegno di carattere creativo, sono assimilati al reddito di lavoro autonomo, la cui determinazione, ai sensi del successivo articolo 54, comma 8, avviene attraverso un deduzione forfetaria del 25 per cento, a titolo di spese, rapportata all'ammontare dei compensi. Anche la ritenuta d'acconto si applica a tale ammontare netto.

Ai fini Iva, l'articolo 3 esclude dal novero delle prestazioni di servizi le cessioni, concessioni e licenze relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e dai loro eredi e legatari. Tale esclusione, tuttavia, non è estesa ai diritti d'autore derivanti da disegni e opere di architettura e da opere dell'arte cinematografica, nonché da opere di ogni genere, utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale.
Ovviamente il diritto d'autore di cui si parla in entrambi i tributi, non è il diritto morale inalienabile alla paternità dell'opera, bensì il diritto patrimoniale di disporre dell'opera stessa, traendone, eventualmente, utilità economica.

Il lavoro creativo avrebbe dunque rilevanza sostanziale solo ai fini reddituali, in quanto, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, anche se viene aperta la partita Iva, comunque opera l'espressa esclusione oggettiva.

Il lavoro autonomo occasionale
I rapporti occasionali di lavoro autonomo per natura si caratterizzano per lo svolgimento di un'attività nella completa autonomia circa il tempo e il modo della prestazione e a mera esecuzione istantanea, e cioè per un fatto contingente, eventuale ed episodico. Deve trattarsi quindi di un rapporto il cui interesse delle parti si esaurisce al raggiungimento del risultato stabilito.
E' esclusa l'occasionalità, pertanto, quando il rapporto sia caratterizzato da un interesse durevole del prestatore di lavoro o del committente a svolgere o ricevere rispettivamente nel tempo, una o più prestazioni anche se non periodiche.

In buona sostanza, se l'interesse durevole è del prestatore, bisognerebbe aprire la partita Iva, in quanto potrebbe facilmente riscontrarsi in questo caso anche una certa programmazione dell'attività; se invece è del committente, allora il rapporto non può che essere o di lavoro subordinato anche se discontinuo o a termine ovvero parasubordinato di collaborazione coordinata e continuativa minima o a progetto.
A ogni modo, quello che è pacifico, è che l'esame della natura occasionale del rapporto d'opera di cui all'articolo 2222 c.c. deve prescindere dalla misura del compenso e dal numero di prestazioni svolte, dal momento che sono comunque possibili tra le stesse parti anche più prestazioni di lavoro autonomo occasionale. Si pensi, ad esempio, a un unico incarico a tempo determinato, che necessita, però, di una pluralità di prestazioni o interventi da parte del lavoratore.

I proventi da lavoro autonomo occasionale costituiscono reddito diverso al netto delle spese specificamente inerenti alla loro produzione e con applicazione del principio di cassa e della ritenuta d'acconto Irpef del 20 per cento.

L'obbligo contributivo scatta al superamento dei 5mila euro di reddito annuo, e con aliquote differenziate a seconda se il lavoratore occasionale è privo di altra tutela obbligatoria, se il lavoratore occasionale è titolare di pensione diretta (anzianità, vecchiaia o invalidità), o se il lavoratore occasionale è già coperto da altra forma previdenziale obbligatoria (ad esempio, dipendente che svolge occasionalmente una docenza per una società di formazione o è titolare di pensione indiretta).
Il reddito di 5mila euro costituisce, comunque, una fascia di esenzione. Ciò significa che i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente i 5 mila euro.

Sul piano giuridico, il rapporto previdenziale tra i lavoratori autonomi occasionali e l'Inps nasce per la prima volta nel mese in cui viene superato il reddito di 5mila euro; superato il limite, pertanto, i lavoratori devono iscriversi alla Gestione separata. Una volta effettuata la prima iscrizione, non è più necessario ripresentarla per gli anni successivi.
In presenza di più rapporti, l'Inps ha chiarito, altresì, che dovrà essere il lavoratore a tenere informati i vari committenti circa l'avvenuto superamento del tetto di esenzione.
Superata, in riferimento a ciascun anno solare, la fascia di esenzione di 5mila euro, il committente o i committenti interessati devono versare i contributi sugli ulteriori emolumenti dagli stessi corrisposti nel predetto anno, con le modalità e i termini previsti per i collaboratori coordinati e continuativi, entro il giorno 16 del mese successivo al relativo pagamento, tramite modello F24 e utilizzando i codici in uso per le citate collaborazioni (CXX o C10).
Come già precisato, secondo l'Inps, la base imponibile su cui applicare il prelievo è costituita dal compenso lordo erogato al lavoratore, dedotte le spese poste a carico del committente e risultanti dalla ricevuta. Dal punto di vista fiscale, invece, nella nozione di compenso da assoggettare a ritenuta d'acconto rientrano anche eventuali rimborsi spese inerenti la produzione del reddito, anche se si tratta di rimborsi relativi a spese analiticamente documentate, eccettuati solo i rimborsi per spese in nome e per conto (risoluzione 69/ E del 21 marzo 2003). L'Agenzia, in buona sostanza, in tale materia, è dell'avviso che esiste una sostanziale identità di trattamento tra i redditi professionali e i rediti occasionali di lavoro autonomo.
Ne consegue che in presenza di spese da addebitare al committente la base imponibile fiscale su cui applicare la ritenuta e quella previdenziale sarebbero diverse:

  • quella fiscale è rappresentata dall'importo complessivamente addebitato al committente (comprensivo di spese)
  • quella previdenziale è rappresentata invece dal solo compenso riferito alla prestazione di lavoro, al netto quindi delle spese.

Si precisa, infine, che la parte di contributo a carico del lavoratore (pari a un terzo), anche se rappresenta una quota deducibile dal reddito, non va riconosciuta dal committente in sede di applicazione della ritenuta fiscale con le stesse modalità previste per i collaboratori coordinati e continuativi in genere, dal momento che per i lavoratori occasionali non trovano applicazione le disposizioni fiscali previste dall'articolo 51 del Tuir.
Ne consegue che la ritenuta d'acconto del 20 per cento dovrà essere effettuata sul compenso al lordo non solo dei rimborsi spese ma anche della ritenuta previdenziale a carico del prestatore.
A ogni modo, il contributo trattenuto dal committente potrà essere dedotto nel quadro RP in occasione della compilazione del modello Unico o nel quadro E del 730.

Per quanto riguarda la deduzione delle spese sostenute, occorre tener presente che mentre per i redditi professionali la deduzione è genericamente ammessa per tutte le "spese sostenute nell'esercizio della professione", per i redditi occasionali di lavoro autonomo, la deduzione è invece ammessa solo per le spese "specificamente inerenti" alla produzione dei redditi stessi. Da ciò dovrebbe derivare, pertanto, che non sono ammessi in deduzione, non solo tutti quei costi aventi natura pluriennale, ma anche quelli che, per la loro natura, non possono essere riconducibili esclusivamente al reddito occasionale prodotto. In sostanza, i libri, le riviste, i supporti informatici e altri acquisti di beni o servizi potrebbero essere considerati deducibili solo se il loro utilizzo si sia rilevato indispensabile alla produzione del reddito stesso: deve risultare evidente cioè che senza il loro utilizzo il contribuente non avrebbe potuto effettuare la prestazione o avrebbe potuto effettuarla solo in parte. E' esclusa, quindi, dalla deduzione qualsiasi spesa che non sia "palesemente" utile e necessaria per realizzare quella specifica prestazione. Infine, la deduzione delle spese relative ai proventi occasionali non può mai eccedere l'ammontare dei proventi stessi; eventuali perdite derivanti da tali attività non sono infatti ammesse in deduzione dal reddito complessivo del lavoratore autonomo occasionale (cfr. articolo 8 del Tuir).

Si ricorda che la certificazione delle ritenute effettuate sui redditi di lavoro autonomo occasionale, va rilasciata in forma libera entro il 15 marzo dell'anno successivo e dovrà evidenziare anche gli eventuali contributi trattenuti (con risoluzione ministeriale n. 8/1034 del 31 ottobre 1977, l'Amministrazione finanziaria ha riconosciuto sufficiente, ai fini di tale obbligo, anche la lettera di accompagnamento del compenso, purché contenga gli elementi di tale certificazione, e cioè, l'indicazione del sostituto d'imposta, la causale, l'ammontare lordo delle somme corrisposte nonché l'ammontare della ritenuta effettuata).

Da notare come nel corso di svolgimento della principale attività con partita Iva sia anche possibile svolgere altre attività autonome occasionali (si pensi all'attività artistica resa in via occasionale da un professionista o a un ciclo di conferenze in materie giuridiche tenute da un avvocato o la docenza in un corso di informatica svolta da un esperto in tale branca).
Su tali proventi, occorre distinguere se l'attività occasionale sia o meno in astratto estrinsecazione della normale abituale attività economica esercitata, a prescindere cioè da ogni valutazione di connessione soggettiva od oggettiva, necessaria invece per le collaborazioni.
Nel caso infatti in cui questa estrinsecazione non ci sia (si pensi alla prestazione artistica resa da un medico), si rimane fuori dal campo di applicazione dell'Iva e del reddito di lavoro autonomo. La categoria reddituale in discussione sarebbe quindi sempre quella residuale dei redditi diversi.
Diversa è invece la situazione nel caso in cui una tale estrinsecazione ci sia e cioè in tutti i casi in cui non solo essa risulti così evidente da far pensare che il soggetto di fatto non stia svolgendo una attività occasionale ma la sua stessa normale attività (si pensi alle prestazioni didattiche occasionali aventi a oggetto una materia compresa nell'ambito della professione esercitata), ma anche nei casi in cui l'abituale attività esercitata rappresenti comunque l'occasione o la condizione per lo svolgimento dell'occasionale attività, anche se non v'è dubbio che il soggetto non stia svolgendo la propria attività economica (si pensi ancora al corso di un giorno tenuto da un esperto informatico o alla prestazione artistica resa da un animatore) . In quest'ultimo caso, infatti, più che di prestazione autonoma occasionale, è più corretto parlare di esercizio della stessa ordinaria attività economica. E' evidente, quindi, come in questi ultimi casi non si ponga più neanche il problema di distinguere se l'attività è di collaborazione minima secondo la legge Biagi o di lavoro autonomo per natura occasionale secondo le nuove regole previdenziali.

4 - continua. La quinta puntata sarà pubblicata mercoledì 22; le prime tre sono consultabili nella sezione "Riflettori su..."

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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