Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 5


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 5
Autore: Baldassare Li Bassi - aggiornato il 22/03/2006
N° doc. 1348
 
 

Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 5

Il lavoro autonomo abituale: dichiarazione di inizio attività, scelte di convenienza dei diversi regimi contabili
 
Il lavoro autonomo abituale
L'analisi sul concetto dell'abitualità delle prestazioni di lavoro autonomo per natura o in senso stretto, non può che essere condotta distinguendo la situazione di chi è iscritto in albi, elenchi, ruoli o registri professionali e imprenditoriali in genere, da quella dei non iscritti.
Nel primo caso, è logico ritenere, su un piano di carattere generale, che si è sempre in presenza di attività abituale, indipendentemente dalla frequenza delle prestazioni, quando congiuntamente:
  • il lavoratore autonomo o imprenditore è iscritto ad albi, elenchi, ruoli o registri
  • svolge operazioni, non importa il numero e la frequenza, rientranti tra quelle per le quali il soggetto ha conseguito tali iscrizioni.

In questo caso, infatti, diventa importante il programma di attività del soggetto passivo quale è dato percepire da una pluralità di elementi (per esempio, avvio di contatti lavorativi, acquisizione della disponibilità di locali).
In sostanza, la semplice iscrizione non obbliga ad aprirsi una partita Iva; essa, tuttavia, integra pur sempre un elemento sintomatico che, lungi dal costituire il fatto noto su cui poter unicamente fondare una presunzione di abitualità, potrebbe rappresentare un indizio grave e preciso ai sensi dell'articolo 2729 del codice civile. Con ciò non si vuole certo dare un valore eccessivo a elementi di carattere formale: si vuol solo dire che l'effettuazione anche di una sola operazione, in presenza delle cennate iscrizioni, potrebbe integrare l'esercizio di una abituale attività economica, in quanto il soggetto, avendo richiesto l'iscrizione, sembra dimostrare, fino a prova contraria, di essere programmaticamente rivolto al lavoro in proprio, anche se non esclusivo, e di aver posto in essere un minimum di atti preparatori allo svolgimento di un'attività auto-organizzata e abituale.
Il contribuente, tuttavia, potrebbe anche essere in grado di provare il contrario. Ma tali prove devono essere concrete e non basarsi semplicemente sul numero limitato delle operazioni poste in essere, in quanto questo modo di argomentare spesso finisce per costituire un paravento all'evasione, nel senso che la prestazione qualificata dall'interessato come lavoro autonomo occasionale potrebbe in realtà essere l'unica non occultabile in mezzo a un gran numero di operazioni "in nero".

Al di fuori di tale situazione, e cioè in presenza di attività per le quali non sia prescritta l'iscrizione in albi o elenchi ufficiali, stabilire invece se l'attività sia o meno abituale diventa un problema di più difficile soluzione, in quanto non esistono regole o parametri quantitativi fiscali che consentono di individuare in maniera netta le differenza che distinguono le attività abituali da quelle occasionali. L'unico parametro attualmente vigente è quello contributivo. Ma esso vale solo per stabilire se il soggetto lavoratore autonomo occasionale per natura debba iscriversi o meno alla Gestione separata Inps, ma non ci spiega ancora se il soggetto che svolge prestazioni ripetute nel corso dell'anno, anche se al limite sotto la fascia di 5mila euro, debba aprire o meno la partita Iva.

Orbene, nonostante sul tema in esame ultimamente si sia innestato anche l'aspetto contributivo, sul piano fiscale nulla sembra essere cambiato; rimangono pertanto valide le puntualizzazioni fino a ora effettuate dall'Amministrazione finanziaria a partire da quella, ribadita in più occasioni, che, essendo incerta la distinzione tra abitualità e occasionalità, la valutazione circa l'esistenza dell'uno o dell'altro elemento deve essere fatta caso per caso sulla base delle fattispecie concrete che di volta in volta vengono in considerazione, non esistendo cioè soluzioni a priori.

Il termine abituale nel contesto delle regole fiscali è esclusivamente abbinato al termine della professionalità a prescindere dall'organizzazione. Quest'ultima, infatti, ha rilevanza per stabilire se le abituali prestazioni di servizi, non rientranti nell'articolo 2195 del c.c. e, quindi, intrinsecamente autonome sul piano civile, siano di impresa o di lavoro autonomo sul piano fiscale.
L'elemento dell'abitualità, abbinato a quello della professionalità, starebbe a delimitare perciò una attività caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti. Naturalmente, l'abitualità dell'attività di lavoro autonomo che non significa esclusività, è perfettamente compatibile con il parallelo esercizio di un'attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa o di socio di società in genere, in quanto anche un'attività autonoma effettuata per poche ore al giorno o saltuariamente e, al limite, anche nei confronti di un solo committente, ma con costanza nel tempo, dando quindi l'idea di rappresentare per il prestatore il suo modo ordinario di esercitare la propria attività di lavoro indipendente, e anche senza una particolare organizzazione e anche se poco remunerata, realizzano il presupposto soggettivo per l'apertura della partita Iva, dovuto a presenza appunto dell'abitualità.
Ecco perché esistono anche dei particolari regimi speciali di contabilità (forfettario, supersemplificato, forfettino e forfettone) per le piccole attività di impresa o di lavoro autonomo con modesti volumi d'affari.

La dichiarazione di inizio attività con attribuzione della partita Iva e le scelte di convenienza dei diversi regimi contabili, speciali e istituzionali
La persona fisica che intraprende un'attività economica, abituale, ancorché non esclusiva, sia di tipo autonomo che imprenditoriale, deve segnalarlo all'Agenzia delle entrate, presentando un'apposita dichiarazione entro 30 giorni dall'inizio dell'attività (modello AA9/7). All'atto della dichiarazione, è possibile richiedere non solo il numero di partita Iva, ma anche l'accesso, nel rispetto delle relative condizioni, a uno dei seguenti regimi fiscali speciali:

  • il regime dei contribuenti minimi o forfettario, disciplinato dall'articolo 3, commi da 171 a 184, della legge 662/97. Da notare che, con decorrenza 1° gennaio 2007, tale regime non sarà più operativo, in quanto abrogato dalla legge 248/2005 di conversione del decreto legge 203/2005
  • il regime dei contribuenti minori o supersemplificato, disciplinato dall'articolo 3, commi da 165 a 171, della legge 662/97
  • il regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (forfettino), disciplinato dall'articolo 13 della legge 388/2000.

L'accesso ai regimi istituzionali dell'ordinario e del semplificato, già in sede di inizio attività, non richiede invece formalità di denuncia. Per tali regimi, cioè, non operano comunicazioni preventive. Il regime semplificato è infatti un regime naturale. E, per la scelta opzionale del regime ordinario, opera solo la conferma successiva, tramite il quadro VO della dichiarazione annuale Iva, del relativo comportamento concludente.

Da notare che l'accesso al regime speciale delle attività marginali (forfettone), disciplinato dall'articolo 14 della legge 388/2000, non può essere chiesto in sede di apertura della partita Iva, ma solo nel prosieguo dell'attività, in quanto strettamente legato all'applicazione degli studi di settore, che, come è noto, sono inapplicabili al primo periodo di imposta di avvio dell'attività

Le regole sostanziali (tassazione ordinaria Irpef e determinazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo, nonché le regole della determinazione e dei versamenti periodici dell'Iva) dei regimi "istituzionali" sono in gran parte comuni e la loro differenza consiste essenzialmente nella previsione da parte del regime ordinario di più stringenti obblighi contabili e, precisamente, la rilevazione cronologica dei singoli fatti amministrativi non solo nell'aspetto economico (ricavi o compensi e costi o spese) ma anche di quello finanziario- patrimoniale (cassa e banca, crediti e debiti, versamenti e prelevamenti personali, eccetera). Ciò va a impattare solo su qualche, e tutto sommato non consistente, vincolo, posto a carico dell'ufficio, prima di procedere ad accertamento parametrico o da studi di settore.

La determinazione e rappresentazione in dichiarazione del reddito di lavoro autonomo o d'impresa, in particolare, avviene secondo le seguenti modalità:

  • i lavoratori autonomi applicano sempre le regole di cui all'articolo 54 del Tuir, e, quindi, la differenza analitica tra compensi e spese effettive, salvo le componenti predeterminate forfetariamente, direttamente nel quadro RE del modello Unico
  • anche per gli imprenditori rileva la predetta differenza analitica dei ricavi e costi effettivi, salvo le componenti predeterminate forfetariamente.

Ma la rappresentazione in dichiarazione è diversa. E infatti:

  1. chi è in contabilità ordinaria compila il quadro RF del modello Unico; si parte, cioè, dall'utile o perdita derivante dal bilancio di esercizio secondo le regole della ragioneria a cui si applicano le variazioni in aumento e in diminuzione, previste dalla normativa fiscale di cui agli articoli 56 e seguenti del Tuir, tramite appunto il predetto quadro RF del modello Unico. Nulla vieta però di imputare nel conto economico i componenti positivi e negativi di reddito, seguendo direttamente le regole fiscali per ovviare appunto a queste variazioni in dichiarazione
  2. chi è invece in contabilità semplificata effettua la predetta analitica differenza direttamente attraverso il quadro RG del modello Unico, applicando le regole specifiche contenute nell'articolo 66 del Tuir.

L'idea di fondo dei regimi speciali è invece la possibilità, per le piccole attività imprenditoriali e di lavoro autonomo, di fare i conti anche senza la contabilità, senza cioè essere obbligati a tenere scritture contabili in cui annotare i documenti uno per uno, così come previsto per i suddetti regimi "istituzionali" del semplificato e dell'ordinario.
Per passare, infatti, dai dati indicati sui documenti (fatture, ricevute e scontrini) a quelli da indicare sul modello Unico - dichiarazione dei redditi (quadro RE per i lavoratori autonomi e quadro RG per gli imprenditori), dichiarazione Iva, dichiarazione Irap e modelli riguardanti parametri e studi di settore - non sempre è necessaria la mediazione di una rigorosa contabilità.
Essi perciò non sono dei veri e propri regimi contabili, ma rappresentano l'abolizione di una contabilità che al lavoro autonomo e alle piccole attività imprenditoriali non serve e che è stata sostituita dalla sola conservazione dei documenti per quanto riguarda il forfettino e dalla conservazione dei documenti e da poche registrazioni periodiche cumulative mensili e trimestrali per gli altri due. E' inoltre previsto che, in alternativa ai registri Iva, le registrazioni cumulative possano essere effettuate su appositi prospetti di cui ai decreti ministeriali dell'11 e 12 febbraio 1997.

Il regime supersemplificato agevola, tuttavia, solo sotto il profilo contabile, prevedendo per tutto il resto (tassazione Irpef e regole di determinazione del reddito d'impresa o di lavoro autonomo e dell'Iva, compreso l'obbligo dei versamenti periodici Iva) le stesse regole sostanziali del regime semplificato e, quindi, tassazione ordinaria Irpef e determinazione analitica del reddito e dell'Iva e cioè con spese e Iva assolta sulle stesse che, salvo le specifiche esclusioni o limitazioni normative, possono detrarsi solo se inerenti all'attività e se idoneamente documentate.
Anche le perdite derivanti dall'esercizio dell'impresa o di lavoro autonomo in regime supersemplificato seguono le stesse regole del semplificato, e, quindi, con possibilità di sottrazione dal reddito complessivo dell'anno e fino a concorrenza dello stesso, senza possibilità perciò di scomputo successivo per l'eventuale importo che non ha trovato capienza.
Si fa notare che i lavoratori autonomi comunque applicano la regola suddetta, anche se in regime ordinario per opzione. La possibilità infatti di scomputo successivo delle perdite in diminuzione del relativo reddito di categoria, ma non oltre il quinto periodo di imposta, è riconosciuta solo agli imprenditori in regime ordinario per scelta o per obbligo.

Il regime forfetario, invece, fermo restando la tassazione ordinaria Irpef e la regola dei versamenti periodici Iva, agevola sostanzialmente anche sulla determinazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo e sulla determinazione dell'Iva, riconoscendo un abbattimento automatico implicito delle spese e dell'Iva detraibile pari al completamento a cento delle percentuali di forfetizzazione sul volume d'affari e dell'Iva sulle operazioni imponibili. Le perdite, per definizione, non assumono mai rilevanza fiscale.

Il regime delle nuove iniziative (forfettino), infine, fermo restando la determinazione analitica del reddito d'impresa e di lavoro autonomo e dell'Iva, attraverso dunque le stesse regole del regime supersemplificato/semplificato, agevola sulla tassazione ordinaria Irpef attraverso un'imposta sostitutiva del 10 per cento e sull'esonero dai versamenti periodici Iva.
Per tassazione sostitutiva Irpef si intende che il reddito di impresa o di lavoro autonomo non partecipa alla determinazione del reddito complessivo del contribuente, non fa cumulo cioè con eventuali altri redditi posseduti ai fini della applicazione delle più elevate aliquote di imposta per scaglioni di reddito. Ciò, oltre a comportare degli ulteriori vantaggi in termini di maggiori risparmi di imposta sulla situazione reddituale complessiva e di esonero dal pagamento delle addizionali regionale e comunale sul reddito agevolato, comporta però lo svantaggio, se non si hanno altri redditi oltre a quello agevolato che concorrono alla formazione del predetto reddito complessivo, di non poter tener conto della no tax area e cioè della deduzione complessiva di 4.500 euro né della no tax family e cioè delle deduzioni per carichi di famiglia né di poter scaricare nella dichiarazione dei redditi oneri e spese di carattere personale (ad esempio, spese sanitarie, interessi passivi per l'acquisto o costruzione della abitazione principale, contributi previdenziali e assistenziali, eccetera). Ciò significa, in buona sostanza, che anche i contributi previdenziali, pur ricollegabili allo svolgimento dell'attività imprenditoriale o di lavoro autonomo, non possono essere inclusi nei quadri RG o RE; essi, infatti, sono da riferire alla sfera personale del contribuente e pertanto da indicare esclusivamente nel quadro RP dedicato agli oneri deducibili dal reddito complessivo (si veda risoluzione n. 79/E dell'8 marzo 2002). Ecco che, se non si ha un altro qualsiasi reddito che concorre alla formazione del reddito complessivo da indicare nel Quadro RN, anche queste spese vanno fiscalmente perse. Ciò significa, altresì, l'impossibilità di far concorrere eventuali perdite dell'attività alla determinazione del reddito complessivo dell'anno ovvero l'impossibilità di scomputo negli anni successivi.
Per espressa previsione legislativa, il reddito in esame, pur non partecipando alla formazione del reddito complessivo, rileva tuttavia ai fini della determinazione del limite di reddito per considerare fiscalmente a carico il familiare imprenditore o lavoratore autonomo che si avvale del regime sostitutivo in questione. Tale limite, si ricorda, è fissato in 2.840,51 euro.

Per valutare, in definitiva, quale regime conviene scegliere quando si apre la partita Iva, si può fare l'esempio di un professionista che inizia l'attività il 1° gennaio 2006 con volume dì affari annuo di 6mila euro, che ha diritto alla no tax area di 4.500 euro, non ha oneri deducibili o detraibili e non ha sostenuto alcuna spesa inerente l'attività professionale (reddito = volume d'affari).
Escludiamo la scelta del forfetario, perché valevole ancora per un anno e, se comunque scelto, preclude per i due anni successivi l'accesso al forfettino.
Se il contribuente, pertanto, sceglie il regime supersemplificato o semplificato, la sua tassazione Irpef sarebbe di 345 euro (23 per cento di 5.500 euro), quindi inferiore all'imposta sostitutiva pari a 600 euro. Ma non è ancora tutto. Il risparmio sull'Irpef potrebbe essere addirittura più consistente, dal momento che entrambi i regimi consentono anche di effettuare detrazioni di imposta e deduzioni dal reddito complessivo.

5 - continua. La sesta puntata sarà pubblicata venerdì 24; le prime quattro sono consultabili nella sezione "Riflettori su..."

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware