Le Regioni non possono disporre esenzioni dall'Ici


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Le Regioni non possono disporre esenzioni dall'Ici
Autore: Argentino D'Auro - aggiornato il 11/04/2006
N° doc. 1425
11 04 2006 - Edizione delle 13:00  
 
Corte costituzionale, sentenza n. 75 del 22 febbraio 2006

Le Regioni non possono disporre esenzioni dall'Ici

L'imposta deve ritenersi un tributo statale a tutti gli effetti
 
La Corte costituzionale, con sentenza n. 75 del 22 febbraio scorso, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 27 della legge regionale n. 4/2005 del Friuli Venezia Giulia, nella parte in cui concedeva ai Comuni la facoltà di poter accordare l'esenzione dall'Ici ai Consorzi di sviluppo industriale.
Con la pronuncia in commento, la Consulta viene nuovamente chiamata in causa per dirimere il riparto di competenza che, in materia tributaria, è scaturito dopo la riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, entrata in vigore con legge costituzionale n. 3/2001.

Com'è noto, la novellata Carta costituzionale ha fissato i limiti che la legislazione statale, regionale e locale devono osservare affinché sia garantito il legittimo esercizio della titolarità delle prerogative impositive in capo, rispettivamente, allo Stato, alle Regioni e agli enti locali (Comuni e Province).
In linea di principio, la dottrina più avvertita ha sostenuto che la riforma ha generato una pluralità di sistemi tributari: uno statale, ex articolo 117, lettera e), l'altro regionale, ex articolo 117, comma 4, che riguarda la cosiddetta potestà legislativa residuale delle regioni in tutte quelle materie non espressamente riservate allo Stato, all'interno del quale, a sua volta, si esplica l'autonomia tributaria degli enti locali, in forza dell'autonomia regolamentare di cui dispongono in tale materia, ai sensi dell'articolo 52 del Dlgs n. 446/97, essendo loro preclusa, per legge, la possibilità di legiferare.

A onor del vero, la sentenza della Corte oggetto del presente esame, costituisce solo l'ultimo, in ordine di tempo, di numerosi interventi già in precedenza effettuati in materia, atteso che l'articolo 119 della Costituzione, concernente l'autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali, costituisce una norma di principio a valenza prettamente programmatica, che non fornisce né agli operatori del diritto, né a quelli del settore soluzioni operative che individuino basi imponibili e relativi tributi spettanti a ciascun livello di governo territoriale.
In questa accezione, la mancanza di una legge di coordinamento della finanza locale con quella statale lede fortemente la stessa autonomia tributaria degli enti locali, dal momento che lascia ampi margini di incertezza sui legittimi spazi entro cui può esplicarsi la loro potestà impositiva e quella dello Stato, senza che detti attori confliggano, alimentando un notevole contenzioso.

La Consulta, nei motivi della sentenza, richiama il proprio orientamento giurisprudenziale già consolidatosi in proposito (avendo già giudicato su controversie analoghe), sicché la conclusione di incostituzionalità della norma censurata si inquadra in un contesto perfettamente in linea con le pregresse pronunce.
Nel merito, la sentenza n. 75/2006 sancisce il divieto della legislazione regionale di intervenire sull'imposta comunale sugli immobili, in quanto, ad avviso della Corte, l'Ici deve ritenersi un tributo statale a tutti gli effetti, dal momento che esso è istituito e disciplinato da una legge dello Stato (Dlgs 30 dicembre 1992, n. 504).
Ciò comporta che sono affette da vizio di illegittimità costituzionale tutte quelle norme regionali che introducono ipotesi di esenzione dall'Ici, che non siano previste dall'originario impianto normativo istitutivo del tributo medesimo.

In particolare, il caso sottoposto al giudizio della Corte attiene a una fattispecie di esenzione accordata da una legge della regione Friuli Venezia Giulia (legge regionale. n. 4/2005) ai Consorzi di sviluppo industriale e all'Ente per la zona industriale di Trieste. A parere dell'Organo giudicante, tale esenzione si appalesa illegittima sotto un duplice profilo: il primo, relativo al fatto che essa non è contemplata dall'articolo 7, comma 1, del citato Dlgs 504/92; il secondo, perché la norma censurata contrasta con l'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva al legislatore nazionale la competenza esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato.

A ciò aggiungasi, altresì (ulteriore circostanza di diritto messa in rilievo dalla Corte), che lo stesso statuto regionale, approvato con legge costituzionale n. 1/1963, non attribuisce una generica e indistinta potestà legislativa in materia tributaria alla Regione stessa. In base a esso, detta potestà legislativa deve essere esercitata "in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato" e deve limitarsi "all'istituzione di tributi regionali". Da tali norme statutarie emerge, dunque, che la Regione in questione può legiferare limitatamente ai tributi regionali, cioè quelli che, per statuto, si ha facoltà di istituire.

Nel caso di specie, la circostanza che l'Ici non rappresenta un tributo istituito dalla Regione e non ha i requisiti previsti dallo statuto per essere considerato regionale, ha indotto la Corte a dichiarare l'illegittimità della norma della legge regionale che prevedeva l'esenzione dall'Ici dei Consorzi di sviluppo industriale.
L'acclarata incostituzionalità, in questa circostanza, deriva da un aperto contrasto fra la norma impugnata (articolo 27, legge regionale n. 4/2005) e lo statuto della Regione, che conferisce a quest'ultima la sola facoltà di istituire tributi regionali in senso stretto.
 
Argentino D'Auro
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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