Le obiettive condizioni di incertezza della norma fiscale.


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Le obiettive condizioni di incertezza della norma fiscale.
Autore: Francesca La Face - aggiornato il 01/08/2007
N° doc. 3774
01 08 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Dai codici alle aule di giustizia

Le obiettive condizioni di incertezza della norma fiscale

I casi in cui alla violazione non si accompagna la sanzione. La giurisprudenza in materia
 
L’articolo 8 del Dlgs n. 546 del 31/12/1992, rubricato “errore sulla norma tributaria”, stabilisce che la Commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalla leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.

Al riguardo, la circolare ministeriale n. 98/E del 23/4/1996, emessa dal ministero delle Finanze, aveva precisato che l’incertezza interpretativa può essere rilevata dal giudice anche se non dedotta in giudizio dal contribuente, ma deve trattarsi di “incertezza oggettiva”, come, ad esempio, nei casi di divergenze di contenuto tra atti ufficiali dell’Amministrazione, non anche di incertezza derivante da condizioni soggettive del ricorrente. Non può ravvisarsi, invece, alcuna incertezza sulla portata della norma nei casi in cui sulla stessa si sia formato un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Inoltre, l’articolo 6, comma 2, del Dlgs n. 472/1997 (decreto che ha riformato il sistema normativo delle sanzioni non penali in materia tributaria), rubricato “cause di non punibilità”, ha previsto che non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono.
A tal proposito, la circolare ministeriale n. 180/E del 10 luglio 1998 aveva chiarito che si deve reputare che sussista incertezza obiettiva di fronte a previsioni normative equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse e da non consentire, in un determinato momento, l’individuazione certa di un significato determinato. Una tale situazione, non infrequente rispetto alle norme tributarie assai spesso complesse e non univoche, si può verificare, ad esempio, in presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle quali non si sia formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti contraddittori.

Dalla lettura della citate disposizioni si evince che non si applicano le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie nei casi in cui vi sia una grave incertezza sull’interpretazione della norma a fondamento della pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ovvero qualora la norma da chiunque interpretata risulti scarsamente intelligibile o contraddittoria, ovvero consenta, comunque, di pervenire a conclusioni interpretative divergenti.

Secondo la dottrina prevalente, le cause di non punibilità nel sistema sanzionatorio tributario non penale derivano dall’esistenza di una “incertezza interpretativa”, cioè da una seria perplessità sul significato della norma, che si traduce in un’ignoranza del suo “vero” contenuto.
L’incertezza, quindi, deve essere obiettiva e l’infrazione da questa obiettività deve essere giustificata.

Secondo il descritto orientamento dottrinale, “obiettiva” significa generale, concreta, riscontrabile e determinante, al punto da potere giustificare la commessa violazione.
Vi deve essere, cioè, un rapporto causale fra l’esistente e generale perplessità sulla norma e l’effettuata inosservanza al precetto legislativo.
In altre parole, l’infrazione deve potersi giustificare con la difficoltà in concreto di potere applicare la legge, a causa dell’incertezza che si è creata intorno alla sua portata e alla sua sfera di applicabilità.
L’incertezza della disposizione si sostanzia, quindi, in una pluralità di interpretazioni possibili, tutte ugualmente fondate.

Questo significa che esistono effettive difficoltà di applicazione della legge perché la volontà legislativa non è comprensibile e, per di più, esiste incomprensione sui confini della sua estensibilità nella concreta applicazione.
In definitiva, secondo la tesi “oggettivistica”, l’istituto si configura come una sorta di onere per il legislatore affinché emani delle leggi chiare, precise e di facile intelligibilità. Se, cioè, il legislatore vuole che dalla violazione dei precetti tributari consegua la corrispondente sanzione, la condizione indispensabile per assicurare l’osservanza e, quindi, il funzionamento del sistema, è che dette norme siano formulate in modo tale da non dare luogo ad incertezze sulla loro portata.

Una volta chiarito il concetto di “obiettive condizioni di incertezza”, si ritiene utile riportare alcuni orientamenti giurisprudenziali che hanno definito determinate fattispecie, idonee a giustificare l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative tributarie.
Al riguardo, va segnalata la sentenza della Cassazione n. 14476 del 29/9/2003, con la quale è stato affermato che l’errore sulla norma tributaria assume sicuramente rilievo quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto derivante da elementi positivi di confusione.

Inoltre, con la sentenza n. 6251 del 18/4/2003, la Corte ha statuito che ad integrare l’errore sulla norma tributaria regolato dall’art. 8 del D.lgs. n. 546/1992, (secondo il quale le commissioni tributarie possono dichiarare non applicabili le sanzioni non penali, previste dalle leggi tributarie, quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce), non è sufficiente ipotizzare una non chiara formulazione letterale della norma, essendo pur sempre onere del destinatario del precetto la ricerca della interpretazione più consentanea alla lettera ed alla ratio della legge (cfr nello stesso senso, sentenze 11233/2001, 13482/2001, 17515/2002, 6251/2003, 14476/2003).

Infine, si rammenta che i giudici di legittimità, con la sentenza n. 17218 del 28/7/2006, hanno ritenuto che l’inapplicabilità delle sanzioni deve essere sempre motivata dal giudice di merito.
Secondo la Cassazione, quindi, non è conforme alla legge la sentenza con la quale il giudice di merito, nell’accogliere l’istanza di esclusione dalle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma, abbia motivato genericamente tale istanza è suscettibile di favorevole accoglimento.
 
Francesca La Face
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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