Mancata risposta all'invito dell'ufficio: la 'scortesia' si paga cara


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Mancata risposta all'invito dell'ufficio: la 'scortesia' si paga cara
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 26/04/2006
N° doc. 1462
26 04 2006 - Edizione delle 14:30  
 
Commissione tributaria regionale del Lazio

Mancata risposta all'invito dell'ufficio: la "scortesia" si paga cara

Legittimo l'accertamento induttivo se il contribuente non dà seguito al questionario notificatogli
 
La sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (sezione 27) n. 38 del 13 aprile 2006 ha statuito che, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 28/1999 (che ha modificato l'articolo 39 del Dpr n. 600/1973), è legittimo l'accertamento induttivo effettuato a fronte della mancata risposta del contribuente al questionario, regolarmente notificato.

In particolare, l'iter logico giuridico adottato da tale pronuncia si è così sviluppato: "...i questionari Mod. 55 sono stati notificati il 28/06/2001, successivamente quindi alla modifica dell'art. 39 del DPR n. 600/1973, introdotta con l'art.25 della Legge n. 28/1999, e pertanto - attesa la mancata risposta ai questionari stessi da parte del contribuente - risulta pienamente legittimo il ricorso dell'ufficio all'accertamento induttivo, non avendo potuto svolgere concretamente e nel merito l'azione di accertamento in conseguenza della mancata esibizione da parte del contribuente di tutti i dati e documenti contabili richiesta... il contribuente si limita a dedurre che la mancata risposta ai questionari non determina la inattendibilità delle scritture contabili, che, sostiene, deve risultare dalle ispezioni delle scritture stesse, ma non assolve neppure in questa sede all'onere di fornire concreti elementi per contrastare gli accertamenti dell'ufficio, che non ritiene verosimili i dati reddituali dichiarati, in relazione alla potenzialità produttiva dell'impresa e alla percentuale di redditività del settore di attività. Per tutti codesti motivi gli accertamenti impugnati si devono ritenere fondati, senza che rilevi, in contrario, la formale correttezza delle scritture contabili della società, essendo noto in proposito che la tenuta di una contabilità formalmente regolare non preclude all'Amministrazione finanziaria la rettifica dell'imponibile dichiarato, ove, come nella specie, si ritenga attendibilmente che quest'ultimo sia inferiore a quello effettivo".

L'articolo 32 del Dpr n. 600/73 è stato integrato, a opera dell'articolo 25, comma 1 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, che ha aggiunto al testo originario i commi terzo ("Le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta") e quarto.

A partire dal 9 marzo 1999, giorno di entrata in vigore delle modifiche normative, la mancata ottemperanza all'invito formale rivolto dall'ufficio è divenuta sanzionabile anche quando l'attività di accertamento riguardi annualità di imposta anteriori all'entrata in vigore della nuova norma. Ciò in ossequio al principio, unanimemente accolto (sentenza n. 5626 del 10 aprile 2003 della Corte di cassazione), secondo il quale le norme di tipo "procedurale", ossia quelle finalizzate a disciplinare le modalità e i limiti dell'esercizio dei poteri degli uffici, si applicano solo a partire dalla data di entrata in vigore, ma anche con riferimento ad accertamenti riguardanti annualità anteriori(1).

Nell'ordinamento precedente all'entrata in vigore della legge n. 28 del 1999 non sussisteva il potere dell'ufficio di procedere con accertamento induttivo in rettifica per il solo fatto che il contribuente non avesse dato seguito a un invito dello stesso a esibire documenti o a rispondere a un questionario (Corte di cassazione, sezione V, sentenza n. 8128 del 15 giugno 2001).
Giova osservare che in relazione alle presunzioni utilizzate dagli uffici finanziari, ex articolo 39, secondo comma, del Dpr 29 settembre 1973, n.600, il giudice tributario, una volta verificata la legittimità del ricorso al metodo di accertamento induttivo, ha il potere di controllare l'operato dell'Amministrazione finanziaria e di verificare se gli effetti che l'ufficio ha ritenuto di desumere dai fatti utilizzati come indizi siano o meno compatibili con il criterio della normalità, potendo, in ipotesi, pervenire, qualora riscontri incongruenze e contrasto con criteri di ragionevolezza, a diverse conclusioni e, quindi, alla determinazione di un reddito presuntivo inferiore a quello indicato dall'Amministrazione (Cassazione, sezione tributaria, sentenza 18 settembre 2003, n.13802 ).

La predetta disposizione mira a rendere più incisivo il potere del Fisco nei confronti del contribuente che non risponde all'invito (fermo restando che l'ufficio deve informare lo stesso delle conseguenze in caso di inottemperanza), punendo il suo comportamento omissivo, predisponendo che le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti degli uffici non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa.


NOTE:
1) Massimo Cancedda, "E' possibile, entro certi limiti, produrre in contenzioso i documenti non esibiti in risposta a un questionario" in FISCOoggi del 29 ottobre 2003.
 
Angelo Buscema

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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