Operazioni false e prova contraria: l assegno da solo serve a poco


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Operazioni false e prova contraria: l assegno da solo serve a poco
Autore: Fisco Oggi - Angelina Iannaccone - aggiornato il 11/02/2009
N° doc. 10555

Operazioni false e prova contraria: l'assegno da solo serve a poco

La legittimità della detrazione non può essere dimostrata con la semplice esibizione dei mezzi di pagamento
Qualora l'Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di costi per operazioni inesistenti, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente. Tale prova, peraltro, non può essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che rappresentano un mero elemento indiziario.
E' quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 1134 del 19 gennaio 2009.
La controversia
La controversia, sottoposta al giudizio della Suprema corte, ha a oggetto l'impugnazione, da parte di una società, di un avviso di accertamento, a mezzo del quale l'ufficio finanziario aveva ritenuto indebita la detrazione di diversi costi in quanto ritenuti fittizi. Fra le operazioni ritenute inesistenti rilevavano, in particolare, prestazioni di spese di pubblicità e rappresentanza effettuate da un'azienda che, a seguito di due verifiche fiscali condotte dalla Guardia di finanza, sia era rilevata del tutto priva dell'organizzazione necessaria a svolgere le prestazioni contabilizzate dalla società ricorrente.
In sede di giudizio, l'ufficio aveva osservato che l'inadeguatezza dell'azienda fornitrice a svolgere l'attività di pubblicità e rappresentanza emergeva anche da alcune sentenze dei giudici tributari e dalla circostanza che un collaboratore della società fornitrice aveva patteggiato la pena.
L'Amministrazione finanziaria, rimasta parzialmente soccombente nei primi due gradi di giudizio, provvedeva, quindi, ad adire la Cassazione rilevando che, contrariamente a quanto statuito dai giudici d'appello, l'ufficio aveva adeguatamente dimostrato, avvalendosi della documentazione fornita dei militari verificatori, che i costi portati in deduzione dalla società ricorrente erano fittizi.
Il giudizio di legittimità
Le doglianze dell'ufficio sono state riconosciute fondate dai giudici di legittimità attraverso un preciso percorso di analisi.
Prima di tutto, i giudici hanno chiarito come sono legittimi gli atti impositivi tributari che rinviano, con adeguata motivazione, alle conclusioni cui sono giunti altri organi delle Amministrazioni dello Stato e della Guardia di finanza. Tale principio è desumibile, osserva la Cassazione, sia dalle norme generali in materia di attività amministrativa, di cui alla legge 241/1990, alla stregua delle quali "il titolare dei poteri di decisione non è tenuto a reiterare l'esercizio dei poteri, d'iniziativa, e, soprattutto, istruttori, che hanno preparato la sua attività", sia dagli articoli 7 e 12 dello Statuto del contribuente, sia, infine, dalla disciplina in materia d'Iva che, nel regolamentare la fase istruttoria del procedimento di accertamento, prevede che gli uffici si avvalgano delle prestazioni cognitive di altri organi dello Stato (articoli 51 e 52 del Dpr 633/1972).
Conseguentemente, qualora il Fisco, anche in base alle risultanze istruttorie della Guardia di finanza, contesti il carattere fittizio di determinate operazioni, la prova della legittimità e della correttezza delle detrazioni deve essere fornita dal contribuente.
Tuttavia, al fine di dimostrare l'effettività delle operazioni, il contribuente non può limitarsi a esibire i mezzi di pagamento con i quali avrebbe provveduto ad acquistare beni e servizi, dal momento che tali strumenti "vengono normalmente utilizzati fittiziamente e, pertanto, rappresentano un mero elemento indiziario, la cui presenza (o assenza) deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali".
La decisione in esame viene a rafforzare l'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui spetta al contribuente l'onere di provare l'esistenza dei fatti che danno luogo a costi deducibili o a detrazioni, allorquando il Fisco contesti l'effettività delle operazioni economiche rilevanti ai fini dell'imposizione diretta e Iva.
Anche recentemente, la Cassazione ha statuito che "qualora l'Amministrazione contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziali sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indebiti, non assumendo rilievo la propria buona fede" (sentenza 27072/2008; in tal senso, sentenze 21303/2008 e 2847/2008).
In più, è stato chiarito che "se l'Amministrazione finanziaria fornisca validi elementi - alla stregua del DPR n. 633/1972, art. 54, comma 2- per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate" (Cassazione, sentenza 15395/2008).

Angelina Iannaccone - pubblicato il 11/02/2009
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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