Operazioni soggettivamente inesistenti: Iva indetraibile - Sentenza n. 5717 del 12 marzo 2007.


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
Operazioni soggettivamente inesistenti: Iva indetraibile - Sentenza n. 5717 del 12 marzo 2007.
Autore: Francesca La Face - aggiornato il 03/04/2007
N° doc. 3032
03 04 2007 - Edizione delle 13:15  
 
Sentenza n. 5717 del 12 marzo 2007

Operazioni soggettivamente inesistenti: Iva indetraibile

Confermato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità
 
Con la sentenza n. 5717 depositata il 12/03/2007, la Cassazione si è nuovamente pronunciata in ordine alla detraibilità dell'Iva riferibile a fatture ritenute emesse per operazioni inesistenti, affermando che, in tema di imposta sul valore aggiunto, la fattura emessa da un soggetto diverso da quello che ha effettivamente eseguito la prestazione economica non è riconducibile all'ipotesi di "omissione dell'indicazione dei soggetti fra cui l'operazione è effettuata", prescritta dall'articolo 21, comma 2, lettera a), del Dpr 633/1972, ma va, invece, ritenuta fatturazione per operazioni "soggettivamente" inesistenti.

La controversia sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi la Corte trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento a una Srl, con il quale l'ufficio Iva aveva riscontrato una divergenza soggettiva tra colui che emetteva le fattura e colui che effettivamente eseguiva le prestazioni economiche; pertanto, veniva recuperata a tassazione l'imposta irritualmente detratta dalla società acquirente.
Entrambi i gradi di merito vedevano soccombente la società ricorrente.

In particolare, la Commissione tributaria regionale rigettava l'appello della Srl, ritenendo che le caratteristiche delle varie ditte con le quali la medesima società aveva intrattenuto rapporti commerciali, denotavano che "si trattava di aziende, quando effettivamente esistenti, incerte economicamente, assai poco attendibili fiscalmente e, comunque, tutte contabilmente anomale".
L'irregolare fatturazione della prestazione era, peraltro, confermata dalla sentenza penale emessa nei confronti del legale rappresentante della società ricorrente, dalla quale risultava che le fatture erano state emesse da soggetti diversi da quelli che avevano effettuato la prestazione.
In altre parole, per i giudici di appello era stato violato quanto prescritto dal comma primo, dell'articolo 21 del Dpr 633/1972, secondo cui la fattura deve essere emessa dal soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio e, quindi, non da soggetti diversi.

La Ctr aveva anche respinto la richiesta di sospensione del procedimento (formulata dalla società ricorrente, nell'attesa della definizione del processo penale), posta l'assenza di pregiudizialità tra le decisioni del giudice penale e quelle del giudice tributario e data la sostanziale autonomia tra i due procedimenti, finalizzati a obiettivi diversi e non interdipendenti.

La Srl presentava ricorso per cassazione, eccependo, oltre alla violazione e falsa applicazione degli articoli 54 e 56 del Dpr n. 633/72, anche che la sentenza penale, con cui l'amministratore fu assolto dall'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, "doveva vincolare il giudice Tributario".

Al fine di un corretto inquadramento della questione in esame, è utile ricordare che sono definite:
  • "imprese fantasma" (cosiddette cartiere) quelle esistenti solo sotto il profilo formale (in quanto titolari di partita Iva - vera o falsa - ed eventualmente iscritte alla Camera di commercio), ma non sotto il profilo sostanziale, in quanto non svolgono alcuna attività commerciale, ma si limitano a rilasciare a terzi "fatture" per forniture di beni o per prestazioni di servizi in realtà mai eseguiti, mancando la struttura operativa idonea a produrli, a fornirli o a prestarli. In sostanza, si tratta, in questa ipotesi, di organizzazione di attività diretta a frodare il fisco
  • "imprese effettivamente esistenti e operanti" quelle, prevalentemente a contabilità ordinaria, che utilizzano fatture per operazioni inesistenti al solo fine di esporre un risultato reddituale inferiore a quello reale, attraverso l'esposizione di costi inesistenti. Questa fattispecie si differenzia dalla prima perché rappresenta un'operazione "evasiva" e fraudolenta leggermente più sofisticata. Detta fattispecie va sottodistinta, in quanto si possono verificare due ipotesi nettamente distinte anche in relazione alla gravità dei comportamenti. Possono, infatti, riscontrarsi nella realtà i seguenti casi:
    1. "costi fittizi" per operazioni "soggettivamente" e "oggettivamente" inesistenti, esposti in contabilità al solo fine di comprimere il risultato reddituale
    2. "fatture fittizie" soltanto sotto il profilo soggettivo, utilizzate per coprire costi effettivamente sostenuti, ma non documentabili (cfr relazione del Secit. n. 60 del 26/6/1995).

Tanto precisato, con la sentenza in commento, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso della società contribuente, affermando il principio secondo cui "la detrazione Iva è ammessa solo in presenza di fatture provenienti dal soggetto che effettua realmente la cessione o la prestazione".
La Corte, confermando il suo precedente orientamento, ha, in sostanza, ribadito che in presenza di fatture per operazioni "soggettivamente" (o "oggettivamente") inesistenti, trattandosi di situazioni fraudolente o abusive, il cessionario che utilizza il documento fiscale non può recuperare l'Iva, anche se l'imposta è stata assolta dall'emittente ai sensi dell'articolo 21, settimo comma, del Dpr n. 633/72, secondo cui "se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative sono indicate in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura" (cfr Cassazione, sentenze nn. 14337/2002 e 309/2006).

In altre parole, nella specifica ipotesi di costi documentati da fatture emesse da un soggetto diverso rispetto all'effettivo fornitore di beni o di servizi, l'imposta è dovuta dalla società venditrice per l'intero ammontare indicato in fattura, mentre la società acquirente non può usufruire della corrispondente detrazione.
Ciò trova giustificazione nel fatto che in presenza di fatture per operazioni:

  • "oggettivamente" inesistenti (operazioni inesistenti in senso assoluto), la detrazione dell'imposta non è ammessa in quanto la cessione dei beni o la prestazione di servizi, cui si riferisce la fattura, non è stata mai eseguita e, quindi, manca l'acquisizione dei beni o dei servizi da parte dell'imprenditore, dell'artista o del professionista
  • "soggettivamente" inesistenti (ad esempio, se le operazioni sono avvenute tra soggetti diversi da quelli documentalmente apparenti, oppure se gli acquisti di beni o servizi sono avvenuti "a nero" presso altri soggetti, diversi dalle società compiacenti che hanno emesso le fatture), non è ammessa la detrazione dell'Iva fatturata dalla società fittizia, in quanto gli acquisti, proprio perché privi dell'ufficialità, sono avvenuti senza pagamento dell'imposta.

In merito a quest'ultima fattispecie, è opportuno precisare che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3550 del 12/3/2002, aveva specificato che "si ricorre alla fatturazione soggettivamente falsa quando si ha necessità di ufficializzare beni o servizi acquistati di contrabbando o da soggetti che non possono o non vogliono apparire. In quest' ultimo caso, è evidente che gli acquisti avvengono senza il pagamento dell'IVA proprio perché privi della ufficialità, né si possono riconoscere le detrazioni per l'IVA fatturata dalle società inesistenti".

Pertanto, sulla base di quanto sopra esposto, la Cassazione ha ritenuto legittimo il recupero a tassazione dell'imposta indebitamente detratta dalla società acquirente.

Infine, per quanto riguarda il secondo motivo di doglianza, la Corte ha affermato che il giudicato penale non esplica alcuna efficacia nel giudizio tributario, sicché l'esistenza di un provvedimento penale favorevole al contribuente (nella specie, l'amministratore della società era stato assolto "perché il fatto non sussiste"), non impedisce al giudice tributario una valutazione dei fatti conforme alla tesi dell'Amministrazione.
Secondo i giudici, "la sentenza penale deve però essere presa in considerazione dal Giudice tributario di merito come possibile fonte di elementi di prova". In ogni modo, "nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente" (cfr Cassazione, sentenza n. 14953 del 28/6/2006).

 
Francesca La Face
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware