Penale e tributario. Aule diverse, processi diversi.


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Penale e tributario. Aule diverse, processi diversi.
Autore: Mauro Di Biasi - aggiornato il 29/11/2007
N° doc. 4860
29 11 2007 - Edizione delle 14:30  
 
Sentenza n. 21041 dell’8 ottobre 2007

Penale e tributario. Aule diverse, processi diversi

Ribadita l’assenza di ogni possibile rapporto di dipendenza tra i due procedimenti
 
La decisione del giudice penale non è vincolante in sede tributaria.
Lo ha ribadito, confermando quanto già espresso dai giudici della Ctr, la Cassazione, con la sentenza 21041/2007. Con la stessa pronuncia, i giudici hanno altresì escluso la possibilità della formazione di un giudicato interno unilaterale, ovvero di un giudicato vincolante esclusivamente per una sola parte processuale.

Il fatto
L’ufficio impositore, sulla base di indagini compiute dalla Guardia di finanza, notificava a un contribuente un avviso di accertamento mediante il quale recuperava a tassazione l’importo risultante dal mancato inserimento, nel calcolo della base imponibile, di diversi assegni bancari, emessi in suo favore da una società.
Il contribuente ricorreva alla Commissione tributaria provinciale prima e a quella regionale poi, non risultando vittorioso in nessun grado di giudizio.

Decideva allora di ricorrere in ultimo grado dinanzi alla Suprema corte, censurando l’operato dei giudici tributari di appello che non si erano uniformati, a suo giudizio, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge 429/1982, a un giudicato penale a lui favorevole, nel frattempo intervenuto.
La Commissione tributaria regionale aveva, infatti, stabilito che le risultanze di un processo penale non escludono affatto una diversa e autonoma valutazione da parte del giudice tributario e degli elementi probatori e, su di un piano più generale, dell’intera questione oggetto del contendere, affermando puntualmente che la decisione del giudice penale non è vincolante in sede tributaria, essendo i due giudizi caratterizzati da autonomia e indipendenza reciproca.

La decisione della Corte
La Cassazione, definitivamente pronunciandosi sulla questione, ha confermando la decisione della Ctr.
In tema di contenzioso tributario, infatti, "il provvedimento emesso in sede penale non può impedire al giudice tributario di compiere una valutazione dei fatti conformi alle tesi dell’amministrazione finanziaria", in quanto attualmente nel nostro sistema processuale vige, per effetto dell’entrata in vigore dell’articolo 654 del Codice di procedura penale, il principio dell’autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale.

Attualmente, è stato espunto dal sistema processuale italiano ogni possibile rapporto di dipendenza tra i due processi, penale e tributario, ed è positivamente stabilito che il procedimento amministrativo di accertamento e il giudizio tributario non possono essere sospesi per la contemporanea pendenza di un contenzioso penale, pur avendo quest’ultimo a oggetto gli stessi fatti dal cui accertamento dipende la definizione del giudizio tributario medesimo (si vedano, ex multis, le sentenze della Cassazione 26403/2005, 10945/2005 e 10352/2003).

Per ciò che concerne, invece, il secondo motivo di doglianza da parte del contribuente, ovvero l’asserita formazione di un giudicato vincolante esclusivamente per l’Amministrazione finanziaria, i giudici hanno definito erronea la "tesi giuridica dell’assunta formazione di un giudicato interno, per così dire, unilaterale, ovverosia avente effetto vincolante esclusivamente nei confronti di una delle parti…". Il ricorrente reclamava l’applicazione proprio di un siffatto giudicato, in quanto l’ufficio impositore, nel giudizio di appello, si sarebbe limitato a chiedere esclusivamente la conferma della sentenza di primo grado. La Corte ha, al riguardo, affermato che "il giudicato sostanziale, interno o esterno, si forma sui capi della sentenza non impugnati, concernenti questioni indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, che sono state oggetto di contrasto tra le parti ed hanno trovato la loro soluzione nel dispositivo…". Quindi, "il giudicato, in base all’art. 2909 cod.civ., produce sempre i suoi effetti diretti nei confronti di tutte le parti del relativo processo aventi interesse giuridico alla questione decisa con il capo della sentenza non impugnato da nessuna di tali parti".

Il giudicato sostanziale fa quindi stato a ogni effetto, fra tutte le parti, i loro eredi e i loro aventi causa.

 
Mauro Di Biasi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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