Per le associazioni non profit: vietato distribuire utili, anche indirettamente


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Per le associazioni non profit: vietato distribuire utili, anche indirettamente
Autore: Marco Secchi - aggiornato il 05/10/2005
N° doc. 607
   
05 10 2005 - Edizione delle 13:30  
 
Per le associazioni non profit

Vietato distribuire utili, anche indirettamente

Sono fatti salvi i casi in cui la destinazione o la distribuzione sono imposte dalla legge
 
Il testo vigente dell'articolo 148 del Dpr 917/1986(1), in rubrica " Enti di tipo associativo", ai comma 1 e 2, non considera commerciali, in ogni caso, l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo (...) senza il pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinate in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto.

Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 148 del Tuir subordinano, invece, la sottrazione all'ordinaria rilevanza commerciale di talune attività, tipiche delle associazioni, al rispetto di determinate condizioni. Quindi la cosiddetta decommercializzazione di alcune attività, che esonera la tassazione delle stesse ai fini dei redditi a esse relativi, è subordinata alla condizione che gli enti interessati - eccetto che per le associazioni religiose e quelle politiche sindacali e di categoria limitatamente al requisito della democraticità e dell'eleggibilità libera degli organi associativi - si conformino alle clausole statutarie prescritte dal comma 8 dell'articolo 148 del Tuir.

In particolare, le agevolazioni prescritte si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
  1. divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge
  2. obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge
  3. disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori di età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione
  4. obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie
  5. eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e criteri di ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti. E' ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di votazione ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempre che le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale
  6. intrasmissibilità della quota o contributo associativo, a eccezione del trasferimento a causa di morte, e non rivalutabilità della stessa.

Il "divieto di distribuire anche in modo indiretto utili o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non sia imposta dalla legge" grava anche sulle Onlus. Infatti, la circolare n. 168 del 26 giugno 1998 recita che, per le Onlus, il divieto è analogo a quello imposto alle associazioni dall'articolo 111, comma 4-quinquies, del Tuir, e dall'articolo 4, comma 7, del Dpr n. 633/1972. La circolare n. 168/1998 rende legittimo richiamare per gli enti di tipo associativo le ipotesi che costituiscono, per le Onlus, in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione. L'articolo 10, comma 6, del Dlgs 4 dicembre 1997, n. 460, considera in ogni caso distribuzione indiretta di utili o avanzi di gestione:

  1. le cessioni di beni e prestazioni di servizi a soci, ad associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano operazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado e ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità. Sono fatti salvi, nel caso delle attività svolte nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera a) del comma 1(2), i vantaggi accordati ai soci , associati o partecipanti e ai soggetti che effettuano erogazioni liberali, e ai loro familiari, aventi significato puramente onorifico e valore economico modico
  2. l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale
  3. la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal Dpr 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni
  4. la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti rispetto al tasso ufficiale di sconto
  5. la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.

Il divieto di distribuire, anche indirettamente, utili o avanzi di gestione - è un modo per ribadire lo scopo principale delle organizzazioni non profit laddove si realizzano scopi ideali e non finalità lucrative - specularmente non è altro che l'obbligo di devoluzione permanente del patrimonio dell'associazione per gli scopi istituzionali di quest'ultima. L'assenza delle finalità lucrative negli enti non profit è una delle caratteristiche giuridicamente rilevanti, rimarcata dalle norme che vietano la distribuzione degli utili, anche indirettamente, e che, quindi, vincolano la destinazione alle attività istituzionali dell'organizzazione.

Non costituisce una forma di aggiramento del divieto di distribuzione indiretta di utili l'effettuazione di erogazione liberale agli altri enti, anche con sede legale all'estero, che è sicuramente lecita se coerente con le finalità istituzionali dell'ente che le eroga. Così si è espressa la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 9 settembre 2002, n. 292/E, in tema di attività di beneficenza, riconoscendo lecite per le Onlus anche forme di beneficenza indiretta, salvo, s'intende, l'onere di dimostrare la finalità di beneficenza dell'erogazione e, quindi, il bisogno dei soggetti ultimi destinatari. Nella fattispecie esaminata, l'ente Onlus che opera nel settore della beneficenza è coerente con i propri fini se eroga liberalità a soggetti che a loro volta finalizzano la beneficenza stessa. L'Amministrazione finanziaria effettua una distinzione in termini di prova di detta "finalizzazione": se l'erogazione è effettuata a favore di una Onlus o di un ente pubblico, la finalità di beneficenza è accertata a priori, diversamente - se l'ente destinatario non è Onlus né ente pubblico - l'ente erogante dovrà provare di volta in volta la medesima finalità.


NOTE:
1) Precedentemente alla riforma del Tuir (operata dal decreto legislativo n. 344 del 12 dicembre 2003 in vigore dal 1° gennaio 2004), era l'articolo 111 che regolamentava gli enti di tipo associativo.

2) " ... 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409; 8) tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; ..."

 
Marco Secchi

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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