Perdite fiscali tra lifting e refreshing.


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Perdite fiscali tra lifting e refreshing.
Autore: Michele Andriola - aggiornato il 02/07/2007
N° doc. 3583
02 07 2007 - Edizione delle 14:30  
 
Trattamento tributario dei risultati negativi

Perdite fiscali tra lifting e refreshing

Riflessioni e problemi applicativi alla luce del nuovo impianto normativo
 
Il trattamento tributario delle perdite fiscali è stato oggetto di recenti provvedimenti correttivi da parte del legislatore, con i decreti legge n. 223/2006 e n. 262/2006.
Appare utile, di conseguenza, sviluppare alcune considerazioni in materia di lifting e refreshing di perdite fiscali.

Il refreshing consiste nel ringiovanimento di perdite fiscali prossime alla scadenza quinquennale, mentre il lifting si sostanzia nella trasformazione di perdite fiscali limitatamente riportabili in illimitatamente riportabili.

Facciamo due esempi:
  1. una società ha perdite fiscali in scadenza per 100; al fine di poterle utilizzare, effettua una cessione infragruppo di un immobile a valori correnti realizzando una plusvalenza pari a 100. Il risultato fiscale raggiunto è che la società cedente compensa la plusvalenza con le perdite fiscali pregresse e la società cessionaria è legittimata a dedurre maggiori quote di ammortamento sul valore fiscale rivalutato dell’immobile
  2. una società costituita da vari anni ha preventivato la sopportazione di perdite; al fine di poterle utilizzare senza alcuna limitazione temporale, effettua un conferimento infragruppo dell’intera azienda a una cessionaria di nuova costituzione. Il risultato fiscale raggiunto è che la vecchia azienda trasferita alla società cessionaria produrrà perdite illimitatamente riportabili.

Ci si domanda se i due menzionati fenomeni siano disapprovati, direttamente o indirettamente, dall’ordinamento tributario.
A differenza del refreshing che non è stato oggetto delle recenti modifiche normative, il lifting delle perdite è stato preso di mira dal legislatore.
L’articolo 36, comma 12, lettera a), del Dl n. 223 del 2006 ha, infatti, modificato il secondo comma dell’articolo 84 del Tuir, specificando che le perdite illimitatamente riportabili sono quelle realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione e a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva.
A prescindere dalla specificazione della data di costituzione, invero già desumibile in via interpretativa dal previgente impianto normativo, la vera rivoluzione è rappresentata dalla condizione della novità dell’iniziativa produttiva.

La ratio legis sottostante a tale intervento è proprio il contrasto ai fenomeni di lifting delle perdite fiscali, in modo tale da circoscrivere la concessione del riporto illimitato alle sole perdite di start-up, che avevano rappresentato, nel 1997, la ragione sottostante alla previsione dell’illimitata riportabilità.
Perciò, solo le perdite sofferte da una nuova iniziativa produttiva meritano il riporto illimitato.

La novella legislativa risolve una contraddizione tra ratio e lettera della previgente normativa, considerato che, mentre il vecchio impianto in materia di riporto delle perdite fiscali era esclusivamente basato sul “soggetto” che realizzava le perdite nei primi tre periodi d’imposta, la sottostante ratio legis era rispettata solo se l’azienda (l’“oggetto”) avesse prodotto le perdite nei suoi primi tre periodi d’imposta.
Tale contraddizione aveva fatto emergere problemi applicativi di non poco momento; in particolare, ci si domandava se il lifting fosse vietato dalla legge ovvero integrasse una condotta elusiva, o se fosse un comportamento fiscalmente legittimo.
A ogni buon conto, la novella legislativa risolve oggi il problema, ritenendo illegittime ipotesi come quella sopra esposta.

Giunti a questo punto, bisogna domandarsi se le recenti modifiche normative risolvano in nuce ogni problema di lifting di perdite fiscali.

Si pensi al regime di trasparenza delle società di capitali che si caratterizza per il fatto che le perdite fiscali attribuite ai soci dalla società trasparente sono riportabili limitatamente o illimitatamente a seconda della data di costituzione del socio (si veda il punto 10.3 della circolare n. 49/E del 2004).
Perciò, se il socio è una newco, le perdite fiscali attribuite da una società trasparente esercente un’impresa da lunga data sono suscettibili di trasformarsi in perdite illimitatamente riportabili.
Tuttavia, occorre fare una precisazione.
Le perdite imputate al socio dalla società trasparente concorrono alla formazione del reddito d’impresa del socio.
Conseguentemente, si verifica una sorta di “confusione” tra reddito d’impresa prodotto dal socio e perdite d’impresa attribuite dalla società trasparente. Il che rende formalmente improprio ritenere tout court che si sia verificato un vero e proprio lifting.

Ciò posto, si pone il problema della compatibilità tra le predette regole che governano il regime di trasparenza e la regola posta dal nuovo articolo 84, secondo comma, del Tuir.
In altri termini, le perdite attribuite a un socio newco da una società trasparente esercente un’impresa da lunga data saranno limitatamente o illimitatamente riportabili?
Il rischio del corto-circuito è in agguato.
Infatti, se, da un lato, è indubbio che alla determinazione del reddito d’impresa del socio partecipano perdite relative a vecchie attività produttive, dall’altro lato è altrettanto indubbio che vi partecipano anche redditi/perdite relativi a una nuova attività produttiva.

La soluzione logicamente più coerente potrebbe essere quella di una ripartizione pro-quota.
Perciò, se la società trasparente attribuisce 50 di perdite al socio, il quale realizza una perdita d’impresa complessiva pari a 80, 50 dovrebbero costituire perdite limitatamente riportabili (perché riferibili alla vecchia azienda) e 30 illimitatamente riportabili (perché riferibili alla nuova azienda).
Il problema si complica quando il contribuente aggrega due aziende, una delle quali si caratterizzi per la novità.

Si pensi, ad esempio, a un’operazione di fusione di una società preesistente in una società costituita da meno di tre anni già esercente una nuova iniziativa produttiva.
Come si stabilisce in questo caso il criterio di ripartizione pro-quota delle perdite sofferte?
La complicazione di questa ipotesi rispetto alla precedente è dovuta al fatto che le perdite del “vecchio” ramo d’azienda si confondono totalmente con i risultati del nuovo.
Per la soluzione del problema, si potrebbe ricorrere ancora una volta a una ripartizione pro-quota, ma stavolta ancorata a parametri indiretti (fatturato, capitale investito, eccetera).

In definitiva, a seguito della rilevanza assunta dall’“oggetto” rispetto al “soggetto” nel riporto delle perdite illimitate, ogni qualvolta vi sia una confusione tra vecchie e nuove iniziative produttive, occorrerà procedere a calcoli di ripartizione diretta (come nel caso del regime di trasparenza delle società di capitali) o indiretta (negli altri casi) per distinguere le perdite limitatamente da quelle illimitatamente riportabili.

Tuttavia, una soluzione tranchant potrebbe consistere nella previsione di un periodo di accertamento illimitato per il controllo del riporto delle perdite illimitatamente riportabili.
In tal modo, si risolverebbero gli attuali problemi dovuti, da un lato, alla scarsa convenienza per l’Erario di controllare contribuenti in perdita e, dall’altro lato, alla convenienza per i contribuenti del lifting delle perdite, in modo tale che, decorso il periodo quinquennale di accertamento, l’intangibilità di perdite fiscali di dubbia origine sia garantita.

Passando al refreshing delle perdite fiscali, un problema di illegittimità si pone allorché il contribuente non abbia un ammontare capiente di plusvalenze latenti da far emergere prima della scadenza delle perdite.
In tal caso, la manipolazione dei corrispettivi, finalizzata a compensare per intero le perdite in scadenza, costituirà un comportamento censurabile da parte dell’Amministrazione finanziaria facendo ricorso al valore normale, in ossequio al consolidato orientamento della Cassazione in materia di assoluta antieconomicità.

Viceversa, qualora l’ammontare delle plusvalenze latenti sia capiente rispetto alle perdite fiscali in scadenza, il refreshing non appare un comportamento censurabile, rientrando nella pianificazione infragruppo dei flussi reddituali: nel caso di specie, nella calcolata emersione di plusvalenze latenti a seguito di atti realizzativi intercompany.
D’altronde, in tale ipotesi nemmeno la disposizione anti-abuso di cui all’articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973, risulterebbe applicabile, sia perché non applicabile alle singole cessioni di beni (immobili) nell’ambito del gruppo da società non optanti per il consolidato nazionale, sia perché, più in generale, non applicabile a singole operazioni anche rientranti nel relativo ambito di applicazione.
Infatti, l’estensione della disposizione anti-abuso richiede il fondamentale requisito della preordinazione, suscettibile di originare un “disegno” elusivo, composto da più atti e negozi giuridici tra loro collegati, integranti uno stratagemma o una scappatoia disapprovati dall’ordinamento tributario.

 
Michele Andriola
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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