Premi settore elettrico: genesi di un'esclusione - Risoluzione n. 89/E dell'8 maggio 2007.


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
Premi settore elettrico: genesi di un'esclusione - Risoluzione n. 89/E dell'8 maggio 2007.
Autore: Luigi Sepe e Felice Vella - aggiornato il 26/06/2007
N° doc. 3557
26 06 2007 - Edizione delle 15:00  
 
Risoluzione n. 89/E dell’8 maggio 2007

Premi settore elettrico: genesi di un’esclusione

Non sono soggetti a Iva i contributi per il riconoscimento di costi corrisposti dalla Ccse per il miglioramento della qualità del servizio erogato
 
Le somme a titolo di premio, per il miglioramento della continuità e della qualità del servizio offerto, erogate dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico (di seguito Ccse) a una società che cura la distribuzione dell’energia stessa non rientrano nel campo di applicazione dell’Iva.
L’inquadramento della problematica definita dalla
risoluzione n. 89/E dell’8 maggio 2007 richiede che si descrivano preliminarmente i rapporti intercorrenti tra l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (di seguito Aeeg) e la Ccse, organi di diritto pubblico, con le società private di distribuzione dell’energia elettrica.

La legge n. 481/1995 ha istituito l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza tra le imprese in un settore ritenuto di pubblica utilità e, al contempo, di assicurare adeguati livelli di qualità nell’erogazione dei servizi in condizioni di economicità e di redditività. Il perseguimento di queste finalità richiede che l’Autorità medesima, tra l’altro, stabilisca e aggiorni le tariffe di riferimento, emani le direttive concernenti la produzione e l’erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni, verifichi la congruità delle misure adottate dai soggetti esercenti il servizio al fine di garantire la continuità della prestazione dei servizi, controlli lo svolgimento dei servizi con poteri di ispezione.

La Ccse, invece, è un ente pubblico non economico con competenze in materia di riscossione, di gestione e di erogazione di prestazioni patrimoniali imposte dall’Aeeg, al fine di garantire il funzionamento del sistema in condizioni di concorrenza. Nei confronti delle diverse imprese di distribuzione operanti nel settore elettrico, la Ccse si pone quale interlocutore per gli adempimenti a esse imposti dalle norme.
Le prestazioni patrimoniali imposte dall’Aeeg sono costituite dalle componenti tariffarie e da altri corrispettivi unitari che devono essere applicati in relazione all’energia elettrica fornita ai clienti finali. Ogni componente è contraddistinta da una propria specifica finalità, per la quale l’Aeeg ha disposto l’istituzione di distinti “conti di gestione”, ognuno dei quali rappresenta un sistema caratterizzato da proventi (gettiti) e oneri (contributi), in applicazione di specifiche norme di riferimento.

Tra i conti di gestione previsti dall’Aeeg, vi è il "conto oneri per recuperi di continuità del servizio". Le disponibilità del suddetto conto sono destinate a finanziare i riconoscimenti di costo a favore degli esercenti, dovuti a recuperi positivi di continuità del servizio, sulla base delle determinazioni assunte dall’Aeeg con proprie deliberazioni.
Il conto è alimentato dai versamenti bimestrali a favore della Ccse degli importi posti a carico degli esercenti il servizio di trasporto, in relazione al servizio di trasporto dell’energia elettrica erogato in ogni bimestre, nonchè da eventuali penalità determinate dall’Aeeg a carico degli esercenti che abbiano accusato recuperi di continuità del servizio negativi.

La delibera n. 202/99 emessa dalla Aeeg (principale norma di riferimento in questo settore), concernente la disciplina dei livelli generali di qualità relativi alle interruzioni senza preavviso lunghe del servizio di distribuzione dell’energia elettrica, prevede che la stessa determini per ambito territoriale il livello effettivo base dell’indicatore di riferimento per le interruzioni senza preavviso lunghe, in maniera tale che gli esercenti possano assicurare per ciascun anno del periodo di riferimento (triennio) almeno il raggiungimento del livello tendenziale dell’indicatore di riferimento.
Il contributo a fronte dei costi sostenuti per recuperi di qualità viene, invece, erogato solo a condizione che il recupero di continuità del servizio dell’anno abbia comportato un miglioramento ulteriore rispetto al livello tendenziale determinato per ogni ambito territoriale. Viene, pertanto, chiarito che gli esercenti hanno diritto a un riconoscimento dei costi nel solo caso di recuperi di continuità del servizio positivi, mentre, nel caso di recuperi di continuità del servizio negativi, hanno l’obbligo di versare una penalità.

Al fine di rilevare il corretto trattamento fiscale ai fini Iva dei contributi, occorre individuare in premessa il contesto normativo e di prassi, all’interno del quale collocare la fattispecie oggetto della richiesta di parere.

L’articolo 2, comma 3, lettera a), del Dpr n. 633/72, dispone che non costituiscono operazioni rilevanti "le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro", in quanto rappresentano una semplice movimentazione di capitale.
Il contributo può altresì assumere la natura di corrispettivo a fronte di un’obbligazione di una prestazione di servizi e, in tal modo, assume rilevanza l’articolo 3 del decreto Iva, il quale statuisce che "costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da (…) obbligazioni di fare, di non fare e di permettere, quale ne sia la fonte".

Le diverse risoluzioni emesse sull’argomento in esame (n. 54/E del 24/4/2001, n. 183/E dell’11/6/2002 e n. 21/E del 16/2/2005) hanno posto in evidenza, dunque, come requisito per il riconoscimento dell’imponibilità ai fini Iva dei contributi, la necessità che il contributo venga erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare, o permettere.

In particolare, la risoluzione n. 21/E del 16/2/2005 così precisa: "Il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto".

Nel caso oggetto di interpello, tale principio viene confermato in quanto il miglioramento della qualità del servizio offerto dalla società di distribuzione implica un obiettivo di tutela generale dell’utenza.
In base a quanto sopra rappresentato, si potrebbe ritenere che il contributo venga erogato dalla Ccse alle società private di distribuzione quale bonus di tipo qualitativo, in quanto legato indissolubilmente da un nesso sinallagmatico con un’attività specifica dell’impresa distributrice di energia elettrica, che si obbliga a raggiungere determinati livelli di standard qualitativi al fine dell’ottenimento del contributo.
Tuttavia, sebbene prima facie si possa riconoscere la natura di corrispettivo in ordine al tipo di contributo erogato a fronte di un’obbligazione di fare, considerati i precisi vincoli incombenti in capo alle società di distribuzione dell’energia elettrica, non si può non evidenziare che il conto di gestione, da cui sono attinti i fondi per l’erogazione dei contributi, è costituito da versamenti di quote tariffarie su cui è stata già assolta la relativa Iva.

Si è fatto rilevare, infatti, che, fra le componenti tariffarie stabilite dall’Aeeg, vi è la voce UC6 (componente a copertura dei costi derivanti da recuperi di continuità del servizio).
Tale quota tariffaria è addebitata con Iva in bolletta all’utente-consumatore e deve essere riversata dalle imprese di distribuzione al relativo conto di gestione della Ccse, la quale, a seguito dei necessari controlli, dovrà provvedere a erogare i contributi a quei soggetti che abbiano mantenuto livelli di continuità adeguati agli standard fissati dalla Aeeg.

Il meccanismo di approvvigionamento delle provviste finanziarie, dunque, consente di argomentare che la prestazione, a fronte della quale viene erogato il contributo, non può che essere unica, e cioè quella attraverso cui viene erogato il servizio di distribuzione elettrica all’utente finale, nel cui interesse, in ultima analisi, viene previsto un processo a garanzia di trasparenza ed efficienza di tutto il sistema di distribuzione dell’energia elettrica.

In effetti, a ben vedere, il tutto è preordinato a garantire che i costi addebitati ai clienti-consumatori delle imprese di distribuzione corrispondano effettivamente ad adeguati livelli qualitativi prefissati, con un intervento di un soggetto terzo (Ccse) che, in posizione di indipendenza, attesti l’effettività di un servizio ottimale all’utente.
In realtà, dunque, il rapporto sinallagmatico "di dare, fare, non fare o permettere" sussiste esclusivamente tra la società erogatrice del servizio e il cliente beneficiario, il quale usufruisce di un servizio che include anche l’impegno assunto dalla società erogatrice di garantire determinati standard qualitativi.

In sostanza, se si dovesse sostenere l’assoggettabilità a Iva del contributo erogato dalla Ccse, si finirebbe per applicare due volte l’Iva su una medesima prestazione di servizi (l’erogazione dell’energia elettrica al cliente finale) ovvero si finirebbe per applicare l’Iva su una non prestazione, essendo in ultima analisi l’erogazione del contributo un semplice giro di una movimentazione finanziaria, prima dall’impresa di distribuzione alla Ccse, e poi dalla stessa Ccse alla medesima impresa di distribuzione.

In aggiunta a quanto sopra rappresentato, non si può non tener conto della risoluzione del ministero delle Finanze, n. 362364 del 23/2/1977, emessa a seguito dell’istanza della Ccse, la quale ha chiesto di conoscere se i versamenti di specifici sovrapprezzi, effettuati dalle imprese in due conti da essa gestiti (conto per le integrazioni tariffarie e conto per l’onere termico) e le successive erogazioni dalla stessa alle imprese di erogazione dovevano essere assoggettati all’imposta sul valore aggiunto.
La suddetta risoluzione dispose che "…gli introiti effettuati dalla Cassa, nonché le successive erogazioni agli aventi diritto, rappresentano in sostanza mezzi tendenti ad attuare una perequazione di natura finanziaria e, come tali, esulano dalla sfera di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto rientrando nell’ipotesi considerata nell’articolo 2 comma 3 lettera a) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modifiche".

In ultimo, si fa rilevare altresì che l’eventuale penalità irrogata dalla Ccse all’impresa di distribuzione, nel caso di mancato raggiungimento dei parametri qualitativi prefissati, non è rilevante ai fini Iva. Si deve ritenere, infatti, che le somme corrisposte a titolo di penale per violazione di obblighi contrattuali non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi, ma assolvono a una funzione punitivo-risarcitoria. Conseguentemente, dette somme sono escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto per mancanza del presupposto oggettivo.

Sulla base di tutto quanto sopra descritto, è possibile sostenere la non assoggettabilità a Iva della corresponsione del contributo.
L’Agenzia delle entrate ha, tuttavia, precisato che tale premio dovrebbe essere soggetto a Iva se venisse gestito autonomamente dalla società di distribuzione, rappresentando il corrispettivo per un servizio specifico reso e non la componente del corrispettivo riscosso dall’utente e girato alla Ccse che lo destina alla redistribuzione.

 
Luigi Sepe e Felice Vella
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware